BOTTE DA ORBI TRA SCALFARI E TRAVAGLIO - EU-GENIO NON CI STA A FARSI SPEDIRE SULLA PANCHINA DEI PENSIONATI ORMAI RIMBAMBITI DALL’ALZHEIMER E RIBATTE TOSTO: “IL VELENO DI TRAVAGLIO È ACQUA FRESCA. IO NON L´HO NOMINATO NELL´ARTICOLO MA LUI SI È RICONOSCIUTO NELLA FRASE “EDITORIALISTI QUALUNQUISTI E DEMAGOGHI”. SE SI È RICONOSCIUTO È SEGNO CHE QUELLA MIA DEFINIZIONE GLI SI ATTAGLIA PERFETTAMENTE”…

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1 - I REFERENDUM DIVERSI
Di Eugenio Scalfari per "La Repubblica"

Sul "Fatto Quotidiano" di ieri intitolato «Scalfarendum» Marco Travaglio mi dedica due colonne che per tre quarti sono citazioni di articoli da me scritti su "Repubblica" nel 1991 e ´92 sul referendum allora promosso da Mario Segni che riscossero grandissimo consenso elettorale e determinarono un cambiamento radicale della pubblica opinione e il passaggio dal proporzionalismo al maggioritario elettorale negli anni successivi.

Fa sempre piacere rileggersi su un altro giornale e ringrazio Travaglio (e il suo direttore Padellaro) per questa carineria nei miei confronti. Naturalmente una carineria intinta nel veleno: Travaglio vuole infatti dimostrare che lo Scalfari di domenica scorsa, in cui parlo anche del referendum bocciato dalla Corte costituzionale difendendo la Corte dall´accusa di faziosità lanciatagli addosso da «alcuni editorialisti qualunquisti e demagoghi», è una persona molto diversa dall´autore degli articoli del 1991.

Allora inneggiavo ai referendum proposti da Segni, oggi invece sostengo che i referendum elettorali andrebbero aboliti «perché la democrazia parlamentare non può restare neppure per un minuto senza una legge elettorale, buona o cattiva che sia». Travaglio non ha citato questo passaggio del mio articolo che è alla base del mio ragionamento e della sentenza di inammissibilità emessa dalla Corte.

Neppure ha citato un´altra frase del mio predetto articolo dove scrivevo che i referendum elettorali sono ammissibili se si limitano a modificare la legge elettorale sopprimendone una frase ma lasciandone in piedi l´impianto.

Questo fu il referendum di Mario Segni: si limitava a portare i voti di preferenza da cinque a uno soltanto. Apparentemente una modifica priva di qualunque importanza, ma Segni tecnicamente non poteva far altro, non poteva cambiare il meccanismo elettorale della proporzionale perché il referendum può soltanto abrogare e non proporre una nuova legge e abrogare la legge elettorale non si può.

Dov´è dunque la contraddizione tra le mie posizioni del ´91 e quelle di oggi? Allora sostenni il referendum che modificava il numero delle preferenze e che la Corte aveva giustamente ammesso; oggi difendo la Corte da accuse qualunquiste e demagogiche perché ha giustamente bocciato l´abrogazione d´una legge elettorale. Su quella detta "Porcellum" ho più volte scritto che merita soltanto di essere mandata al macero, compito che spetta esclusivamente al Parlamento e non al referendum.

Il veleno di Travaglio è dunque acqua fresca. Io non l´ho nominato nell´articolo di domenica scorsa ma lui si è riconosciuto nella frase «editorialisti qualunquisti e demagoghi». Se si è riconosciuto è segno che quella mia definizione gli si attaglia perfettamente per sua stessa ammissione.

2 - SCALFARENDUM
di Marco Travaglio per "Il Fatto Quotidiano" del 17 gennaio 2012

Noi stimiamo Eugenio Scalfari, anche quando ci chiama "editorialisti qualunquisti, demagoghi" con "un disperato bisogno di ‘audience' e quindi di avere sempre e comunque un nemico sul quale sparare. Prima avevano Berlusconi, adesso Monti e Napolitano. E anche il Pd".

Gradiremmo sapere da Scalfari quando mai abbiamo "sparato su Monti", ma lo stimiamo lo stesso. E, proprio perché lo stimiamo, ci ha meravigliato leggere domenica su Repubblica queste sue parole: "I referendum elettorali andrebbero esclusi come lo sono quelli relativi ai trattati internazionali e alle leggi di imposta".

Ohibò, ci siamo detti: vuoi vedere che Scalfari la pensava così già vent'anni fa per gli altri due referendum elettorali, quelli promossi e vinti da Mario Segni il 9 giugno 1991 per la preferenza unica e il 18 aprile 1993 per l'uninominale al Senato? E invece, doppio ohibò: lo Scalfari di allora non andava proprio d'accordo con lo Scalfari di oggi.

Anzi li sponsorizzò entrambi con gran trasporto contro l'odiato Caf (Craxi-Andreotti-Forlani). Nel '91 cominciò attaccando (anzi, sparando su) Craxi che voleva il referendum per il presidenzialismo e sabotava quello elettorale: "Proprio quella parte che reclama a gran voce un referendum non previsto dalla Costituzione fa vibrata campagna contro la celebrazione di un referendum che la Costituzione invece prevede e che la Corte costituzionale ha dichiarato legittimo e ammissibile... Di una cosa c'è urgente bisogno in questo paese: di una nuova legge elettorale che dia alla maggioranza il diritto di governare e all'opposizione la possibilità di subentrarle... Questa è la Riforma. Il resto si chiama demagogia... Per bloccarla si ricorre alla gazzarra, al veto e alla minaccia di elezioni anticipate. E si usano le istituzioni contro le istituzioni" (la Repubblica, 26-5-‘91).

Poi il referendum fu vinto e Scalfari, invece di proporne l'abolizione, esultò: "Questo 10 giugno è un giorno di festa della democrazia repubblicana. Il risultato... è stato ottenuto dal popolo, non porta l'etichetta di nessun partito, non è stato fiancheggiato da nessuna delle grandi reti televisive anzi è stato ignorato e trattato come una fastidiosa perdita di tempo. È un grande fatto di democrazia... Il popolo si è riappropriato della politica... Questo è il fatto nuovo, al quale siamo lieti d'aver contribuito... 30 milioni di elettori... e 27 milioni di sì...

Non saranno gli Azzeccagarbugli insediati nei vari palazzi a poterne diminuire la valenza politica. C'era un quesito referendario cui rispondere: riguardava la riforma della legge elettorale della quale i partiti discettano da anni senza cavare un ragno dal buco, paralizzandosi con continui veti incrociati. I promotori dei referendum ne avevano presentati tre, ben altrimenti efficaci se fossero stati messi in votazione.

Essi avrebbero dato, se approvati, una spinta robusta verso una legge maggioritaria fondata su collegi uninominali, dove è più stretto il rapporto tra elettori ed eletti... La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili due di quei tre referendum e ne ha lasciato in piedi uno solo; ma il popolo ha molta più intelligenza e saggezza di quanto i finti democratici non gli attribuiscano: ha capito la posta in gioco e ha deciso di conseguenza...

La grande maggioranza dei cittadini vuole cambiare la legge elettorale in senso maggioritario e uninominale... vuole decidere questi problemi da sola, visto che il Parlamento è paralizzato dalla partitocrazia. Questo è il voto che sale dal popolo sovrano" (11-6-‘91).

Ahiahiahi, avete capito bene: Scalfari criticava la Consulta che aveva bocciato due referendum elettorali su tre e diceva che, in materia elettorale, deve decidere il popolo e non il Parlamento. Infatti passava subito a sponsorizzare il referendum fissato per il ‘93. E auspicava che i partiti promotori dessero vita a una Lega Nazionale ("il partito che non c'è") alle elezioni politiche del '92.

Questa maggioranza è quella che pochi mesi fa votò il referendum di Segni contro l'espresso parere di Craxi e di Bossi... Ma bisogna che si manifesti e si faccia sentire, che si organizzi e si presenti al corpo elettorale. Bisogna insomma che nasca una Lega nazionale con un programma di riforme" (1-12-‘91). "Una grande forza trasversale, come quella che ha vinto il referendum del 9 giugno e ha già dato un milione di firme per i referendum del '93" (5-1-‘92).

Poi Scalfari avvertì la Consulta di guardarsi bene dal bocciare il referendum: "Può darsi che gli apparati riescano a bloccare la riforma... La scadenza referendaria è ormai alle porte, sempre che la Corte costituzionale non blocchi il referendum. Tutto è ancora possibile, ma sarebbe assai grave perché una dose supplementare di rabbia verrebbe inoculata nella cittadinanza. Speriamo vivamente che il Parlamento deliberi correttamente o che la Corte proclami il referendum. Se entrambe queste ipotesi fossero frustrate, la democrazia avrebbe perso una battaglia campale" (31-12-‘92).

Ahiahiahi, par di leggere gli editorialisti demagoghi di oggi: se la Corte boccia il referendum è una sconfitta per la democrazia. "Il referendum del 18 aprile segnerà il punto di svolta e tanto più numerosi saranno i ‘sì' tanto più netta sarà la condanna e il taglio nel passato. Bisognerà poi fare la legge elettorale per la Camera... ma avremo comunque profondamente riformato il metodo di elezione del Senato e reso manifesta la volontà popolare... Per questo bisogna smascherare le insidiose manovre in corso che tendono... all'affossamento del referendum e alle elezioni anticipate con la vecchia legge proporzionale" (14-3-‘93).

Poi l'appello finale: "Fate attenzione, cittadini elettori: dal referendum di domani nascerà direttamente, dal vostro 'sì', la nuova legge elettorale per il Senato. Nascerà direttamente dalle urne così come il 2 giugno ‘46 nacque la Repubblica... Avete già delegato troppe volte il vostro potere sovrano, ma questa volta non fatelo poiché sarebbe fatale alle sorti di un paese già molto traballante... Qui non è in gioco la sorte dei partiti; qui è in gioco un sistema che sarà poi la regola dei nostri comportamenti politici per gli anni a venire. Perciò Repubblica raccomanda ai suoi lettori di votare ‘sì'" (17-4-‘93).

Il 18 aprile fu un nuovo plebiscito e Scalfari giustamente lo cavalcò con un filino di enfasi, neppure sfiorato dall'idea di abolire i referendum elettorali: "È stata una marcia trionfale... Il paese ha ritrovato in un voto quasi plebiscitario le ragioni della sua unità; il ‘sì' ha superato tutti gli steccati, geografici, sociali e di fedeltà ai partiti; esso è diventato da ieri l'elemento fondante d'una nuova nazione, la fonte di legittimità d'una democrazia che aveva visto crollare quasi tutti i suoi ancoraggi ideologici e politici.

Il popolo è saggio, sa capire e decodificare anche problemi apparentemente astrusi, bada al sodo, semplifica non per superficialità ma per profondità di giudizio... Il popolo voleva voltare pagina sugli ultimi vent'anni di malcostume, degrado, inefficienza, ruberie... Esprimendo questo voto, che configura una vera e propria legge per il Senato e indica nettamente l'orientamento per la Camera, essi hanno votato ancora una volta, come già avevano fatto il 9 giugno ‘91, per la liquidazione della vecchia nomenklatura e del regime partitocratico. L'uninominale maggioritario imporrà nuovi soggetti politici... e un rapporto diretto tra elettori ed eletti.Indicazioni cogenti, che non potranno essere disattese dal Parlamento" (20-4-‘93).

Chi l'avrebbe mai detto che 19 anni dopo lo stesso Scalfari avrebbe chiesto di abrogare i referendum elettorali, per appaltare la materia alle nomenklature del regime partitocratico. Qualche malpensante potrebbe insinuare che allora i referendum facessero comodo contro il Caf e Cossiga, mentre oggi disturberebbero Napolitano e Monti. Ma noi che stimiamo Scalfari non vogliamo nemmeno pensarci. Certo non vorremmo che Scalfari-2 sparasse su Scalfari-1 dandogli dell'"editorialista qualunquista e demagogo con un disperato bisogno di ‘audience' e quindi di un nemico su cui sparare sempre e comunque". Questo no, sarebbe troppo.

 

EUGENIO SCALFARIe EUGENIO SCALFARI E CARLO DE BENEDETTI EUGENIO SCALFARI MARCO TRAVAGLIO MARCO TRAVAGLIO MARCO TRAVAGLIO MARCO TRAVAGLIO MARCO TRAVAGLIO Marco Travaglio