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Alessandro Trocino per il Corriere della Sera
matteo renzi giuliano pisapia a milano pranzo con la moda
Alle quattro di un ordinario pomeriggio di fine legislatura, mentre la Camera finisce di sbrigare i question time, la coalizione renziana vacilla e perde pericolosamente pezzi.
Campo progressista si raduna fuori dal Parlamento e al termine di una lunga riunione di autocoscienza, Giuliano Pisapia firma la resa: «È finita. Non ci sono le condizioni per un' alleanza». Volti smarriti, sguardi persi, voci roche. A pochi chilometri di distanza, Angelino Alfano annuncia a Porta a Porta il suo addio al Parlamento.
In pochi minuti, Renzi perde una sponda a sinistra, che serviva a drenare voti da Liberi e uguali, e una al centro, che serviva ad allettare i moderati.
Ma con i suoi, l' ex premier non fa drammi: «Andiamo avanti sereni, non ci sono solo loro».
E infatti il Pd lavora alacremente per creare le condizioni per un' alleanza larga. Ci sarà una lista di sinistra, a sopperire l' assenza di Pisapia, con ex Sel come Zedda, Smeriglio, Uras, Ragosta, Stefàno. E per rimediare all' assenza di Alfano, che comunque viene considerata molto meno dolorosa e problematica di quella di Pisapia, ci sarà una lista centrista con Pier Ferdinando Casini e Beatrice Lorenzin. Infine, la speranza è quella di allearsi anche con Forza Europa.
Renzi non parla ufficialmente ma Maria Elena Boschi sì: «Rispetto la scelta di Alfano, con lui c' è sempre stato un rapporto di lealtà». Poi chiarisce: «Sono convinta che alle prossime elezioni supereremo il 30%. Vogliamo una coalizione la più ampia possibile, ma deve essere coesa e non sfaldarsi dopo il voto. Il Pd non può rincorrere chiunque».
Insomma, una piccola rivoluzione nelle geometrie politiche preelettorali, frutto anche delle scelte parlamentari. Il comunicato di Pisapia spiega la ragione dello stop improvviso: «La decisione di calendarizzare lo ius soli al termine dei lavori del Senato, rendendone l' approvazione una remota probabilità». Nell' 8 settembre di Campo progressista, le truppe rischiano di andare allo sbando. Chi è il nemico ora?
È ancora la sinistra di Liberi e uguali o si è firmato un armistizio e il nemico è diventato Renzi? Una seconda nota non chiarisce troppo. Pisapia cita Bertolt Brecht: «Chi combatte rischia di perdere, chi non combatte ha già perso». E invita i militanti a «non mollare».
Nel dubbio, da Liberi e uguali tirano la giacca a quelli che fino a ieri erano considerati una «stampella» di Renzi.
Pippo Civati: «Il Pd è una coalizione immaginaria, Pisapia venga con noi». Enrico Rossi li invita: «Amici e compagni, siamo aperti». Più sobrio Pier Luigi Bersani: «Esprimo rispetto per le decisioni che prendono e che prenderanno». Nel Pd Luigi Zanda si dice «molto dispiaciuto» per l' addio di Pisapia: «Avrei fatto un' alleanza con lui a occhi chiusi. Ma sono sorpreso dalla motivazione. Nessuno vuole affossare lo ius soli».
Fa discutere anche l' annuncio di non ricandidatura di Angelino Alfano. Che a Bruno Vespa spiega: «Non lascio la politica ma non guiderò io il partito. Si può fare politica anche fuori dal palazzo, c' è una vita fuori e io me ne riprendo un pezzo. Hanno influito anche gli attacchi ingiusti contro di me». Tra le reazioni, quella di Matteo Salvini, che infierisce: «Nooooo... Alfano, rimasto senza voti, ha annunciato che non si candida alle prossime elezioni. Ce la faremo a dormire stanotte?». Tesi non dissimile da quella di Alessandro Di Battista: «Sa di non avere voti». Renato Brunetta riassume così: «Dopo Bersani, Prodi e Enrico Letta, Renzi fa fuori anche Alfano e Pisapia».
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