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Paolo Manzo per "la Stampa"
Anche ieri prima di Italia-Messico, come già a Brasilia nella partita inaugurale della Confederations Cup, migliaia di manifestanti, soprattutto giovani, si sono radunati attorno allo stadio che ospitava il match per protestare contro le spese del Mondiale di calcio. Spese faraoniche che, a loro dire, riempirebbero le tasche dei politici di soldi pubblici, il tutto a scapito di settori strategici per il futuro del Brasile, a cominciare da ospedali, scuole e infrastrutture.
Secondo un esponente di Anonymous Rio presente alla stazione della metro di São Cristóvão, uno dei tre punti d'accesso al mitico Maracanà e da dove è partita ieri la protesta, «le spese della Coppa le stanno facendo pagare a noi, con un aumento del trasporto pubblico urbano ingiusto». E che si tratti solo di 0,20 reais in più a biglietto, meno di 10 centesimi di euro, poco importa - «è una questione di principio, il Brasile si è svegliato».
In molti in queste ore si chiedono chi siano questi manifestanti in un Paese che, a parte calcio e Carnevale, non è molto abituato a protestare. Accusati in un primo momento dai massmedia verdeoro di essere semplicemente dei «vandali», la composizione del movimento, ribattezzato «Rivoluzione 0.2» in relazione all'aumento del prezzo dei bus, è eterogenea. Di certo non è composta da «esponenti dell'élite», la stessa che «ha fischiato ieri la presidente Dilma allo stadio», come ha scritto sulla sua pagina Facebook Ricardo Berzoini, ex presidente del PT, il partito di Lula. Almeno a detta di un'osservatrice attenta come Cynara Menezes, giornalista del settimanale CartaCapital, l'unico in Brasile ad essersi espresso a favore del voto prima a Lula e poi a Dilma nelle ultime tre elezioni.
«Chi manifesta - spiega sul suo blog "Socialista Morena" - lo fa perché in realtà il PT ha abbandonato le sue bandiere». Quali? «L'etica, i diritti umani, la riforma agraria, i diritti degli omosessuali, quelli degli indios e, infine, un trasporto pubblico non caro e di qualità . Per questo la sinistra protesta».
Insomma, i giovani che stanno usando la visibilità che solo un grande evento come il campionato del mondo di calcio può dare, non sarebbero i «vandali» o i «fascisti dell'élite» come vorrebbero far credere alcuni, ma semplicemente dei «ragazzi di sinistra, con rivendicazioni di sinistra e, soprattutto, senza Suv né elicotteri ma che si muovono in autobus tutti i giorni», chiosa la Menezes.
Purtroppo anche ieri, proprio come sabato nella capitale Brasilia in occasione del debutto della Seleçao contro il Giappone, attorno allo stadio simbolo del calcio brasiliano ci sono state le cariche della truppa antisommossa della Polizia militare. Gli agenti hanno lanciato le ormai solite «bombe ad effetto morale», come qui chiamano i lacrimogeni dai tempi della dittatura. Nella manifestazione, che fino a quel momento era stata pacifica, ci sono stati una decina di feriti, colpiti da proiettili di gomma, e cinque arresti.
La Polizia militare è un unicum al mondo, essendo nata con l'ultimo golpe. Persino Paesi membri del Consiglio Onu per i diritti umani, a fine maggio, ne avevano chiesto lo«scioglimento» per le sue tante, troppe «azioni illegali» ed i suoi vincoli con gli squadroni della morte.
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