DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Maurizio Ricci per Repubblica
Non siamo sull'orlo del baratro. L'affermazione può apparire avventata, nel momento in cui il Fondo monetario internazionale pronostica che il debito pubblico salirà di colpo, quest'anno, dal 135 al 155 per cento del Pil, lo spread viaggia a quota 230 e, su giornali come il Financial Times, appaiono tre articoli, nel giro di una sola settimana, che seminano dubbi sulla sostenibilità del debito italiano e sul rischio di default. Ma questo dicono i conti e anche una lunga fila di autorevoli economisti: possiamo cavarcela.
Per ridare fiato all'economia italiana nei prossimi anni, dopo la gelata dell'epidemia, ci vogliono, probabilmente, un piano Marshall e gli eurobond. Però, per salvare l'osso del collo, da qui a un anno, finanziando l'emergenza, ma evitando anche di dire che non possiamo onorare i debiti e dobbiamo uscire dall'euro, basta quello che c'è già sul tavolo. Con molte grazie all'Europa. Senza, affonderemmo. Il punto chiave, infatti, è la quota del nostro debito che non starà in mano a investitori privati potenzialmente suggestionabili. Piuttosto, alle istituzioni europee: Bce, ma non solo.
Con il nuovo decreto in arrivo, il governo destinerà un'altra sessantina di miliardi all'emergenza. In tutto, dunque, la spesa per tenere in piedi l'economia arriverà oltre il 3 per cento del Pil, più o meno quanto hanno impegnato gli altri paesi. Se si sommano le nuove spese a quelle già decise per la sanità e al disavanzo che era in bilancio per quest'anno, il deficit si assesterà, per il 2020, oltre l'8 per cento del Pil, quanto già prevede il Fmi. Vuol dire un buco di circa 140 miliardi di euro. Se ci aggiungiamo i 316 miliardi di euro di titoli del Tesoro che scadono quest'anno, il totale da trovare per far quadrare i conti è 456 miliardi di euro.
I mercati finanziari saranno disposti a prestarci questa montagna di soldi? Non è tanto importante, spiega l'Osservatorio dei conti pubblici di Carlo Cottarelli, perché 224 miliardi arriveranno dalla Bce, nell'ambito del nuovo Quantitative easing. Dal nuovo fondo Ue, il Sure, 17. E, dal famigerato Mes, se li vogliamo, 36. Totale dall'Europa, 277 miliardi, quasi il 60 per cento del fabbisogno del Tesoro per il 2020. Di fatto, dobbiamo trovare sui mercati meno soldi di quelli che avremmo dovuto, comunque, cercare, se il virus non fosse mai arrivato.
Non è il solo bastione a difesa del nostro debito. Oltre al flusso dei nuovi finanziamenti, conta la loro consistenza. Con gli acquisti già previsti dalla Bce e i soldi che arrivano da altri canali Ue, il totale dei crediti in mano alle istituzioni europee toccherà un quarto del nostro debito totale. Cottarelli invita a leggerlo così: oggi gli investitori privati detengono debito pubblico italiano per un ammontare equivalente al 112 per cento del Pil. A fine 2020, nonostante l'esplosione del debito, la quota in mano ai privati non supererà il 120 per cento. Dal 112 al 120 per cento non è un terremoto.
Rinunciando ai crediti che il Meccanismo europeo di solidarietà è pronto a dare per la spesa sanitaria, senza altri vincoli e condizioni, i conti sono un po' peggiori. Sul piano puramente finanziario, però, sarebbe un'occasione persa. In questo momento, il Tesoro si indebita sul mercato a dieci anni, ad un tasso vicino al 2 per cento. Cioè, per chiedere quei 36 miliardi agli investitori privati e non al Mes, l'Italia deve pagare un po' più di 700 milioni di euro l'anno. Il Mes, invece, grazie al rating eccellente, si indebita sul mercato, a dieci anni, allo 0 per cento. E l'interesse zero verrebbe girato al paese debitore, cioè l'Italia.
giuseppe conte angela merkel 2
Insomma, i 36 miliardi vanno restituiti, ma sono gratis. Se poi il debito fosse a 5 anni, invece che a 10, ci si può guadagnare qualcosa. Attualmente, il Mes si indebita a cinque anni al tasso del -0,30 per cento. Per aver preso quei soldi, l'Italia intascherebbe un po' più di 100 milioni l'anno.
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