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Andrea Morigi per "Libero"
A Washington sono certi che Giancarlo Giorgetti sia il prossimo leader della Lega Nord. Sono i diplomatici americani ad aver carpito la confidenza direttamente dall'erede designato di Umberto Bossi. Sono a pranzo, lui e il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli alla fine di aprile 2009, a Milano, con il console generale degli Stati Uniti. Si parla di politica, di economia, dei rapporti interni alla maggioranza. Giorgetti, presidente della Commissione Bilancio della Camera, sembra non avere segreti.
A proposito dell'alleanza con il PdL, spiega la strategia leghista per stringere il presidente del Consiglio in una morsa d'acciaio: «Se Berlusconi dice rosso, noi diciamo rosso. Se
dice nero, noi diciamo nero». Certo, lui tenta di liberarsi dalla stretta, ma inutilmente. Anche se, allo scopo di assicurare al PdL maggiori consensi tra i moderati, Silvio tenta di spingere i padani verso posizioni più estremiste, loro non sono così ingenui da cascare nella trappola. Anche il Cavaliere ne è consapevole.
Tutto il resoconto della conversazione sarebbe rimasto "classificato" fino al 2019, se non fosse stato per Wikileaks. Così, fra i 251mila cablogrammi diffusi dall'organizzazione guidata da Julien Assange si trova anche il profilo di Giorgetti, del quale si dice un gran bene, visto che «numerosi contatti ipotizzano che potrebbe alla fine succedere a Bossi come leader del partito (e, in privato, lui stesso tendenzialmente concorda)».
Impossibile ottenere una conferma o una smentita diretta dal principale interessato, nonostante i tentativi di rintracciarlo telefonicamente. Pare comunque che all'ambasciata statunitense si divertano un mondo con il toto-Lega. Per non sbagliare, si esercitano in un "chi sale, chi scende" sul dopo-Bossi. Tra i papabili indicano Flavio Tosi, Luca Zaia, Matteo Salvini, Massimo Giordano e Marco Reguzzoni. Non è che abbiano dimenticato Calderoli, né Roberto Maroni né Roberto Castelli. Ma puntano dichiaratamente sui più giovani.
Sono ancora lievemente incerti sul movimento, come testimoniano alcune preoccupazioni circa le ronde padane, espresse il 29 marzo 2009. Hanno chiesto in giro, anche agli altri esponenti di spicco della maggioranza di governo. Così, quando nell'aprile 2008 capita di collo quiare simpaticamente con il ministro della Difesa Ignazio La Russa, scatta la domanda fatidica sul Carroccio: andate d'accordo, intrattenete buoni rapporti? La risposta è pronta.
L'interlocutore americano la ricostruisce così: La Russa «ha paragonato la retorica della Lega Nord alla musica troppo alta in una discoteca. Se non vai spesso a ballare, capisci a malapena quello che succede e riesci a sentire la musica con difficoltà. Se abbassi il volume (o sei abituato all'atmosfera), la musica non è poi troppo male. Similmente, i leghisti duri e puri apprezzano la retorica e le dichiarazioni aspre, ma se abbassi un pochino il tono, il programma della Lega non è troppo diverso da quello del PdL». Alla Casa Bianca avranno magari improvvisato un incerto passo di danza. Poi si saranno lasciati trascinare dal ritmo.
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