
DAGOREPORT - DELIRIO DI RUMORS E DI COLPI DI SCENA PER LA CONQUISTA DEL LEONE D’ORO DI GENERALI –…
1.CACCIA AGLI STRANIERI STANZA PER STANZA
Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”
È caccia agli stranieri, specie se cittadini di Paesi della coalizione Nato, nell’Afghanistan impaurito dalla nuova «offensiva di primavera», lanciata dalla guerriglia talebana lo scorso 24 aprile. Mercoledì sera e sino all’alba di ieri mattina un commando armato ha attaccato il Park Palace guesthouse, noto residence nel centro di Kabul frequentato in preferenza da operatori umanitari, dipendenti delle agenzie internazionali e giornalisti. I morti accertati al momento sarebbero almeno 14, di cui 9 stranieri: tra loro quattro indiani, un americano, un inglese e l’italiano Sandro Abati, 47 anni, originario di Alzano Lombardo, nel bergamasco. Con lui ha perso la vita la fidanzata 27enne di origine kazaka, Aigerim Abdulayeva, avrebbero dovuto sposarsi in luglio.
alessandro abati ucciso a kabul
Secondo alcuni testimoni, è stata una vera «caccia all’uomo mirata a provocare il massimo numero di vittime e durata oltre cinque ore»: uno o più guerriglieri con il mitra spianato avrebbero setacciato l’edificio stanza per stanza, sparando alzo uomo, ma facendo attenzione a risparmiare i proiettili per poter prolungare l’operazione.
Ancora confuse le ricostruzioni. Inizialmente fonti locali avevano parlato di un commando di diversi uomini, di cui almeno uno alla fine si sarebbe fatto saltare in aria. I talebani, che rivendicano l’azione, parlano invece di un solo militante. Un loro portavoce, conosciuto come Zabiullah Mujahid, rivela che sarebbe stata condotta da un uomo armato di kalashnikov, oltre a «esplosivo e diverse bombe a mano». In serata anche la polizia pareva propendere per questa seconda versione.
Se ciò fosse confermato, risulterebbe ancora più grave il ritardo delle forze di sicurezza locali, che hanno impiegato un tempo spropositato a giungere sul posto e sprecato poi ancora molte ore prima di mettere in piedi un’effettiva operazione antiterrorismo.
kabul attacco al residence degli stranieri
Dall’ufficio del presidente Ashraf Ghani specificano che l’aggressione è cominciata alle 20.30: avrebbe dovuto coincidere con l’inizio del concerto del cantante Eltaf Houssain di fronte ad un folto pubblico, tra cui diversi americani. La polizia è riuscita a porre in salvo 44 ospiti che erano assiepati nel giardino dell’edificio.
Il nuovo massacro torna a mettere l’accento sulla precarietà della presenza degli internazionali in Afghanistan. È dalla fine dell’anno scorso, con il ritiro del grosso del contingente Nato dopo 14 anni di attività, che i leader talebani si dicono decisi a «ripulire» il Paese dagli stranieri, che a loro parere tra l’altro non avrebbero alcuna voce in capitolo nei già deboli negoziati tra loro e il governo Ghani .
2.GENTILONI, 750 ITALIANI IN AFGHANISTAN FINO A FINE ANNO
kabul attacco al residence degli stranieri
(ANSA) - "Confermo che siamo in Afghanistan con una missione di addestramento e supporto fino alla fine di quest'anno: questi sono gli accordi internazionali". Lo ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, intervenendo ad Agorà. Rinnovando le condoglianze alla famiglia di Alessandro Abati, ucciso ieri in un attacco talebano, il ministro ha precisato che attualmente sono impegnati in Afghanistan 750 militari.
3.AFGHANISTAN: GEN.CAMPBELL, TALEBANI COLPISCONO STRANIERI
(ANSA) - "Non c'è dubbio che i talebani proveranno ancora a fare attentati di un certo impatto, anche a Kabul. Lo straniero è un obiettivo che dà maggior risonanza. Voglio però dire che si parla di un attentato riuscito, ma non dei dieci che nello stesso giorno vengono fermati". Intervistato dalla Stampa, il generale americano John Francis Campbell, capo della missione 'Resolute Support' parla dell'attacco in cui sono morte 14 persone, tra cui l'italiano Alessandro Abati.
"Stiamo lavorando sodo con gli afghani per colmare tutte le lacune che ci sono nella preparazione delle forze di sicurezza a operare in maniere sempre più autonoma, e sono fiducioso nella nuova leadership. Sono grato ai militari italiani, hanno fatto un gran lavoro e hanno un ottimo rapporto con il 207° Corpo d'armata afghano, le attività di addestramento stanno andando molto bene".
"Ho chiesto all'Italia di mantenere l'attuale impegno numerico per tutta la stagione dei combattimenti. Questo vuol dire almeno sino a ottobre. Dopo una franca discussione con la leadership italiana e col generale Graziano abbiamo ottenuto un impegno per stare sino alla fine della stagione dei combattimenti". Dopo, continua Campbell, "inizierà la riduzione del contingente e delle attività e se non ci saranno cambiamenti significativi chiederemo all'Italia di rimanere a Herat per tutto quest'anno, per finalizzare il disimpegno entro l'inizio del prossimo".
4.PASSIONE E FILO SPINATO: QUEI CENTO ITALIANI RIMASTI CON GLI AFGHANI
Andrea Nicastro per il “Corriere della Sera”
kabul attacco al residence degli stranieri
Non ci sono barriere, hesco bastion , metal detector, security advisor, guardie e perquisizioni che bastino. Se i sovietici avevano tagliato gli alberi secolari che portavano al Palazzo Reale di Darul Aman per eliminare i nascondigli degli attentatori, gli occidentali hanno trasformato decine di strade in grigi canyon sormontati da filo spinato. Kabul è diventata una città di muraglioni, da una parte gli stranieri, dall’altra gli afghani. La città è viva, sovraffollata, con spiedini e neon colorati per matrimoni e nascite. Ma off limits per gli stranieri. Sui loro telefonini arrivano gli allarmi delle agenzie di sicurezza che i datori di lavoro finanziano (soprattutto) per tenere a bada i premi assicurativi.
Servono? Forse no. Anche perché il messaggio si ripete sino alla noia: «Uscite il meno possibile, rimanete nei vostri compound, evitate i luoghi affollati, non camminate mai a piedi, non annunciate a nessuno i vostri indispensabili spostamenti». C’è l’agenzia che vieta di «recarsi in ambasciata, obbiettivo di possibili attacchi» e quella che nello stesso giorno «sconsiglia qualsiasi spostamento che non sia verso le rispettive ambasciate». Kabul blindata, svuotata di stranieri, sempre più abbandonata a se stessa.
Alberto Cairo ha visto tutto. L’Afghanistan della guerra civile, quello dei talebani, quello del boom economico seguito alla commozione mondiale per la scoperta di un Paese-macchina del tempo precipitato nel medioevo.
«La sicurezza è indubbiamente molto diminuita — racconta con un collegamento di fortuna da Lashkar Gah, nel sud del Paese —. È avvenuto piano piano e in qualche modo ci siamo abituati. Dopo l’attacco al Park Hotel, l’ordine è di stare più cauti del solito, ma in realtà non cambia nulla perché più cauti di così non si può».
Cairo, responsabile dei progetti della Croce Rossa Internazionale, continua a guidare da solo e a perseguire i suoi progetti visionari. L’ultimo, un torneo di pallacanestro in carrozzina. Per maschi e femmine. Ma è, da quarant’anni, una mosca bianca.
«Ormai i civili italiani a Kabul sono appena un centinaio su una popolazione di stranieri che si aggira sui due tre mila — spiega l’ambasciatore Luciano Pezzotti —. Siamo soprattutto diplomatici, funzionari delle varie agenzie Onu e della Banca mondiale. Le Ong vanno esaurendosi. E tutti fanno vita da reclusi. Auto blindate e massima sicurezza». Fino all’inizio del 2014 i diplomatici e i cooperanti italiani vivevano in case afghane.
Con la guardia armata alla porta, ma ogni tanto l’aquilone dei bambini del quartiere cadeva in giardino. Neppure i sanitari di Emergency che gestiscono un ospedale famoso e rispettato fanno un passo in più della distanza tra casa e lavoro: più o meno 15 metri. «L’attentato al Ristorante Libanese è stato il giro di boa» sostiene Pezzotti. Il messaggio talebano («nessuno straniero è benvenuto») è arrivato chiaro e ha fatto girare i chiavistelli. Il quartiere italiano comprende ambasciata, residenza e palazzina della Cooperazione che di giorno è ufficio e di notte è dormitorio. Vicini di casa ora sono i soldati Nato di Camp Arena.
Ha cambiato casa anche l’unica giornalista italiana residente a Kabul da due anni. È Margherita Stancati corrispondente del Wall Street Journal. Ora vive nella stessa via super protetta dell’ambasciata britannica. «Alla paura si fa l’abitudine e poi la dimentichi. Devi solo pensare se ne vale la pena e per me, in un momento così importante per l’Afghanistan, la risposta è ancora sì». Anche lei una mosca bianca .
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