LA CACCIATA DELL’ANTI-MERKEL MONTEBOURG È UN BRUTTO SEGNALE PER LO SPACCONE RENZI: CHIUNQUE SIA AL GOVERNO, NON GUIDERÀ MAI UN FRONTE DI OPPOSIZIONE ALLA GERMANIA. LA FRANCIA NON HA ALCUN INTERESSE A DIVENTARE IL CAPOFILA DEI DEBOLI

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Antonio Polito per il Corriere della Sera

Arnaud Montebourg Arnaud Montebourg

 

Appena sabato scorso Arnaud Montebourg aveva detto a Le Monde che «l’Europa deve fare come Matteo Renzi» e liberarsi dell’«ossessione tedesca per l’austerità». Non gli ha portato bene. Tre giorni dopo è stato licenziato da François Hollande, aprendo a Parigi una crisi di governo di inusitata gravità, solo cinque mesi dopo la nascita dell’esecutivo guidato da Manuel Valls (un altro che è stato spesso paragonato a Renzi).

 

Naturalmente il ministro dell’Economia francese non è stato punito perché troppo renziano. Anzi, se si vuol stare al paragone con l’Italia, il Don Chisciotte della sinistra d’Oltralpe assomiglia più a un Fassina o a un Bertinotti vecchia maniera. Ma la sua cacciata conferma due leggi della politica europea da cui neanche la Francia si è mai allontanata, e che faremmo bene a tenere sempre a mente anche noi italiani.

Arnaud Montebourg Arnaud Montebourg

 

La prima è che delle «due sinistre» quella che non fa i conti con la realtà, che si illude e illude gli elettori di poter tornare all’età dell’oro socialdemocratica facendo deficit e mettendo tasse, è destinata a perdere. Seppure su scala minore, la crisi di Parigi ricorda lo scontro con cui alla fine degli anni Novanta il Cancelliere Schröder si liberò del ministro Lafontaine a Berlino.

 

RENZI A FORTE DEI MARMIRENZI A FORTE DEI MARMI

 La rottura della Spd con la sinistra interna diede il via alla stagione di riforme che salvarono la Germania dal declino economico, e aprirono la strada all’era Merkel. Hollande, allo stesso modo, vuole riaffermare la sua autorità sul partito e sul governo proprio mentre è impegnato in un programma di riforme liberali della stagnante economia francese.

 

RENZI SECCHIATARENZI SECCHIATA

La seconda legge che esce confermata dalla punizione di Montebourg è che Parigi, chiunque sia al governo, non guiderà mai un fronte di opposizione alla Germania. La Francia non ha alcun interesse a diventare il capofila dei deboli. Sia perché la sua missione politica è quella di stare nel cuore dell’Europa, sia perché i mercati la premiano finché resta attaccata a Berlino, con tassi di interesse bassi quando non addirittura negativi, nonostante deficit alti e crescita zero. Perché mai Hollande dovrebbe dunque trasformare la sua retorica anti-austerità in un vero e proprio scontro con la Merkel, come il ministro ribelle lo invitava a fare?

 

ANGELA MERKEL E FRANCOIS HOLLANDE ANGELA MERKEL E FRANCOIS HOLLANDE

È bene dunque non farsi troppe illusioni su presunti assi mediterranei tra Parigi e Roma per piegare Berlino. Ogni Paese deve contare sulla sua credibilità prima di ogni altra cosa. La Spagna, per esempio, ha fatto riforme efficaci dell’economia che le hanno consentito a giugno, insieme al Portogallo, di dire di no alla richiesta italiana di maggiore flessibilità nei conti, e che probabilmente le varranno la nomina di Luis de Guindos alla presidenza dell’Eurogruppo (con il francese Moscovici che conquista l’Economia e la nostra Mogherini piazzata alla Politica estera).

 

IL PREMIER FRANCESE MANUEL VALLS A SAN PIETROIL PREMIER FRANCESE MANUEL VALLS A SAN PIETRO

Non abbiamo dunque altra strada che trasformare le promesse e gli annunci della stagione Renzi in realtà. Il nostro governo ha ancora un grande capitale di fiducia da spendere in Europa. Ma deve agire. Riforme radicali della giustizia e del mercato del lavoro sono, nelle prossime settimane, l’unica vera arma di cui dispone. E, come i fatti francesi hanno dimostrato, valgono molto più degli applausi di un Montebourg.

PIERRE MOSCOVICIPIERRE MOSCOVICI