DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Stefano Folli per “la Repubblica”
Come era prevedibile, lo sport politico della primavera- estate è già diventato l' imitazione di Macron. È giovane, brillante e vincente. Tanti vorrebbero essere lui, nel centrosinistra e anche nel centrodestra. Quasi nessuno però si pone le domande giuste: come ha fatto il giovane francese a diventare presidente con un' ascesa fulminea? Talento naturale, certo. Ma anche studio severo, relazioni importanti, spirito di sacrificio.
E un punto essenziale: il sistema istituzionale ed elettorale della Quinta Repubblica. Semi-presidenzialismo e doppio turno uninominale di collegio. Da noi il Porcellum, poi l' Italicum - cancellati dalla Consulta - e infine la resa, annunciata ieri da Renzi in risposta a Mattarella (Non dipende dal Pd cambiare la legge elettorale»). Ci si prepara, in altri termini, ad andare a votare nel 2018 con il sistema proporzionale ritagliato dalle sentenze della Consulta. Non potendo vincere, si preferisce impedire anche agli altri di prevalere. Con un retro- pensiero tipico delle segreterie partitiche: meglio la paralisi ma con le liste bloccate, in modo da controllare la grande maggioranza degli eletti.
Si capisce che su queste basi l' imitazione di Macron si rivela subito stucchevole. Al tempo stesso, proprio le giornate parigine rendono più evidente il vuoto della politica italiana, cioè la vera ragione per cui Grillo è in testa in tutti i sondaggi. Dopo la Francia, torna a essere l' Italia il sorvegliato speciale d' Europa, l' unica nazione in cui i cosiddetti "populisti" possono vincere nelle urne, anche poi non saranno in grado di governare.
Tuttavia proprio l' esempio francese dimostra che invertire la rotta è possibile. Il tema riguarda tutti, ma soprattutto il centrodestra berlusconiano, il lato più debole e imperscrutabile nel triangolo della nostra politica. Ovvia la soddisfazione di Berlusconi: la vittoria di Macron è la sconfitta della Le Pen. Dunque anche di Salvini, l' aspirante alla leadership.
Ma è davvero così? Berlusconi ha recuperato il pieno controllo della sua area? Sembra difficile crederlo. In ogni caso, nel centrodestra si confrontano due indirizzi. Il primo è quello di chi crede che la Lega, privata di una sponda a Parigi, finirà per accettare il mantello di Berlusconi. La pensa così Brunetta: tutti uniti dietro al leader di Arcore, senza estremismi e con una chiara proposta "di centro". Ma è un' ipotesi che ha poco di francese, se vogliamo restare ai paragoni.
A Parigi nessuno ha voluto stringere alleanze con il Front National e le due destre sono rimaste distinte, secondo tradizione. Da noi viceversa si vorrebbero mescolare amici e nemici della moneta unica, aderenti al Ppe (Angela Merkel come riferimento) e avversari della Germania, gente che ha fiducia nell' Europa integrata e altri che la disprezzano. Con tali criteri si può fare al massimo un cartello elettorale, solcato da contraddizioni alla lunga fatali.
angelino alfano e pierferdinando casini
L' altra ipotesi è quella rilanciata da Casini in un' intervista a "Libero": un' alleanza centrista, orchestrata da Berlusconi, senza più Salvini lasciato al suo destino. Questa alleanza dovrebbe riunire i segmenti sparsi del cosiddetto "mondo moderato", a cominciare da Alfano, e offrire al ministro Calenda il bastone del comando. Non è certo la prima volta che il nome di Calenda viene evocato.
La soluzione prospettata da Casini ha il merito di aver messo le carte in tavola con congruo anticipo sulla data del voto. I problemi tuttavia cominciano subito. Berlusconi è celebre per incoraggiare possibili "successori" che vengono delegittimati alla prima curva. L' ultimo esempio è Stefano Parisi che però si è intestardito ad andare avanti con le sue forze. Calenda non avrebbe speranze se apparisse come mero strumento per la cosmesi di Forza Italia. Ovvero se si prestasse a salvaguardare una modesta piattaforma centrista che senza di lui rischia molto.
Al contrario, se Calenda un giorno decidesse di giocare una partita politica, avrebbe una sola carta: mettere in piedi un movimento semi-autonomo, alla Macron, appunto. Senza contrattare nulla con nessuno. Dovrebbe essere lui la calamita che attira gli ambienti centristi e non solo quelli, senza bisogno di imbarcare pezzi di ceto politico in cerca di rilancio. Al momento siamo lontani da un simile sbocco. Non basta sognare Macron.
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