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LA CAPITOLAZIONE DELL’UNIONE EUROPEA DI FRONTE ALL’ARROGANZA DI TRUMP CONFERMA L’IRRILEVANZA DEL VECCHIO CONTINENTE. INVECE DI CONTROBATTERE COLPO SU COLPO, DA VERA POTENZA, L’UE È RIMASTA OSTAGGIO DEI VETI INCROCIATI DEI SINGOLI STATI, E SI È APPECORONATA AL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO – L’UNICO PAESE CHE HA LOTTATO CON GLI USA È STATA LA CINA, CHE HA UN’OPINIONE PUBBLICA SOTTO SCHIAFFO - E' UN CASO SIMILE ALLA GUERRA IN UCRAINA: I GOVERNI EUROPEI NON RIESCONO MAI A INCIDERE IN NULLA PERCHE' SONO DIVISI, ARRENDEVOLI, TIMOROSI DI NON DISTURBARE I RISPETTIVI ELETTORI, ANCHE SE IN GIOCO CI SONO DEMOCRAZIA E LIBERTÀ - E' IL "VANTAGGIO COMPETITIVO" DELLE DITTATURE O DELLE AUTOCRAZIE: POSSONO ENTRARE IN GUERRA, MILITARE O COMMERCIALE, SENZA TEMERE LE CONSEGUENZE – LA CONTRADDIZIONE TRA L’AUTONOMIA STRATEGICA E GLI INVESTIMENTI IN ARMI, LA DIFESA BY URSULA DELL’INDUSTRIA TEDESCA E LE FREGATURE PER L’ITALIA…

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1. UN PREZZO POLITICO

Estratto dell’articolo di Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”

 

URSULA VON DER LEYEN - DONALD TRUMP

L’ Unione europea paga un prezzo pesante in cambio della «stabilità» nei rapporti con gli Stati Uniti. I termini dell’accordo raggiunto ieri da Donald Trump e Ursula von der Leyen rappresentano davvero una «doccia scozzese» per le imprese europee e, di conseguenza, per la loro forza lavoro. In realtà, nel fondo, questa è un’intesa politica: l’Ue non ha voluto andare allo scontro frontale con gli Usa.

 

Nell’era pre trumpiana, il dazio medio imposto dalle dogane americane sulle merci europee si aggirava intorno al 4,8%; ora viene fissato al 15%. Tre volte tanto, senza una reale giustificazione economica, perché non è vero che, come sostiene Trump, negli anni scorsi l’Europa abbia depredato gli Usa.

 

IMPATTO DEI DAZI AL 15% SULL EXPORT ITALIANO NEGLI USA

Bruxelles e le capitali europee si erano illuse che l’offensiva del presidente americano […] sarebbe naufragata nella tempesta finanziaria di Wall Street e delle altre Borse del mondo. Oppure si sarebbe dovuta fermare per ascoltare l’allarme proveniente dalla grande distribuzione americana: il peso dei dazi sarebbe stato scaricato sui prezzi, rilanciando l’inflazione e deprimendo i consumi, cioè il volano chiave dell’economia statunitense.

 

A torto o a ragione, (si vedrà con le statistiche nei prossimi mesi) Trump è andato avanti, fino a mettere l’Unione europea davanti a una scelta difficile: accettare il muro contro muro o provare a contenere il danno.

 

Ursula von der leyen e donald trump a Turnberry in Scozia - foto lapresse

La Commissione […] ha scelto la seconda strada e da quel momento è cominciato un lungo, affannoso inseguimento alla lepre americana. Nella trattativa è confluito di tutto. La lista delle richieste di Washington si è via via allungata. La presidente della Commissione si è trovata in una posizione negoziale sempre più svantaggiosa.

 

A un certo punto ha tracciato una linea per provare a fermare l’emorragia delle concessioni e ieri ha messo sul piatto contropartite inimmaginabili solo qualche mese fa: zero dazi per l’import Usa; impegno ad acquistare gas liquido per 750 miliardi di dollari e, parole di Trump, un «enorme quantitativo di armi»; investimenti diretti negli Stati Uniti per 600 miliardi di dollari.

 

SELFIE DI EMMANUEL MACRON CON FRIEDRICH MERZ

Ursula, perché lo hai fatto? Probabilmente per evitare di precipitare, da qui a qualche giorno, nel marasma politico. Il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Friedrich Merz, si mostravano sempre più insoddisfatti: la strategia conciliante non stava funzionando. Il primo agosto Trump avrebbe portato i dazi al 30% e, il 7 agosto, la Commissione avrebbe risposto con le contromisure da oltre 90 miliardi di dollari. Uno scenario devastante per l’economia europea, accompagnato, con tutta probabilità, da un’altra tempesta finanziaria.

 

Von der Leyen si è trovata a scegliere tra una sconfitta certa, ma, forse, gestibile e il rischio di una disfatta dalle conseguenze potenzialmente devastanti. Ha preferito, per così dire, patteggiare la pena con Trump, piuttosto che imbarcarsi in una sfida inedita e oggettivamente rischiosa.

 

MEME SU DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI BY EMILIANO CARLI

L’errore, ripetiamo, è stato commesso quattro mesi fa, non rispondendo a tono all’offensiva trumpiana, come hanno fatto la Cina o il Canada per esempio. E smentendo, dati alla mano sulla crescita del prodotto interno lordo degli ultimi trent’anni, la favola di un’America rovinata dagli europei. Ma farlo ieri sarebbe stato troppo tardi.

 

Adesso, però, gli europei dovranno gestire gli effetti concreti di questa bastonata.

L’unico comparto che forse può sentirsi sollevato è quello dell’auto.

 

[…] Le tariffe su acciaio e alluminio restano al 50%: ciò significa che continuerà il processo di riorientamento delle esportazioni, già cominciato anche in Italia, verso altri mercati. Sarà applicato un prelievo del 15% anche sui semiconduttori, cioè alle componenti elettroniche usate in un largo spettro di applicazioni industriali. Non è ancora chiaro, invece, se e come verrà affrontata un’altra questione spinosa: le regole europee sulle piattaforme digitali che non piacciono alle società americane, da Google a Meta.

 

[…]

 

Ursula von der leyen e donald trump a Turnberry in Scozia - foto lapresse

Ieri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso «soddisfazione» per il fatto che comunque Ue e Usa abbiano trovato un’intesa. Ma ha osservato che bisognerà conoscere i dettagli, prima di dare un giudizio sull’impatto per l’Italia. La botta, comunque, c’è anche per il nostro Paese. Adesso i ministri, le categorie produttive e i diplomatici proveranno a contenere le perdite. Un caso è quello dell’agroalimentare: l’idea è stringere patti con gli importatori Usa in modo da dividersi il fardello del dazio per non rovesciarlo tutto sui prezzi, allontanando i consumatori.

 

donald trump - dazi

Sul piano europeo, la promessa di comprare molte più armi dagli Usa appare in contraddizione con il progetto di rafforzare l’industria militare del Vecchio Continente, un passaggio chiave per arrivare alla costruzione di una difesa comune europea, più autonoma rispetto agli Stati Uniti.

 

2. COSÌ BRUXELLES DISORIENTATA HA ACCETTATO IL MODELLO GIAPPONE

Estratto dell’articolo di Marco Bresolin per “La Stampa”

 

xi jinping al cremlino con vladimir putin 1

Piuttosto che niente, meglio piuttosto. Può essere riassunto così l'umore prevalente nei palazzi delle istituzioni Ue di Bruxelles e nelle altre capitali europee per l'accordo commerciale siglato ieri da Donald Trump e Ursula von der Leyen nel golf resort scozzese del presidente americano.

 

Anche se la sua presidente sorride, l'Unione europea non ha certo molti motivo di esultare per un'intesa decisamente asimmetrica. Ma può tirare un sospiro di sollievo. Alla fine, tutti hanno convenuto che un brutto accordo – perché di questo si tratta – è meglio di un mancato accordo che avrebbe fatto scattare dazi al 30% e costretto l'Ue a mettersi controvoglia l'elmetto per un'inevitabile, ma pericolosa, rappresaglia. Per dirla con le parole del cancelliere tedesco Friedrich Merz, "abbiamo evitato un'inutile escalation".

 

[…]

ursula von der leyen e donald trump in scozia

La Commissione ha gestito la trattativa tenendo conto delle esigenze e degli interessi degli Stati membri, estremamente diversi tra di loro.

 

Ha seguito la linea della cautela promossa dal gruppo di Paesi più esposti, guidati da Germania e Italia, evitando di mettere in campo le contromisure come invece chiedevano i fautori della linea dura, capitanati da Francia e Spagna.

 

Il risultato è frutto del catenaccio italo-tedesco, ma nessuno è in grado di dire come sarebbe andata a finire se l'Ue avesse messo in campo il contropiede franco-tedesco. Trump avrebbe abbassato le sue pretese oppure oggi saremmo nel bel mezzo di una guerra commerciale?

 

XI JINPING DONALD TRUMP - MEME

In questi mesi il governo di Berlino ha investito tutto il suo capitale politico per spingere la connazionale von der Leyen ad avere un occhio di riguardo per i settori industriali. E il risultato finale – tutto sommato – non dispiace affatto alla Germania, che potrà esportare le sue auto negli Stati Uniti a un dazio del 15%, dodici punti e mezzo in meno rispetto alla tariffa attualmente in vigore.

 

Secondo diverse fonti diplomatiche, la presidente ha dato "molto ascolto, forse pure troppo" al suo Paese. Ma non poteva essere diversamente. L'export tedesco verso gli Usa vale 161 miliardi di euro l'anno, vale a dire il 30% dell'intero export Ue: nessun altro Stato è coinvolto così direttamente. E nell'export tedesco la parte del leone la fa il settore dell'automotive, con 36,8 miliardi.

 

ursula von der leyen e donald trump in scozia

Nelle scorse settimane la Commissione, su spinta dei costruttori tedeschi, aveva iniziato a negoziare un accordo con gli americani che avrebbe premiato le case automobilistiche pronte a trasferire la produzione oltreoceano. Una soluzione che aveva provocato parecchi malumori soprattutto tra gli Stati membri dell'Est, timorosi di veder fuggire via le imprese della componentistica.

 

La Francia ha un export decisamente inferiore a quello tedesco (poco più di 43 miliardi di euro) e voleva innanzitutto mettere al sicuro l'export nel settore aerospaziale (la fetta più grande, che vale 9 miliardi): c'è riuscita, visto che gli aeromobili rientrano tra le esenzioni per le quali vale la regola "zero dazi".

 

meloni trump g7 canada

Ma Emmanuel Macron dovrà sacrificare la tanto ambita autonomia strategica sull'altare della promessa di acquistare più armi dagli Stati Uniti.

 

L'Italia voleva certezze sul settore farmaceutico che vale oltre dieci miliardi (per l'Irlanda addirittura cinque volte tanto) e soprattutto su quello alimentare, meno pesante economicamente, ma molto di più politicamente.

 

Sul primo ha incassato chiarezza con i farmaci che saranno tassati "solo" al 15%, ma sull'agroalimentare restano molti interrogativi. Von der Leyen non è stata in grado di spiegare se il vino rientrerà tra i beni esentati, come invece potrebbe succedere al cognac francese. Per Meloni, però, era importante evitare una frattura politica con Trump.

 

ursula von der leyen e donald trump in scozia

A conti fatti, mettendo sulla bilancia il dare-avere dei singoli leader Ue, ce n'è uno solo che esce vincitore: Donald Trump. Ma l'Unione europea avrebbe potuto incassare una sconfitta molto più pesante e il risultato avrebbe trascinato nel baratro anche gli stessi Stati Uniti e l'economia globale, scatenando una crisi dagli esisti imprevedibili. E così Bruxelles ha deciso di ingerire l'amaro calice.

I termini dell'intesa siglata ieri venivano considerati "assolutamente inaccettabili" fino a tre mesi fa, quando a Bruxelles ancora si fantasticava sullo scenario "zero per zero", ossia via tutti i dazi reciproci e amici come prima. A quell'epoca persino un'intesa al 10%, come quella poi firmata dal Regno Unito, veniva schifata.

 

LE ENTRATE TARIFFARIE NEGLI STATI UNITI

Poi alcuni governi, di fronte all'ipotesi Armageddon, hanno iniziato ad accettare l'idea di convivere con quel 10%. Soprattutto quando, alla fine di maggio, Donald Trump ha minacciato di portarli al 50%, costringendo von der Leyen a prendere in mano il coraggio e il telefono per comporre il numero della Casa Bianca e chiamare il presidente. Pian piano, anche gli altri Paesi si sono accodati all'ipotesi 10%. Ma quando tutti sembravano ormai convinti di poter accettare la soluzione britannica, ecco che Trump ha rovesciato nuovamente il tavolo e rilanciato i dazi al 30%. A quel punto, dopo un paio di settimane di malumori e disorientamento, l'Unione europea ha deciso di accettare il "modello Giappone"

LETTERA DI DONALD TRUMP A URSULA VON DER LEYEN CHE ANNUNCIA DAZI AL 30% ALL UEScott Bessent e He Lifeng – negoziati sui dazi tra usa e cina a londraUrsula von der leyen e donald trump a Turnberry in Scozia - foto lapresse