LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO-…
Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
«E certo che siamo al fotofinish...!», sbotta alle 18.30 la presidente del processo Mills, Francesca Vitale, stretta tra l'incudine del pm De Pasquale - «rifiuto l'idea della sentenza al fotofinish, per me il processo non è prescritto nè domani nè tra una settimana, neanche posso immaginare che il Tribunale fissi l'ultima udienza utile il giorno prima della prescrizione, chi ha paura della discussione finale?» - e il martello dei difensori di Berlusconi.
Che invece chiedono al Tribunale di dichiarare una prescrizione a loro avviso già maturata l'8 gennaio sulla base di un parere pro veritate anche di un giurista di area progressista e critico con le leggi ad personam come Gaetano Insolera, il professore bolognese (scuola Bricola) che in passato ha difeso anche l'ex sindaco Pd di Bologna, Flavio Del Bono, o il campione di ciclismo Marco Pantani.
La pressione della «zona Cesarini», combinata a qualche malanno, si percepisce anche quando la presidente auspica che i legali contengano la richiesta di prove straordinarie entro una certa ora pomeridiana, «fisicamente non ce la faccio, la mia salute forse varrà più del resto...».
E indica l'udienza di domani per la requisitoria e se c'è tempo già l'inizio delle arringhe, e l'udienza di mercoledì per la fine delle arringhe: «compressione dei tempi» nella quale i legali temono un tentativo del Tribunale di arrivare in extremis quantomeno alla camera di consiglio, una manciata di ore prima che la prescrizione neutralizzi la sentenza.
L'unica cosa certa è che il Tribunale, qualunque idea abbia sulla prescrizione della corruzione del teste Mills imputata all'ex premier, intende mostrarla solo dopo la decisione della Corte d'Appello sulla ricusazione delle tre giudici chiesta da Berlusconi, in agenda il 18 febbraio con esito nei 5 giorni successivi. Ieri il Tribunale si è infatti richiamato alla norma - che sotto ricusazione gli «inibisce ogni decisione definitoria del processo», compreso il proscioglimento per prescrizione - proprio per non rispondere alla difesa che la invocava subito.
Con applicazione agli arzigogoli aritmetico-giudiziari degna delle minuzie delle stampe giapponesi di Hokusai, Ghedini e Longo propongono una erudita teoria dei periodi di sospensione della prescrizione (oltre due anni in questo processo) tutte le volte che una legge ad personam sia finita alla Corte Costituzionale per esserne bocciata.
Forte dei pareri di professori di orientamenti diversi come Insolera e Antonio Fiorella (diritto penale alla Sapienza di Roma), la difesa Berlusconi argomenta che la clessidra della prescrizione ricomincerebbe a svuotarsi già dal giorno stesso in cui la Corte Costituzionale decide, non dalla data in cui deposita il verdetto, non dalla data in cui la Gazzetta Ufficiale la pubblica, e tantomeno dalla data (invece sostenuta dal pm) in cui la Consulta ritrasmette gli atti al Tribunale.
La difesa propugna poi un calcolo della prescrizione non in giorni (che per esempio fanno 31 nei mesi che ne hanno 31) ma in anni-mesi-giorni (dove i mesi convenzionali sono di 30 giorni e dunque il computo è più favorevole all'imputato). In più smangiucchia qua e là qualche giornata in base a riletture dei verbali d'udienza.
Il risultato è che il processo si sarebbe già prescritto l'8 gennaio, o al massimo il 31 gennaio, o a tutto concedere il 3 febbraio. Resta, non indicata, nel peggiore dei casi la data del 16 febbraio: proprio il giorno dopo l'ultima udienza (il 15) sinora fissata dal Tribunale che ieri ha chiuso l'istruttoria con il teste Diego Attanasio, l'armatore tornato per la terza volta dalla Namibia a contraddire la plateale ritrattazione di Mills («una fiction») sui 600mila dollari ricondotti a Berlusconi.
Dalla verve di Attanasio, che chiama la presidente «signora» senza irritarla («non c'è problema, prima che una presidente sono una signora»), l'accusa ricava la conferma della commistione di soldi dei vari clienti operata sistematicamente da Mills: «Mai nessun prestito da lui», «è una follia che per parcelle si sia tenuto 1,7 milioni miei».
La difesa valorizza invece la prova che nel 1998 e nel 2003 ai giudici inglesi Mills attribuì falsamente a uno svizzero morto la società Dendor in realtà di Attanasio: per Ghedini non è allora irrazionale che nel 2004 Mills al fisco inglese e ai pm italiani abbia legato i 600.000 dollari a Berlusconi anziché allo sconosciuto Attanasio, perché tacendo il nome di Attanasio e inventando quello di Berlusconi avrebbe nascosto agli inglesi la sua falsa testimonianza su Dendor nel 2003.
DAVID MILLS e BerlusconiBerlusconi arriva in Tribunale per il processo MillsLONGO E GHEDINI big David Mills
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