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Andrea Montanari per "La Repubblica"
Roberto Maroni aveva espulso dalla Lega Marco Desiderati e Flavio Tremolada quasi tre mesi fa dopo le contestazioni contro la sua linea al raduno di Pontida, Umberto Bossi ieri li avrebbe reintegrati nel partito. Il condizionale è d'obbligo, visto che i vertici del Carroccio si sono affrettati a definire «ininfluente» la decisione del Senatùr.
La faida interna ai leghisti sul tema delle espulsioni, dunque, si arricchisce di un nuovo episodio. O per meglio dire, di un nuovo schiaffo del fondatore del Carroccio al segretario federale ed ex delfino Maroni. La lettera raccomandata con la decisione del reintegro firmata da Bossi è stata recapitata ieri agli interessati.
Il segretario organizzativo Roberto Calderoli cade dalle nuvole: «Per quello che si può apprendere dalle agenzie - commenta a caldo - la procedura seguita appare in contrasto con quanto previsto dal regolamento federale della Lega». Detto in altre parole: «Bossi ha violato le regole».
Poi aggiunge in un comunicato ufficiale mal celando un certo imbarazzo: «à curioso che pur essendo stato presente fino a lunedì sera in segreteria federale in via Bellerio debba apprendere dalle agenzie di stampa notizie che invece dovrebbero essere di competenza del nostro ufficio».
Maroni, naturalmente, è al corrente di tutto, ma preferisce tacere per non alimentare nuove polemiche. In serata tocca al segretario della Lega Lombarda Matteo Salvini precisare che «la decisione di Bossi è ininfluente. Stiamo lavorando su cose più serie. Non ho tempo da perdere su questo, non mi interessa».
Tremolada, al contrario, commenta eccome. «Si stanno arrampicando sugli specchi - dice - La sostanza è che io ho solo esercitato il mio diritto di militante da più di vent'anni di chiedere la revoca del provvedimento di espulsione a Umberto Bossi per restare al suo fianco. La lettera a sua firma che mi è arrivata è un certificato di denominazione di origine controllata della mia "bossianità ". E questo mi basta».
Fonti vicine alla segreteria federale della Lega, però, fanno notare che, seppure le regole interne prevedano effettivamente la possibilità per gli iscritti da più di vent'anni di ricorrere al presidente del partito, l'appello andrebbe rivolto «prima al comitato e solo in un secondo momento a Bossi».
In via Bellerio non hanno dubbi: «La riammissione è nulla». Ma Bossi non demorde. Anzi rilancia: «Le revoche delle espulsioni sono più di due. Riguardano tutti quelli che me lo hanno chiesto».
Nel frattempo, l'ex deputato leghista Giacomo Chiappori ora sindaco di Diano Marina chiede a sua volta le dimissioni di Calderoli, reo di aver criticato la procedura utilizzata dal Senatùr. «Ma chi è Calderoli che si permette di mettere in discussione una decisione regolare di Bossi? - si domanda l'ex esponente del Carroccio - Un uomo che è stato ministro in nome e per conto di Bossi, si deve dimettere da senatore e se ne vada dalla Lega. Sono troppi anni che è nel partito. Si ritiri e ricominci a fare il mestiere che sapeva fare bene, il dentista».
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