feltri vicinanza

AL “GIORNALE” NON DIMENTICANO DI ESSERE STATI DEFINITI “LA MACCHINA DEL FANGO” AI TEMPI DI BOFFO E DELL’INCHIESTA SU FINI. E ALLORA VITTORIONE FELTRI IMBRACCIA IL FUCILE – “SE AD AVER SVENTOLATO UNA FANTASIOSA INTERCETTAZIONE, ANZICHÉ I COLLEGHI DELL’ESPRESSO, FOSSIMO STATI NOI DEL GIORNALE, LA NOSTRA REDAZIONE SAREBBE STATA PERQUISITA DALLE FORZE DELL’ORDINE"

1.SE IL FANGO DELLA SINISTRA MACCHIA MA NON INDIGNA

Vittorio Feltri per “Il Giornale”

 

vittorio e mattia feltri (2)vittorio e mattia feltri (2)

Ho atteso invano alcuni giorni prima di intervenire sulla prodezza dell'Espresso, che ha rivelato il contenuto di una intercettazione telefonica, di cui per ora non è stata trovata traccia, e che tuttavia ha sollevato uno scandalo. Nessun commento serio ho letto. Si tratta di una conversazione privata fra Rosario Crocetta e il suo medico, durante la quale quest'ultimo avrebbe detto che la figlia del giudice Borsellino, ucciso dalla mafia, dovrebbe fare la stessa fine del padre: sparire. Il nastro non è ancora saltato fuori, ciò nonostante la polemica infuria.

 

La frase maledetta sarebbe stata pronunciata dal dottore. Il problema però è che l'interlocutore del sanitario non avrebbe reagito, ciò farebbe pensare: egli non era d'accordo sulla necessità di stecchire la signora? In altre parole, il guaio è che il governatore non ha aperto bocca. Stravagante. Di solito uno viene redarguito per quanto afferma. In questo caso è il contrario: Crocetta è severamente rimproverato per non aver fiatato. Costui è sotto inchiesta perché è stato in silenzio, non per altro. È la prima volta al mondo che un uomo debba rispondere perché è stato zitto e non perché ha parlato. Solo in Italia poteva accadere una cosa simile.

 

VITTORIO FELTRI   VITTORIO FELTRI

Quando l'Espresso - settimanale debenedettiano, esattamente come la Repubblica - ha pubblicato il descritto scoop, qualsiasi media gli si è accodato, rilanciando e amplificando la notizia. A nessuno è venuto il dubbio che fosse infondata. E, invece, si dà il caso che la Procura neghi l'esistenza della intercettazione; pertanto, saremmo di fronte a una bufala, a una informazione falsa, frutto di una invenzione di cui si ignora la genesi.

 

Crocetta - uomo di sinistra del quale non condividiamo un'idea - è stato bastonato perché incline al mutismo: e continua ad essere perseguitato per una chiacchierata malandrina che non ha fatto, di cui perlomeno non c'è documentazione. Abbiamo ribadito il concetto per esaltare l'assurdità dell'intera questione. Non è tutto. L'Espresso ha confermato: la sua fonte è attendibile. Può darsi. Però non dice quale essa sia. La copre. Giusto. Noi cronisti siamo tenuti a rispettare il segreto professionale.

BORSELLINO - TUTINO - CROCETTABORSELLINO - TUTINO - CROCETTA

 

Se però la magistratura sostiene di non essere in possesso del nastro al centro della discussione, il settimanale, per avvalorare il proprio colpo giornalistico, sarebbe a questo punto obbligato a fornire le prove di non aver preso un granchio. Esso, invece, ripete fino alla noia di aver udito la telefonata, ma di non essere in grado di esibire le carte. Perché? Probabilmente non le ha. Si è fidato di un pettegolezzo? Nell'eventualità, sarebbe obbligato a confessare di aver calpestato una buccia di banana.

 

lucia borsellino rosario crocettalucia borsellino rosario crocetta

Ci domandiamo come mai nessuno affronti la questione in termini di giustizia. L'Ordine dei giornalisti, in altre circostanze pronto a intervenire sotto il profilo disciplinare, non si è fatto vivo. Forse è fortemente intenzionato a tergiversare, temendo che andare contro il gruppo debenedettiano, notoriamente di sinistra, sia imprudente. La magistratura non si è appalesata. L'unico ad avere reagito è il medesimo Crocetta: ha chiesto 10 milioni di risarcimento all'Espresso. Campa cavallo. Il giudizio, se vi sarà, giungerà fra anni.

 

CROCETTA LUCIA BORSELLINOCROCETTA LUCIA BORSELLINO

Riflessione. Se ad aver sventolato una fantasiosa intercettazione, anziché i colleghi dell'Espresso, fossimo stati noi del Giornale, cosa sarebbe successo? Ve lo dico subito. La nostra redazione sarebbe stata perquisita dalle forze dell'ordine. Il direttore di turno sarebbe stato sottoposto a indagine giudiziaria e a procedimento da parte dell'Ordine degli scribi; l'autore del servizio ora sarebbe guardato da tutti quale criminale, e il nostro quotidiano passerebbe per la consueta macchina del fango.

 

Poiché, viceversa, nella merda è il nipotino cartaceo di Eugenio Scalfari (colui che, condannato alla galera per uno scoop fasullo, non andò in prigione perché eletto deputato nelle liste del Psi), ovvero il citatissimo Espresso, nulla si muove.

 

A noi giornalisti negletti ne hanno fatte di tutti i colori per molto meno; ai signorini pagati da De Benedetti non torcono un capello. E ne siamo felici.

 

Rosario Crocetta Rosario Crocetta

A tutti capita di sbagliare. Anche agli intelligentoni progressisti. Quanto al doppiopesismo nella valutazione degli errori, lasciamo giudicare ai lettori. Che orrore, che schifo. Viene in mente il famoso metodo Boffo. Sul conto del quale se non altro la nostra notizia era vera: condannato per molestie. Stupidaggine? Sì. Ma vera. Viene in mente la questione Marcegaglia. Fu un pretesto per romperci le scatole. Vengono in mente tante cose. Personalmente sono stato processato, e assolto, per aver definito negri i negri. Siamo curiosi di vedere come andrà a finire la storia del povero Crocetta. Poi, riprenderemo il discorso, compagni del menga.

 

2. L’AUDIO E LA TRACCIA DELLE 13.19

Marco Lillo per “Il Fatto Quotidiano

 

marco lillomarco lillo

Vero o falso? Finora era davvero difficile risolvere il giallo della telefonata di Rosario Crocetta. Il medico Matteo Tutino aveva davvero detto quella frase irripetibile al presidente siciliano augurandosi la stessa fine del padre per Lucia Borsellino? E davvero Crocetta era rimasto in silenzio complice? L’Espresso ha ammesso di non disporre della registrazione ma ha sempre sostenuto di avere ascoltato il colloquio. Messo alle strette dalla richiesta di danni per 10 milioni di euro e dal martellamento mediatico di Crocetta, venerdì il settimanale ha fatto un passo ulteriore scalfendo la sua riservatezza sulla fonte.

 

Anche se formalmente la tutela sul nome è stata garantita di fatto, la gola profonda è stata svelata agli inquirenti. Sarebbe ora davvero paradossale che la Procura di Palermo si facesse sfuggire l’occasione. A pagina 17 su L’Espresso di venerdì si legge la ricostruzione della nascita dello scoop (o della bufala): “Nel maggio 2015 uno degli investigatori fa ascoltare ai cronisti Piero Messina e Maurizio Zoppi il brano di un audio presentandolo come la dichiarazione di Tutino al governatore Crocetta sulla necessità di far fuori l’assessore Lucia Borsellino... il 2 luglio 2015 alle 13 e 19 la stessa fonte contatta Piero Messina e gli ricorda la vicenda de ll’intercettazione. Gli scandisce parola per parola la frase di Tutino: ‘Lucia Borsellino va fatta fuori come il padre’ e il silenzio di Crocetta inciso nei nastri (…)

 

LUIGI VICINANZALUIGI VICINANZA

lunedì 13 luglio Messina e Zoppi incontrano un autorevole inquirente a cui sottopongono parola per parola il testo dell’intercettazione tra Tutino e Crocetta. Ricevono una conferma totale e chiara insieme all ’invito a procedere con la pubblicazione”. L’Espresso difende l’accuratezza del suo lavoro ma nel contempo offre ai pm tutti gli elementi per chiarire i contorni di questa storia.

 

Il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi deve raccogliere la sfida. Sulla soffiata dell’investigatore a L’Espresso si sono espressi dopo la pubblicazione a caldo il presidente del Senato, il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio. Una Regione stava cambiando rotta per quella frase. I magistrati devono accertare se siamo di fronte a una mera sciatteria giornalistica, a una polpetta avvelenata per il settimanale, a un dossier falso contro il governatore o a una registrazione vera e insabbiata.

Franco Lo Voi   Franco Lo Voi

 

Lo Voi deve richiedere il tabulato del telefonino di Piero Messina, verificare i contatti del 2 luglio e convocare l’investigatore che avrebbe chiamato il giornalista alle 13 e 19. Poi potrà convocare l’inquirente per chiedergli se la telefonata esiste ed eventualmente metterlo a confronto con Messina. In un Paese serio da una storia come questa si esce con una sola verità, a beneficio della famiglia Borsellino, del presidente della Repubblica, del presidente della Sicilia ma soprattutto degli italiani e dei siciliani tutti. Alla Procura ora spetta il compito di trovarla.