DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
1 - «HO DATO 367 MILA EURO A MARRA PERCHÉ TEMEVO PROBLEMI IN COMUNE»
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
Dice che quei soldi consegnati a Raffaele Marra per comprare l' appartamento «erano un prestito». Spiega di essere sicuro «che me li restituirà». Ma quando il giudice gli chiede come mai abbia deciso di dargli ben 367 mila euro, il costruttore Sergio Scarpellini non può negare: «Avevo molte pratiche aperte in Campidoglio e non volevo che lui le giudicasse negativamente. Era un personaggio influente e temevo che se avessi rifiutato ci sarebbero state conseguenze».
E così conferma quello che lo stesso Marra - capo del Personale del Comune di Roma arrestato la scorsa settimana per corruzione - diceva al telefono alla segretaria dell' imprenditore quando chiedeva favori: «Sono a disposizione». Lui ieri ha cercato di minimizzare, riducendo quell'affermazione a «semplici parole di cortesia». Ma la faccia soddisfatta dei magistrati dell'accusa quando lasciano il carcere di Regina Coeli, fa ben comprendere che almeno questo capitolo lo considerano chiuso.
IL COSTRUTTORE CONCUSSO
Corruzione, dunque. Ma non è escluso che alla fine Scarpellini possa essere ritenuto un concusso, costretto dall'ex braccio destro di Virginia Raggi a pagare per avere la garanzia che i suoi affari con il Comune di Roma - e forse anche quelli con la Regione dove Marra lavorava in precedenza - non subissero danno. Lo sperano i suoi legali Massimo Krogh e Remo Pannain quando confermano che «il nostro cliente ha risposto in maniera esaustiva a tutte le domande, chiarendo ogni aspetto della vicenda». E poi annunciano la presentazione dell'istanza di scarcerazione «visto che Scarpellini ha 80 anni ed è malato».
LA «CIMICE» NELLO STUDIO
Difficilmente potrà invece lasciare il carcere Marra. Anche perché la contestazione che ha portato al suo arresto potrebbe essere soltanto la prima. Ieri, nel corso degli interrogatori davanti al giudice, a Scarpellini è stata fatta ascoltare una intercettazione ambientale nel corso della quale discute con la sua segreteria proprio delle modalità «di restituzione del prestito a Marra».
La «cimice» era stata piazzata nel suo studio. Il colloquio è stato registrato nel settembre scorso, ma chissà quante altre conversazioni sono state ascoltate dagli investigatori. E chissà se altre «cimici», sono state posizionate in luoghi diversi, per tenere sotto controllo i protagonisti di questa vicenda.
GLI «OMISSIS» NEGLI ATTI
Di certo c'è che il fascicolo processuale è pieno di pagine coperte da «omissis». Sicuramente era intercettato il telefono di Marra e agli atti ci sono le sue conversazioni con la sindaca di Roma, con Romeo, con gli altri funzionari e assessori della giunta capitolina. Carte che i magistrati al momento hanno deciso di non svelare.
Alcune parti saranno certamente non penalmente rilevanti, ma non è escluso che altri episodi siano tuttora al centro delle verifiche affidate ai carabinieri. Del resto più volte in questi giorni è stato ipotizzato che il potere di Marra derivi da informazioni riservate acquisite sul Movimento 5 Stelle che il funzionario avrebbe potuto utilizzare proprio come strumento di pressione.
Un' eventualità che la stessa Raggi ha ieri negato con decisione: «Non temo né le parole di Marra, né l'esposto di Raineri», l'ex capo di gabinetto dimissionaria a settembre.
I CONTI ESTERI
Marra ha ammesso di avere conti correnti a Malta, ma ha smentito che si tratti di depositi dove sono finiti soldi ottenuti illecitamente, spiegando che sua moglie e suo figlio vivono lì e alcune somme provengono dalla compravendita di barche. Una versione che si era già deciso di approfondire chiedendo alle autorità maltesi le informazioni relative ai flussi finanziari della famiglia, compreso il fratello Catello che risulta aver effettuato svariate movimentazioni.
2 - DI MAIO, DOPPIO VERTICE CON GRILLO E CASALEGGIO MA FICO CONQUISTA IL GRUPPO ALLA CAMERA
Emanuele Buzzi per il “Corriere della Sera”
Lo scacchiere prende pian piano una sua fisionomia. Le truppe pentastellate che si scontrano e prendono posizione. Ieri i deputati alla Camera hanno eletto vicecapogruppo Roberto Fico, che diventerà secondo le regole del Movimento presidente del gruppo tra tre mesi. Di fatto, gli ortodossi hanno imposto il loro leader alla guida dei Cinque Stelle di Montecitorio.
Un passo (elettorale) celebrato dall'ala dei falchi con post e tweet. Un passo che segna la discesa in campo di Fico (che su Facebook ha commentato: «Andiamo avanti per cambiare la cultura di questo Paese, tutti insieme, ognuno con il suo pezzo di responsabilità»), a tutti gli effetti e porta nuovi equilibri. Il gruppo cerca di far sentire il proprio peso a livello parlamentare. I rapporti tra i pragmatici - guidati da Luigi Di Maio - e gli ortodossi rimangono molto tesi, al limite della lacerazione.
ROBERTO FICO E LUIGI DI MAIO SERVONO LE PIZZE
Ma sono all'opera dei «pontieri» che stanno cercando di far placare le acque. Per ora con scarsi risultati. Tuttavia qualcosa, anche a livello politico, si sta muovendo. Secondo quello che filtra dai deputati presenti alla votazione, lo stesso Di Maio - forse in segno di disgelo - ha votato per Fico. Il vicepresidente della Camera negli ultimi due giorni è stato anche al centro di due vertici distinti. Il primo a Milano lunedì con Davide Casaleggio e i principali consiglieri regionali: sul tavolo la questione di un nuovo sistema per le rendicontazioni.
Ieri, poi, il bis a Genova con Beppe Grillo, prima della festa di Natale del Movimento ligure. Facile ipotizzare che nei due incontri siano stati toccati anche gli argomenti di stretta attualità politica dopo giorni convulsi. Possibile anche che i vertici pentastellati abbiano discusso della questione del programma elettorale del Movimento per le Politiche. Casaleggio e Grillo considerano i tavoli di lavoro come una sorta di banco di prova per tastare le abilità dei parlamentari impegnati.
luigi di maio alessandro di battista roberto fico
Il garante e l'imprenditore stanno cercando di ricompattare le fila del Movimento puntando sua visione comune in vista delle elezioni. Una mossa che passa anche dalla valorizzazione di volti nuovi. Intanto i Cinque Stelle iniziano a preparare le contromosse in caso del via libera da parte della maggioranza parlamentare di una legge che loro ipotizzano come «fortemente penalizzante nei confronti del Movimento».
«Se ciò dovesse accadere - raccontano i pentastellati - se Matteo Renzi ci volesse danneggiare in un modo netto con una legge elettorale mirata, allora potremmo prendere in considerazione soluzioni che per ora restano ipotesi molto lontane dalla realtà». L'idea che serpeggia è quella di tastare gli umori della base (anche dopo le sollecitazioni ricevute in queste ultime settimane) e coinvolgere gli attivisti come extrema ratio in una votazione per decidere se aprire i Cinque Stelle alla possibilità di un' alleanza programmatica con qualche forza politica su alcuni punti.
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