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Grazia Longo per "la Stampa"
Chi paga la prigione dorata di Marcello Dell'Utri? La sua fuga a Beirut continua ad essere avvolta nel mistero. Dopo il giallo della latitanza e dell'estradizione, spunta ora fuori l'ennesima questione poco chiara, per non dire scandalosa, a proposito dei costi del suo arresto in regime sanitario. La bellezza di quasi 16 mila dollari, 600 a notte.
È proprio vero che bisogna vedere con i propri occhi, prima di farsi un'idea sensata della realtà . Salendo al quarto piano della clinica privata convenzionata Al Hayat, dove dal 16 aprile scorso l'ex senatore di Forza Italia si trova agli arresti, si scopre innanzitutto che non si tratta del reparto detenuti di un ospedale, bensì della stanza più bella del reparto, quello destinato ai «Vip», come spiega l'infermiera responsabile del piano, seduta ad una scrivania a due passi dai soldati con mitra sulla spalla che piantonano la stanza. Una vera e propria suite, la «first class» della clinica.
E dunque: chi si accolla la spesa della detenzione privilegiata «per problemi di salute» del co-fondatore di Forza Italia? Una fonte giudiziaria libanese esordisce dicendo che è tutto a carico dello Stato del Libano, per poi tentennare ricordando che «qui siamo in bancarotta e quindi in effetti pare strano che un governo fallito possa permettersi di spendere tutto questo denaro per un detenuto che non è suo».
L'articolo 32 del Trattato internazionale tra il Libano e l'Italia per l'estradizione recita infatti che «le spese dell'estradizione sono a carico dello Stato richiedente (l'Italia), mentre lo Stato richiesto (il Libano) non può avanzare pretese sulle spese giudiziarie e della carcerazione».
Sono da annoverare tra queste ultime anche la camera super lusso dove si trova Dell'Utri? Certo per lui sarebbe stato un incubo trovarsi nel carcere di Roumyieh, dove sabato si è consumata una rivolta, con tanto di sparatoria, dei detenuti, 4 mila invece dei 700 previsti. Per l'ex manager di Publitalia molto meglio rimanere nella suite della clinica. T-shirt e pantaloncini bianchi cammina nervosamente.
«Me lo ha ordinato il medico, dice che devo fare power walking perché fa bene alla circolazione e al mio cuore». I libri foderati di blu sul comodino, una confezione di dolcetti al pistacchio sulla poltrona, Dell'Utri prosegue la sua passeggiata nell'ampia stanza congedandoci con un'affermazione tra l'ironico e l'amaro: «So che Berlusconi è addolorato per me, io lo sono per lui, ridotto ai servizi sociali».
Top secret invece il pagamento della camera. La moglie del senatore, Miranda Ratti, alloggia nell'elegante ma discreto Hotel a 4 stelle Sofitel Le Gabriel: arredamento old England e luci soffuse, assai distanti nello stile sfarzoso del lussuoso Phoenicia dove il marito ha alloggiato dall'8 a al 12 aprile, quando è stato arrestato. La signora Dell'Utri, voce vellutata e cortese, non si sbilancia su nulla.
«Mio marito è malato e ha bisogno solo di tranquillità - dice -. La sentenza della Cassazione per lui e per tutti noi è stata una mazzata». Il Sofotel Le Gabriel, nell'elegante quartiere cristiano Ashrafich, è a 10 minuti di auto dalla clinica privata. Lei e i figli Marco e Margherita per ora non vogliono lasciare Beirut.
E Dell'Utri? Quando e come abbandonerà la terra dei cedri? Da un lato l'estradizione sembra lontana: convengono tutti che si tratterà di una scelta politica e con le elezioni fissate al 25 maggio è improbabile che la decisione venga assunta prima. Eppure molti illustri osservatori ministeriali locali fanno notare che il Libano non ha alcun interesse a «rompere i buoni rapporti con l'Italia grazie alla quale ci sono 1100 tra soldati e marinai nel Sud del Paese, che costano 157 milioni di euro l'anno all'erario italiano. Per non parlare dei contratti per imprese libanesi intorno ai 2 miliardi di euro».
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