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Omero Ciai per la Repubblica
Indipendenza oppure elezioni in Catalogna? O magari tutte e due? La settimana di fuoco di Carles Puigdmont, il presidente "ribelle", è iniziata nella più grande incertezza. Il governo secessionista di Barcellona si prepara a resistere con ogni mezzo all' applicazione dell' articolo 155 della Costituzione che voterà venerdì il Senato spagnolo.
La Cup, gli estremisti anticapitalisti, hanno già lanciato l' idea della «disobbedienza civile»; il ministro degli Esteri catalano, Raül Romeva, ha assicurato che i funzionari della Generalitat non eseguiranno nei loro dipartimenti nessun ordine che arriverà da Madrid, mentre il Govern, praticamente barricato nel palazzo di piazza Saint Jaume, studia le mosse dei prossimi giorni.
Per giovedì è stata convocata la seduta del parlamento catalano che venerdì, mentre il Senato a Madrid approva l' applicazione del commissariamento dopo aver ascoltato la difesa di Puigdemont, potrebbe mollare gli ormeggi proclamando l' indipendenza, e forse, subito dopo, anche convocare elezioni anticipate. Che a quel punto però sarebbero elezioni molto diverse da quelle a cui pensano a Madrid. Sarebbero elezioni costituenti della nuova Repubblica catalana.
Tutti scenari che portano verso una battaglia finale molto meno semplice e indolore di quella immaginata da Rajoy quando sabato scorso il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al commissariamento. Anche dalla Moncloa, sede del governo a Madrid, continuano ad arrivare messaggi contraddittori. Ieri in conferenza stampa la vice del premier, Soraya Sáenz de Santamaria, ha nello stesso tempo promesso clemenza nell' applicazione del 155 se Puigdemont eviterà di proclamare l' indipendenza e, immediatamente dopo, spiegato che la sospensione dell' autonomia potrebbe durare ben più dei sei mesi previsti adesso.
La questione complessa da risolvere per il governo di Mariano Rajoy è infatti quella del nuovo voto al quale si dovrà comunque arrivare alla fine del commissariamento. I due alleati di Rajoy in questo critico frangente, Pedro Sánchez (Psoe) e Albert Rivera (Ciudadanos), pretendono che la sospensione dell' autonomia catalana abbia durata minima, non più di tre mesi.
Soraya e Rajoy pensano ad almeno sei, forse di più. Ma alla fine se anche nel nuovo parlamento catalano, come prevedono tutti i sondaggi, i partiti secessionisti (PDeCat, Esquerra e Cup) avranno ancora la maggioranza dei seggi, che cosa si fa? Un guaio che apre altri scenari molto più drammatici per la tenuta democratica del Paese.
Nessuno ha il coraggio di parlarne ma, usando i tribunali, i partiti ribelli potrebbero anche finire fuorilegge, lasciando la metà dei catalani senza rappresentazione parlamentare. Si può fare? Chissà. Ma la possibilità di ritrovarsi alla fine del commissariamento in una situazione politica identica a quella di oggi è l' incubo peggiore per la Moncloa.
Il problema di Mariano Rajoy è che il suo Partito popolare in Catalogna vale appena l' 8,5 per cento dei suffragi.
Assieme a Ciudadanos, l' altro partito unionista, oggi arrivano a 35 seggi, soltanto un quarto di tutto il parlamento catalano. Il resto è un magma in movimento con i socialisti spaccati tra chi approva l' appoggio di Pedro Sánchez a Rajoy e chi lo contesta, e la costola locale di Podemos (Ada Colau) che sta più di là che di qua.
Carles PuigdemontPuigdemont 1PUIGDEMONT
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