CATRICALÀ, CATRICA-QUI - IL PRESIDENTE DELL’ANTITRUST È IN POLE POSITION PER IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO (O PER PRENDERE IL POSTO DEL SUO AMICO GIANNI LETTA), E “IL MANIFESTO” LO GRIGLIA PER LE SUE “POSITION” SUL CONFLITTO DI INTERESSI - DAI DECODER DI PAOLINO BERLUSCONI AGLI APPALTI PUBBLICI DELL’INGEGNER LUNARDI, IL CAPO DELL’AUTHORITY HA DIFESO CONCORRENZA E CONSUMATORI MA NON HA MAI ATTACCATO L’IMPERO DEL BANANA…

A. Fab. per "Il Manifesto"

C'è è un problema. L'unica volta in cui l'Antitrust ha fatto qualche osservazione, inarcato un sopracciglio, sollevato un dubbio sul conflitto di interessi per carità, senza alcuna conseguenza pratica - è stato quando nel 2005 l'Autorità perla concorrenza guidata da Antonio Catricalà ha eccepito sul fatto che un ministro - all'epoca Lucio Stanca - potesse anche sedere nel consiglio di amministrazione di un'università privata. Nello specifico l'Università Bocconi il cui attuale presidente del cda Mario Monti (pronto a lasciare, certo) si appresta a diventare presidente del Consiglio. Chiamando, pare, proprio Catricalà allo sviluppo economico.

Ora, non c'è dubbio che Catricalà non sia un fenomeno in fatto di economia e attività produttive, però è certo che sarebbe una garanzia in fatto di comunicazioni, la magnifica preda che il ministero dello sviluppo nasconde tra le sue competenze. In effetti al custode della trasparenza dei mercati non è parso di scorgere alcun conflitto di interessi al governo negli ultimi sei anni, da quando cioè ha lasciato l'incarico di segretario generale del presidente del Consiglio Berlusconi per assumere quello di controllore indipendente della libera concorrenza.

Sei anni durante i quali i rappresentanti del centrosinistra - non esattamente degli scalmanati in fatto di conflitto di interessi - hanno chiesto più volte all'Antitrust di darsi una mossa, di fare caso a quel signore che da palazzo Chigi dava ogni tanto uno sguardo alle sue faccende private. Ma Catricalà niente, al massimo qualche lamentela sulla legge Frattini. O qualche pratica aperta, ma immediatamente chiusa con motivazioni da antologia.

Per esempio nel 2006 secondo l'Antitrust di Catricalà il fatto che il governo Berlusconi avesse destinato un contributo statale per l'acquisto dei decoder prodotti da Paolo Berlusconi e necessari a rendere visibili le trasmissioni di Mediaset non configurava un caso di conflitto di interessi perché il vantaggio economico della famiglia era stato «verosimilmente contenuto».

Oppure che il ministro Lunardi non aveva agito in conflitto di interessi partecipando alla delibera del Cipe che aveva approvato i lavori della metropolitana di Napoli, anche se i lavori erano finiti alla Rocksoil della famiglia Lunardi. O infine che quando Berlusconi era «sceso in campo» per convincere Fiorello a mollare Sky e passare a Mediaset non aveva fatto nulla di male perché aveva agito non in qualità di presidente del Consiglio.

Con un curriculum del genere, nessuna sorpresa che Berlusconi l'anno scorso abbia cercato di promuovere Catricalà alla guida dell'Autorità dell'energia. Senza riuscirci visto che ormai non controllava più il parlamento. Ma non è detto che adesso, e questa volta davvero senza poter agire più in qualità di primo ministro, possa farcela a mandarlo al governo.

 

ANTONIO CATRICALA GIANNI LETTA TAREK BEN AMMAR ANTONIO CATRICALA - copyright PizziMARIO MONTI PIETRO LUNARDI