DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Fabio Amendolara per “La Verità”
La guida del carrozzone Anas si fa sempre più difficile per il nuovo pilota Edoardo Valente, già numero due della Guardia di finanza che dal dicembre scorso si è piazzato sul sedile di comando della società per azioni che si occupa di infrastrutture stradali e che gestisce la rete di strade statali e autostrade.
Con molte ombre e poche luci. Almeno stando ai risultati degli ultimi anni. E nonostante con la legge di bilancio 2020, che ha istituito un fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese, sia stato stanziato circa 1 miliardo di euro a favore della Spa, che incassa pure, grazie al decreto Rilancio Italia, un contributo fino a un massimo di 350 milioni di euro suddiviso in 25 milioni di euro annui fino al 2034.
Ai maggiori supporti, però, non sono seguiti i corrispondenti investimenti. La situazione lasciata da Claudio Andrea Gemme e dall'amministratore delegato Massimo Simonini nel 2020 ha fatto saltare tutte le previsioni contenute nel contratto di programma che non sono state colmate neppure nell'arco del 2021.
La percentuale di scostamento tra la previsione di produzione per il 2020 e il consuntivo di quello stesso anno è stata un flop, registrando il -50,9%. Il che ha messo in luce quella che in gergo tecnico viene definita «la variazione negativa in termini di investimenti in nuove opere». Insomma, in Anas per due anni non si è battuto un chiodo. O, meglio, lo si è battuto a metà.
Fermi metà dei fondi
Neanche davanti all'evidente fase di stallo, però, gli organi amministrativi e di controllo hanno avuto tentennamenti quando hanno deciso di darsi un ritocchino allo stipendio: il totale dell'emolumento annuo lordo erogato pro quota all'organo amministrativo risulta pari a 434.508 euro, quello dei componenti del Collegio sindacale per l'anno 2020, invece, ammonta a 61.000. In soldoni, i costi sono saliti di 15.000 euro, a decorrere dall'ottobre 2020.
Un particolare nelle scartoffie amministrative che non è passato inosservato alle verifiche della Sezione centrale di controllo della Corte dei conti, che nella sua ultima relazione, depositata il 25 gennaio scorso, ha «evidenziato perplessità, in termini generali, sull'opportunità di determinazioni che, in presenza di perdite in bilancio, comportino aumenti di compenso per gli amministratori e per i vertici dirigenziali delle società pubbliche».
Inoltre, Anas continua a mantenere numeri da Prima Repubblica: al 31 dicembre 2020 la consistenza numerica del personale ammontava a 6.835 dipendenti, per un costo complessivo del personale pari a 431 milioni di euro. Anche in questo caso con un incremento rispetto all'anno precedente che è stato calcolato nel 2,14% in più.
Una delle partecipate e controllate, poi, la Sitaf spa, che si occupa del traforo autostradale del Frejus, si avvia su una strada sdrucciolevole, «oltre ad avere», evidenziano i giudici contabili, «un assetto societario in contrasto con le norme statutarie e con la natura strategica della società, con la maggioranza delle azioni ora in mano a privati (il 66% appartiene al gruppo Gavio, ndr)».
I conti: il bilancio di esercizio approvato il 20 aprile 2021 dall'assemblea si è chiuso con una perdita di 168 milioni di euro ed è riferibile all'aumento dei costi e al risultato negativo della gestione finanziaria. ancora perditeLa gestione di Sitaf sembra essere sfuggita di mano ai vertici di Anas.
Nell'ultima assemblea ordinaria, il 7 aprile 2021, infatti, la partecipata ha eliminato la riserva agli enti pubblici della maggioranza di capitale. L'Anas si è opposta, chiedendo all'organo amministrativo di «procedere a debiti approfondimenti».
Ma la maggioranza ha fatto orecchie da mercante e fregandosene di Anas ha deliberato la convocazione dell'assemblea straordinaria, nel corso della quale sono state approvate le modifiche proposte con il voto contrario della Spa delle strade, che materialmente ha perso Sitaf dal perimetro delle partecipate.
Ma se i conti di Sitaf non tornano, quelli di Anas di certo non splendono. Il patrimonio netto ora ammonta a 2.441.659.516 euro, in riduzione rispetto all'esercizio precedente di oltre 169 milioni.
E nonostante la gestione operativa evidenzi un miglioramento del saldo ricavi-costi rispetto all'anno precedente (che resta positivo per 167 milioni di euro), questo risulta eroso da ammortamenti e svalutazioni per un valore netto di 187 milioni di euro in meno. Inoltre, Anas presenta una perdita di 178.764.091 di euro, peggiore rispetto all'esercizio precedente di oltre 97 milioni.
La causa viene ricondotta al calo dei transiti (e quindi alla riduzione dei canoni di concessione) durante i lockdown disposti per la pandemia. Ma questa è solo una delle note dolenti. Perché è aumentato pure il contenzioso per gare, lavori e concessioni.
Nel 2019 i nuovi giudizi erano 387 (per una richiesta di 907 milioni di euro circa); nel 2020, invece, sono partiti 430 nuovi contenziosi (per 1.773.955.174 euro) con un incremento del 95%.
E resta la questione più spinosa: Anas è stata condannata al risarcimento danni per aver causato il fallimento del gruppo Fidel, poi acquistato da Luxo ltd.
Giungla di processi
Le eccezioni di prescrizioni sollevate dalla società delle strade sono state sempre respinte. E allora Anas ha presentato una querela, dalla quale è scaturito un procedimento penale per truffa aggravata e falso ideologico.
Nel frattempo, però, il 4 febbraio 2021, Luxo ha notificato ad Anas un atto di precetto per recuperare oltre 100 milioni di euro. E il 25 febbraio ha avviato il pignoramento. C'è ancora, incancrenita, infine, la lunghissima questione della Stretto di Messina Spa, controllata da Anas e in liquidazione dal 2012 su disposizione di Mario Monti. Un caso al quale la Corte dei conti ha dedicato ben tre relazioni.
L'ultima delle quali intitolata «La problematica chiusura della liquidazione di Stretto di Messina Spa», nella quale ha ribadito la incredibile incapacità di metterci una pietra sopra. Per lo svolgimento delle attività di liquidazione fu nominato un commissario che avrebbe dovuto concludere le operazioni entro e non oltre un anno dalla nomina.
Si va, invece, verso il decennale. Ovviamente sul tavolo ci sono parecchie questioni aperte, visto che dal 1981, anno di costituzione della società, al 2012, gli oneri sostenuti per lo sviluppo del progetto dell'opera (che non ha mai visto neppure una pietra posata) hanno superato i 300 milioni.
In continuità con gli esercizi precedenti, l'Anas anche nell'ultimo anno ha ridotto le spese per la Stretto di Messina spa, tenendo conto delle attività da portare a termine. Pende un procedimento civile davanti ai giudici del Tribunale di Roma che dovrebbe andare presto in decisione.
La questione, insomma, nel bene o nel male sembra andare verso una soluzione. Ma resta clamoroso che dopo dieci anni dal decretato nulla di fatto la Stretto di Messina spa sia ancora in piedi.
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