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Fabio Cavalera per il "Corriere della Sera"
Quante volte mister Cameron? Forse il premier non se lo aspettava di sentirsi fare questa domanda nel bel mezzo del vertice europeo di Bruxelles. Ma le sue cavalcate su Raisa, la cavalla che Scotland Yard regalò alla scaltra supermanager Rebekah Brooks, la dominatrice delle redazioni targate Murdoch, sta assumendo dimensioni più grandi di quanto Downing Street potesse prevedere: il Daily Telegraph, che pure fiancheggia i conservatori, parla di «horsegate» e timbra la faccenda come scandalo.
Così, nel pieno delle discussioni sulla crisi finanziaria, un Cameron alle strette e preso di petto dai giornalisti inglesi ha dovuto ammettere: sì, è vero, ho montato Raisa e scusatemi se per tre giorni sono stato zitto lasciando scivolare via i sospetti.
D'accordo ma una, o due, o quante volte è andato a spasso con Raisa? Non è mica di poco conto, per l'opinione pubblica inglese, andare e ficcare il naso nelle relazioni private e negli hobby del primo ministro. E una ragione c'è. La catena che parte da un equino e arriva fino alle soglie del palazzo principale della politica è una brutta botta per l'immagine del tory Cameron. C'è da ridere, c'è da piangere. E c'è di che preoccuparsi, pensano i suoi collaboratori.
Raisa, l'unico essere che esce immacolato e senza colpe (forse pure ingannato, vedremo perché) dal marcio che gira attorno al caso, apparteneva a Scotland Yard, quando la nobile istituzione di polizia era ancora gestita dagli amici di Rupert Murdoch, gli affossatori delle inchieste. Poi, tanto per capire quanto fossero stretti i rapporti fra gli investigatori e gli investigati, Scotland Yard pensò di «affidare» la cavalla bianca Raisa alla rossa Rebekah, quella che aveva scalato le poltrone del gruppo Murdoch.
Un gradito presente per la signora, l'imperatrice dei tabloid, affinché se ne dilettasse nella sua splendida casa di campagna dell'Oxfordshire. Tutto possibile ma un po' strano: era il 2008, dello spionaggio telefonico si spifferava (c'erano stati due arresti) ma Scotland Yard insabbiava e di quel quadretto di complicità , di bustarelle ai poliziotti «amici» e di menzogne arroganti, non c'era proprio ombra: cose venute fuori in queste settimane.
Il fatto è che Rebekah e il suo collega Andy Coulson (anche lui ex giornalista della scuderia Murdoch poi assunto dai tory come uomo delle relazioni pubbliche) coltivavano i rapporti con i partiti: con i laburisti che ancora governavano e si trascinavano l'eredità delle affinità elettive fra lo Squalo e Tony Blair ma soprattutto con i conservatori che puntavano al bersaglio grosso di Downing Street. E allora, un giorno, Rebekah invitò a casa sua il leader nascente, l'ex oxoniano David Cameron. E, dopo avergli promesso pieno e incondizionato appoggio, lo piazzò in sella a Raisa per le allegre scampagnate.
Poco male. Ma una volta? Due volte, dieci volte? Al momento Cameron glissa: sì, è vero, sono salito su Raisa. Dicci in quante occasioni, lo incalza la stampa, a partire dal Daily Telegraph e dal Guardian, che da sponde opposte della politica agitano la frusta.
Questione marginale? Di illecito non c'è proprio nulla, per ora. C'è però una sceneggiatura che si va scrivendo con chiarezza: fra i vertici del gruppo Murdoch, ansiosi di coprire le trame, i capi della «insospettabile» Scotland Yard e i rampanti dirigenti dei tory si è sviluppata una lunga frequentazione che i più cattivi catalogano già come complicità per chiudere gli scandali e i più cauti definiscono come una rete di relazioni pericolose da studiare meglio, nulla di penalmente rilevante ma tanto di politicamente censurabile.
Rebekah, Scotland Yard, Downing Street e David Cameron: ecco l'«horsegate», appendice del «tabloidgate», appendice del «Murdochgate». In mezzo c'è Raisa, la cavalla bianca. Poveretta, l'hanno pure beffata: Scotland Yard la pensionò raccomandando di non cavalcarla troppo, data l'età . Ma Rebekah, e c'era da aspettarselo, si comportò da Rebekah, colei a cui tutto era permesso: anche con le bestie.
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