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Chiara Giannini per il Giornale
La rotta libica verso l'Italia, grazie all'impegno del ministro dell'Interno, Marco Minniti e agli accordi col governo di Tripoli, oltre che alle attività attualmente in atto da parte della Guardia costiera di quel Paese e alle unità navali dell'operazione «Mare sicuro», non preoccupa quasi più, ma c'è un nuovo tragitto intrapreso dai migranti che ora desta reale attenzione. É la via che parte dalla Tunisia, terra in cui sono tornati a operare i trafficanti di esseri umani, che hanno capito che se da alcune terre non si può più partire, da altre è ancora possibile farlo.
Il nuovo fenomeno migratorio, che poi di fatto non è altro che un ritorno «in auge» di quella rotta percorsa dai tunisini subito dopo la Primavera araba, a cavallo tra il 2010 e il 2011, viene tenuto costantemente sotto controllo. L'altro ieri sera a Lampedusa sono arrivati circa cento immigrati, ma è solo l'ultimo dei dati che le forze dell'ordine, che si occupano di pattugliare il canale di Sicilia, hanno a disposizione.
Ciò che sorprende è che in arrivo non ci sono più libici o persone provenienti da Paesi in cui si muore di fame o i conflitti costringono alla fuga. Chi prende il mare attraverso quella rotta è tunisino, abitante di una terra in cui ancora sono aperti gli alberghi di Djerba e da cui si parte per altri motivi. Non sono neanche migranti economici, insomma. Cosa certa è che ne sono arrivati nelle aree di Porto Empedocle, Sciacca, Licata, nell'Agrigentino, su barconi di legno di 10-12 metri, che spesso vengono anche abbandonati. In alcuni casi gli occupanti delle imbarcazioni sono riusciti a scendere e far perdere le loro tracce, in altri gli uomini della Guardia di Finanza o della Capitaneria di porto li hanno individuati.
Più a ovest, verso Trapani o Mazzara, gli immigrati sbarcano, invece, da gommoni che portano dalle 20 alle 40 persone alla volta. In alcuni casi, assieme agli esseri umani, sono stati recuperati anche carichi di sigarette o stupefacenti. E il controllo in mare da parte delle forze di polizia è sempre più assiduo proprio per questo motivo. Un contrabbando continuo, di merce che arriva per essere poi destinata al mercato europeo.
Basti pensare alla recente operazione «Scorpion fish», portata avanti dal Gico della Guardia di Finanza di Palermo in sinergia con la compagnia di Marsala. Furono fermate numerose persone in tutto lo Stivale. Un'associazione per delinquere transnazionale che si occupava dei traffici illeciti finalizzati al contrabbando di tabacchi lavorati esteri e del favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Un'attività investigativa molto intensa che portò i suoi frutti, ma che fa capire come, anche grazie ai contatti della malavita tunisina con soggetti italiani, fosse facile condurre azioni di quel tipo. Traffici che, evidentemente, continuano. In quel Paese, infatti, sono numerosi i boss locali che si arricchiscono inviando migranti verso le coste della Sicilia, spesso dietro pagamento di cifre ingenti.
Il fatto è che il fenomeno migratorio che parte dalla Tunisia preoccupa anche perché molte cellule terroristiche, che poi hanno compiuto attentati, erano composte proprio da tunisini. Basti pensare ad Anis Amri, che fece una strage a Berlino e poi fu ucciso da due agenti italiani nel Milanese. Ecco perché si indaga anche per cercare di capire se tra i migranti in arrivo da quella terra ci siano potenziali jihadisti. Ed è grazie al controllo di internet e delle pagine Facebook, su cui liberamente si parla di partenze e arrivi, che spesso si riesce a risalire a chi sbarca in Italia.
I luoghi di origine dei viaggi? Come sempre Sfax, Zarzis, ma anche la parte più a nord di una terra contraddittoria i cui abitanti, spesso, parlano l'italiano prima di arrivare in Italia. Insomma, la nuova rotta per l'utopica Eldorado, insieme a quella che passa per l'Algeria, almeno secondo gli addetti ai lavori, è quella su cui, nei prossimi mesi, il governo avrà più da lavorare.
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