RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
1 - QUIRINALE PREOCCUPATO GOVERNO VERSO LA VERIFICA
Marco Conti per “il Messaggero”
giuseppe conte sergio mattarella 1
Non regge Giuseppe Conte, ed è costretto a piegarsi convocando per oggi un nuovo Consiglio dei ministri nel quale si discuterà del piani e di chi gestirà i miliardi del Next Generation Ue. Non regge più il governo, impantanato su ogni dossier - dal Mes al Recovery fund, passando per Alitalia e Autostrade - con una maggioranza incapace persino di trovare una sintesi sulla legge elettorale, malgrado abbia proceduto - e sostenuto con un referendum - il taglio lineare della rappresentanza parlamentare.
Più che scricchiolii ieri a palazzo Chigi si sono avvertiti gravi segnali di cedimento e una paralisi che la discussione sui dpcm o sul cashback non riesce a nascondere, e che non possono non preoccupare Sergio Mattarella. Il Quirinale da tempo avverte che - visto l'esaurirsi delle formule - l'alternativa all'attuale governo rischia di essere solo il voto. Senza però sottovalutare che il Paese ha necessità di un governo forte e stabile quando si uscirà dalla pandemia e ci sarà da gestire una crisi economica senza precedenti. Occorre quindi un «cambio di passo» che rafforzi il governo. Magari rendendolo ancor più politico con l'ingresso anche di leader ed esponenti di partito in grado di blindare esecutivo e legislatura.
giuseppe conte sergio mattarella
IL TRAVAGLIO
Ma prima di arrivare alla verifica di gennaio - ormai impossibile da evitare anche per Conte - la maggioranza deve passare indenne il voto di domani sulla riforma del Mes, contenendo i supporti esterni. Approvare entro dicembre la legge di Bilancio, e presentare a Bruxelles i piani di spesa e la struttura che gestirà i fondi del Next Generation Ue. Il problema è che la maggioranza è ormai sfilacciata senza più un baricentro e qualcuno in grado di fare sintesi.
Mentre i Cinquestelle sono alle prese con il travagliato voto di domani sulla riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, Italia Viva punta i piedi sulla governance. Non ci sta ad essere tagliato fuori Matteo Renzi e, soprattutto, a lasciare al premier tutto il potere sui 209 miliardi esautorando i ministri e il Parlamento. Iv contesta la cabina di regia - dove siederebbero il premier, un Pd (il ministro Gualtieri) e un M5S (il ministro Patuanelli) - vuole chiarimenti sui poteri dei sei commissari e chiede il coinvolgimento dell'opposizione «visto che si tratta di miliardi che dovranno essere spesi ben oltre l'attuale legislatura».
Anche al Nazareno il testo fatto circolare l'altra notte da palazzo Chigi solleva forti dubbi sulla costituzionalità. Anche perché conferisce ai commissari poteri che verrebbero sottratti non solo ai ministeri ma anche alle amministrazioni regionali, con le potenti strutture burocratiche pronte però a rientrare dalla finestra. La riunione del Consiglio dei ministri, convocata ieri mattina da Conte proprio per discutere e varare il testo, proseguirà oggi dopo essere stata più volte sospesa non solo per la riscontrata positività al Covid della ministra Lamorgese, ma per i ripetuti scontri tra il presidente del Consiglio, che ha provato a tenere duro sulla bozza, e la ministra Bellanova.
giuseppe conte e luigi di maio
La tensione è arrivata ai limiti di guardia quando la titolare del ministero dell'Agricoltura ha detto che non avrebbe mai votato un testo «al buio» e ha bollato come «incostituzionali» le norme, contenute nella bozza, che riguardano la governance e i poteri sostitutivi che dovrebbero essere affidati a sei commissari che verrebbero nominati attingendo dalle strutture manageriali delle società partecipate.
«Una sorta di struttura parallela al governo», la definisce la ministra Elena Bonetti (Iv) «di cui il Parlamento non sa nulla» e che Michele Anzaldi (Iv) definisce «un governo parallelo agli ordini di Conte». «Scenario da golpe», definisce l'azzurro Giorgio Mulè, il racconto che la maggioranza fa del progetto di governance e che spinge palazzo Chigi ad una corposa frenata sull'idea di inserire il piano nella legge di Bilancio. Niente emendamento, quindi, ma approvazione in due fasi se non si troverà un'intesa entro domani.
Varo, entro mercoledì, del decreto contenente i piani di spesa del Next Generation Ue in modo da permettere a Conte di partecipare al Consiglio Ue di giovedì non solo con il Mes ma anche con i piani del Recovery approvati. Più in là - magari quando si farà la verifica di governo e si cambierà forse qualche ministro - la decisione su chi dovrà gestire e garantire la realizzazione delle opere e delle riforme.
2 - IL PREMIER È ACCERCHIATO DAI SUOI TRE (EX) ALLEATI IL QUIRINALE È IN ALLARME
Adalberto Signore per “il Giornale”
Domani, in un modo o nell'altro, Giuseppe Conte scavallerà il passaggio parlamentare sul Mes che, al di là degli allarmismi di questi giorni, necessita di un semplice voto a maggioranza relativa sia alla Camera che al Senato. Questo, però, non significa che il premier riuscirà finalmente ad uscire dalla scomoda posizione in cui si è infilato ormai da settimane: quella di un'impazzita pallina da ping pong. Con Luigi Di Maio, Nicola Zingaretti e Matteo Renzi a palleggiarsela con disinvoltura un giorno per uno. Un logoramento, quello dei tre alleati, che inizia a far sentire il suo peso se anche al Quirinale si affacciano dubbi sulla tenuta del governo di qui ai prossimi mesi.
Scavallata la sessione di bilancio e, magari, rientrata l'emergenza sanitaria - è il ragionamento che rimbalza dai piani alti del Colle - c'è il rischio concreto che un equilibrio così fragile possa rapidamente finire in frantumi. Uno scenario che, con il semestre bianco che si aprirà il prossimo 3 agosto, preoccupa non poco Sergio Mattarella (nel tondo). Non è affatto strano, dunque, che anche il capo dello Stato stia seriamente valutando soluzioni alternative se davvero nei prossimi mesi il logoramento di Conte arrivasse alle estreme conseguenze.
D'altra parte, non c'è giorno in cui Palazzo Chigi non sia sotto l'assedio di uno dei tre leader della maggioranza. Ultimo, ma solo in ordine di tempo, Renzi. Che domenica scorsa ha puntato i piedi sulla gestione dei fondi del Recovery fund. Meno frontale, ma altrettanto sfiancante, l'approccio del Pd. Che, su mandato di Zingaretti, non perde occasione per puntare il dito contro Conte e il suo fare da pattinatore provetto su tutti i dossier in discussione. Dal Recovery al Mes, passando per le riforme. Il segretario dem ha più volte fatto filtrare il suo disappunto verso «la gestione da notaio» del premier.
MATTEO RENZI E GIUSEPPE CONTE COME BUGO E MORGAN
Ancora più sottotraccia Di Maio, che evita di schierarsi apertamente contro Conte. Due anni fa lo sostenne nella corsa a Palazzo Chigi, ma oggi i due non si sopportano quasi più. Al punto, raccontano alla Farnesina, che non si sentono neanche per confrontarsi sui temi caldi di politica estera. Che per un premier e un ministro degli Esteri non è proprio la norma. Non è un caso che dall'entourage di Di Maio filtrino spesso critiche e perplessità su Conte. Tutto, ovviamente, rigorosamente off record. Questa è la fotografia della maggioranza che domani si ritroverà a votare sul Mes.
O, più precisamente, sulle comunicazioni del premier in vista della riunione del Consiglio europeo del 10 dicembre e del Vertice euro del giorno successivo. Riunione, quest' ultima, in cui verrà approvata, appunto, la riforma del Fondo salva Stati. Un passaggio parlamentare che quasi certamente sarà molto meno complicato di come è stato descritto in questi giorni. Intanto, perché sia alla Camera che al Senato è sufficiente la maggioranza relativa, quindi semplicemente che i «sì» superino i «no».
Traguardo facilmente raggiungibile anche a Palazzo Madama, soprattutto considerando i tanti che oggi alzano la voce e magari domani - al momento del voto - si troveranno casualmente in bagno, così da evitare il rischio di una crisi di governo al buio che potrebbe portare in pochi mesi alle urne (e, quindi, a fargli perdere quasi due anni di stipendio da parlamentari della Repubblica).
Non a caso, la risoluzione di maggioranza depositata ieri in Senato mira a essere molto generica e tenere insieme tutto e il suo contrario. Un po' come sarà per l'intervento in Aula di Conte. Che domani passerà indenne il voto sul Mes e, anzi, potrà dire di avercela fatta nonostante i tanti timori della vigilia. Ci si accapiglierà sui numeri, sul fatto che al Senato non si è arrivati alla maggioranza assoluta e sulle divisioni interne al M5s e sull'aiuto di qualche senatore dell'opposizione. Un'altra puntata di quel logoramento di Conte che tanto sta preoccupando Mattarella in queste ore.
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