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FLASH! - OGNI GIORNO, UNA TRUMPATA: NON SI SONO ANCORA SPENTE LE POLEMICHE SULL'IDEA DI COMPRARSI…
Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
La settimana scorsa, spinta dalle domande dei giornalisti che volevano indurla ad attaccare i candidati protezionisti alla Casa Bianca, Donald Trump e Bernie Sanders, Christine Lagarde non si è tirata indietro: «Non entro nelle campagne politiche, ma dico che chi mette in discussione il free trade sbaglia» ha scandito il managing director del Fondo Monetario: «I commerci internazionali portano benessere per tutti e la loro contrazione costa cara soprattutto ai Paesi più poveri che, infatti, stanno già pagando duramente per il rallentamento degli scambi, in atto da tempo».
BILL GATES BEVE ACQUA RICICLATA DAGLI ESCREMENTI
Bill Gates, invece, ieri ha scelto un altro argomento per attaccare a testa bassa, in un’intervista al Financial Times , la retorica protezionista di chi, come Trump e Sanders, vorrebbe costringere le imprese americane che producono all’estero a riportare a casa le loro fabbriche: «Qualcuno dovrà pure ricordare alla gente che gli Stati Uniti sono stati di gran lunga il maggior beneficiario della globalizzazione.
Quali sono i campioni mondiali dell’industria aeronautica, del software, della farmaceutica? Aziende, come Boeing e Microsoft, che vendono a un mercato di 7 miliardi di persone. Vogliamo che servano solo un mercato di 330 milioni di abitanti? Qui si dà per scontato che i consumatori possano scegliere il più conveniente tra una varietà di prodotti provenienti da tutto il mondo».
Quello di Gates sembra lo sfogo di un imprenditore incredulo davanti al cambiamento di umori sull’economia di mercato della politica Usa e del Paese: «Vorrei che la saracinesca del free trade fosse tirata giù per una sola settimana. Penso che, viste le pesanti conseguenze per le nostre imprese, la gente capirebbe subito che opporsi al libero scambio è un tragico errore».
Ma ci sono anche gli sconfitti della globalizzazione, quelli che acclamano Trump. Gates se ne rende conto, riconosce che bisogna aiutarli, ma aggiunge che non si può sfasciare tutto per le difficoltà di alcuni.
Quella del fondatore di Microsoft è una voce forte e non isolata: una settimana fa era stato Mark Zuckerberg a condannare con durezza chi, come Trump, «alimenta paure, chiede di costruire muri, fermare l’immigrazione, eliminare la libertà d’espressione, ridurre gli scambi economici».
In precedenza contro l’ostracismo dei candidati repubblicani — Ted Cruz, oltre allo stesso Trump — nei confronti degli immigrati ispanici, era sceso in campo con un video trasmesso in tutto il Paese, Fwd.us , il Public Interest Group promosso dai campioni della Silicon Valley: Zuckerberg e Gates in prima fila, certo, ma anche altri come il capo di Yahoo!, Marissa Meyer.
ted cruz con estensione peniena
Anche se meno attivi, sono sulla stessa lunghezza d’onda anche altri leader delle tecnologie digitali come Tim Cook di Apple che già si è scontrato con Trump sul criptaggio dei suoi iPhone.
Il miliardario populista, certo uno che non le manda a dire, aveva proposto un mezzo boicottaggio della Apple in caso di suo rifiuto degli ordini della magistratura e aveva chiesto a Gates di bloccare la parte di Internet utilizzata dai terroristi islamici. Quanto alle condanne della Silicon Valley sugli immigrati, Trump le ha liquidate come il tentativo di un pugno di imprenditori di difendere i loro interessi: «È tutta una questione di soldi: vogliono procurarsi lavoro a basso costo».
eric schmidt sergey brin larry page susan wojcicki e marissa meyer
Replica rozza, ma qualcosa di vero c’è: quelle di Fwd.us sono campagne svolte da «advocacy» che operano in regime di esenzione fiscale per diffondere un messaggio politico che ha a che vedere con i diritti civili e le libertà economiche, ma che alla fine sostiene cause che sono anche nell’interesse delle imprese che hanno formato questo gruppo di pressione.
Ma se la disputa sul free trade , ormai, oppone la Silicon Valley a tutti i candidati, visto che anche Hillary Clinton si è alla fine schierata contro i nuovi trattati commerciali negoziati da Obama, lo scontro ideologico a tutto campo è soprattutto con Trump e abbraccia i temi più diversi, dall’istruzione alle vaccinazioni.
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