CIANCIARE DI CIANCIMINO - LA FIGLIA DI SALVO LIMA ESCE DAL SILENZIO E RACCONTA DI UN INCONTRO AVUTO CON ANDREOTTI POCO DOPO L’OMICIDIO DEL PADRE: “MI CHIESE SE C’ENTRASSE VITO CIANCIMINO” - “LA RICOSTRUZIONE UFFICIALE È FALSA. LA MAFIA EMISE UNA CONDANNA DI MORTE, SENZA PERÒ SCRIVERLA. TUTTI POTERONO DIFENDERSI, MIO PADRE NE USCÌ COME UN CRIMINALE” - QUANDO MANCUSO, IL ‘’VENTRILOQUO DI NAPOLITANO’’, SCARICAVA TUTTE LE COLPE SU CIANCIMINO…

1 - ANDREOTTI SUL DELITTO LIMA "C'ENTRA CIANCIMINO?"
Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per il "Fatto quotidiano"

Tra i misteri di Stato lui, il Divo Giulio, non poteva mancare. L'incontro avviene pochi giorni dopo l'omicidio di Salvo Lima, nel marzo del '92. Protagonisti: la figlia Susanna e il senatore Andreotti, faccia a faccia nello studio romano di San Lorenzo in Lucina. Dopo aver salutato la figlia del suo grande elettore siciliano, il senatore a vita le chiede a bruciapelo: "Secondo te c'entra Vito Ciancimino?". A rivelarlo è la stessa Susanna Lima. Come Massimo Ciancimino, erede di uno dei ras democristiani protagonisti degli anni ruggenti di Palermo, anche lei, con l'indagine sulla trattativa mafia-Stato, ora irrompe sulla scena giudiziaria.

Dopo un silenzio durato vent'anni, ha chiesto di essere sentita dai pm che indagano sul dialogo tra Cosa Nostra e le istituzioni ed è stata interrogata nell'aprile scorso. Il verbale, ancora coperto dal segreto, è negli atti depositati nei giorni scorsi dai pm di Palermo che si apprestano a chiedere il rinvio a giudizio di Bernardo Provenzano come mandante del delitto di Mondello.

Ma è sulla base di questa domanda, rimasta senza risposta, che i pm stanno valutando se interrogare il sette volte, ormai ultranovantenne, presidente del Consiglio, che dopo avere tentato di capirne di più sulla morte del suo luogotenente siciliano, ha offerto alla figlia la propria solidarietà. Una domanda a bruciapelo, quella di Andreotti, frutto evidentemente di una convinzione diffusa nella classe politica di allora, quella dell'estrema pericolosità di don Vito, protagonista della trattativa mafia-Stato, già a quei tempi ritenuto, a ragione, assai vicino ai suoi concittadini Riina e Provenzano.

Convinzione confermata recentemente anche da un altro uomo politico di lungo corso, Emanuele Macaluso, ritenuto assai vicino alle posizioni del presidente della Repubblica Napolitano. Il figlio Massimo, però, respinge ogni sospetto: "In quel periodo mio padre aveva ripreso un rapporto con Lima legato ai suoi rapporti con la procura di Palermo, tant‘è vero che quando Mori dice a mio padre: io posso aiutarla con la procura, mio padre gli risponde : guardi che io sono messo meglio di lei. Escludo quindi che mio padre abbia avuto un qualche ruolo nell'omicidio Lima".

Dell'omicidio di suo padre, Susanna Lima non ha mai voluto parlare, e nell'unica intervista rilasciata dieci anni fa, si limitò a dire: "L'omicidio di mio padre e quello di Giovanni Falcone probabilmente hanno un legame, non ancora individuato. Credo che la sentenza di morte sia stata eseguita dalla mafia. Ma Cosa Nostra quella sentenza non l'ha scritta".

La figlia del proconsole andreottiano non ha mai creduto al movente ufficiale dell'omicidio, l'impegno ad "aggiustare il maxi", che non si verificò: "Non credo alla ricostruzione giudiziaria delle ragioni dell'omicidio di mio padre - ha sempre detto - la storia dei presunti impegni non rispettati non ha né capo né coda". Susanna Lima sostiene che non vide mai preoccupato suo padre in quella primavera del '92.

"Mai. E se uno assume un impegno con i mafiosi, gente che non scherza, che spara, quando sa di non averlo mantenuto, non sta certo tranquillo ad aspettare la vendetta. Come si può credere che mio padre s'impegnasse, giocandosi la propria vita, per un fatto altrui?". Una convinzione basata sulla prudenza del padre. "Tre giorni prima dell'agguato - racconta - era a passeggiare di sera, in una stradina isolata di Mondello, con me e mia figlia di due anni: se avesse preso in giro la mafia, mi creda, non lo avrebbe fatto". E allora, perché è stato ucciso?

"Non ho mai smesso di pormi interrogativi. Mi sono formata una personale idea. Sono convinta che la mafia abbia eseguito la sentenza di morte, non credo, però, che l'abbia scritta". Che Lima fosse vicino alla mafia è scritto in una sentenza della Cassazione. "Non ci crederò mai. Quella sentenza è stata funzionale alla definitiva demolizione della cosiddetta Prima Repubblica, alla distruzione della Democrazia cristiana. La realtà è ben diversa. "Mio padre mafioso? Con lui si è compiuta la più vasta opera di disinformazione scientifica dai tempi di Stalin: Andreotti, Mannino, Mancino e altri si sono potuti difendere, e infatti sono stati assolti; lui è divenuto quasi un criminale, pur essendo morto perfettamente incensurato. Ma il tempo, mi creda, è galantuomo".

2 - MACALUSO "VENTRILOQUO DEL COLLE"...
G.L.B. e S.R per il "Fatto quotidiano"

La telefonata è del 29 gennaio 2012, alle 17.04, due generali dei carabinieri, Mario Mori e Mario Redditi, parlano al telefono della presentazione romana del libro Ad alto rischio, scritto da Mori con il giornalista Giovanni Fasanella. "Macaluso è il più grande amico del presidente Napolitano'', dice Redditi, con Mori che replica "sì lo so''. E Redditi: "...con il quale ha condiviso il suo intervento, quindi quando il personaggio dice se quelli si gonfiano perché l'ingiusto ecc. ecc. come dire è un po' il ventriloquo di altri... non so se mi sto spiegando...".

"Si, ma questo lo avevo intuito... questa è la conferma per... l'avevo intuito, poi magari a voce parliamo...'', chiosa Mori. I due interlocutori, secondo la ricostruzione della Procura, si riferiscono alle parole dure pronunciate da Emanuele Macaluso, ex senatore del Pci, vicino a Napolitano, nei confronti della procura di Palermo durante la presentazione di quel libro. "Ho stima del generale Mori e considero il processo che c'è in atto a Palermo una cosa molto grave - ha detto Macaluso - perchè quest'accanimento? La Procura di Palermo... dentro c'è stato di tutto... (mai dire: la procura di Palermo. Quale pezzo della Procura di Palermo?) si è sempre divisa. L'accanimento perché? Credo che c'è qualcosa di più".

Ma non solo. Nel suo intervento Macaluso ricostruisce un pezzo dei rapporti mafia-politica condividendo i dubbi di Andreotti sulle responsabilità di Ciancimino: "Ritengo che la mente politica del gruppo dei corleonesi è stato sempre Ciancimino - sostiene l'ex senatore comunista - quando fu ucciso Mattarella e poi quando fu ucciso La Torre, il giudice Chinnici mi venne a interrogare. Allora ero al Senato, venne Chinnici per chiedermi cosa pensavo di questa cosa qui. E io dissi senza esitazione: il mandante è Ciancimino.

E secondo me, gli omicidi politici, da Reina, Mattarella, La Torre... sono operazioni fatte dai corleonesi, ma la mente, il suggeritore è stato Ciancimino. Era una mente diabolica, una mente contorta''. E qui parte una bacchettata a Mori, che proprio a Ciancimino si era rivolto avviando la trattativa: "L'operazione che ha fatto Mori... forse c'è stata una certa ingenuità nel pensare di ottenere delle cose da Ciancimino, e perché? Pensare di poter ottenere uno come Ciancimino non credo sia stata un'operazione".

 

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