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Alessandro Barbera per "La Stampa"
VLADIMIR PUTIN XI JINPING BY EDOARDO BARALDI
Una lunga lista di richieste ai nuovi padroni dell'Afghanistan e nessun accordo sulla zona protetta per chi vuole lasciare il Paese. L'iniziativa di Gran Bretagna e Francia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite è stata un mezzo fallimento.
Mosca e Pechino - entrambi membri permanenti - stanno alzando il prezzo con il resto della comunità internazionale. Ecco come l'ambasciatore cinese annuncia l'astensione sulla risoluzione di Pechino e Mosca: «La situazione in Afghanistan è cambiata drammaticamente e qualsiasi misura del Consiglio deve puntare a ridurre, non aumentare il conflitto. Purtroppo gli emendamenti presentati insieme alla Russia non sono passati».
In alcuni passaggi la bozza trattata dagli ambasciatori è piuttosto generica. Si chiede «il sostegno dei diritti umani, compresi quelli delle donne, dei bambini e delle minoranze». L'Onu chiede di «rafforzare gli sforzi per fornire assistenza umanitaria» all'Afghanistan e di «permettere un accesso pieno» a tutte le organizzazioni umanitarie.
Il tono si fa severo solo sulla questione terrorismo: il Consiglio di sicurezza «esige dai taleban che il territorio afghano non venga utilizzato per minacciare o attaccare alcun Paese, per ospitare o addestrare terroristi, per pianificare o finanziare atti terroristici».
il discorso di emmanuel macron dopo la caduta di kabul
Nella risoluzione non c'è invece alcun riferimento alla «safe zone» annunciata da Emmanuel Macron domenica. Il Consiglio chiede «la rapida e sicura riapertura dell'aeroporto di Kabul» e che i talebani aderiscano agli impegni presi «affinché gli afghani possano uscire dal Paese in qualunque momento».
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non sembrava granché convinto della proposta francese: «Non possiamo fare corridoi umanitari dall'Afghanistan perché dovremmo dare le liste delle persone ai taleban». Semmai dobbiamo lavorare «per permettere le evacuazioni nei Paesi vicini, in Pakistan, Iran, Uzbekistan, Tagikistan».
Ieri notte è partito l'ultimo aereo militare americano, eppure dentro i confini dell'Afghanistan restano migliaia fra occidentali e collaboratori afghani. I taleban sembrano intenzionati a evitare l'isolamento internazionale, ma di qui in poi tutto dipenderà dall'atteggiamento di Pechino e di Mosca verso i taleban e l'Occidente.
luigi di maio e la crisi in afghanistan meme 4
La proposta di «safe zone» all'aeroporto di Kabul fatta da Macron prevedeva di affidare la gestione dello scalo a Turchia e Qatar. Mosca aveva condizionato il sì a due condizioni, entrambe indigeste a Washington e agli altri alleati occidentali, a partire dall'Italia.
La prima: riattivare gli aiuti congelati da Fondo monetario, Banca mondiale e Federal Reserve. Spiegava ieri l'inviato russo per l'Afghanistan Zamir Kabulov: «Se i nostri colleghi occidentali hanno a cuore il futuro del popolo afghano non dovrebbero creare ulteriori problemi».
La sola Federal Reserve, di fatto la cassaforte della banca centrale afghana negli ultimi vent' anni, controlla l'80 per cento delle riserve monetarie.
La seconda condizione russa è invece più politica: lanciare una conferenza internazionale sull'Afghanistan a cui invitare tutti i Paesi confinanti, ovvero le tre repubbliche ex sovietiche (Tagikistan, Uzbekistan e Turkmenistan), il Pakistan e l'Iran.
Qui c'è un problema per Washington, che negli anni della presidenza Trump ha rotto ogni rapporto con Teheran, e sancirebbe la fine dell'iniziativa italiana per convocare un G20 straordinario a settembre.
persone in fila davanti alle banche a kabul
La proposta di Mario Draghi è sempre più in bilico. Nei contatti diplomatici di questi giorni Palazzo Chigi ha fatto sapere di essere disponibile ad allargare il tavolo a qualche membro non permanente dell'organismo come il Pakistan, ma non può spingersi fino a invitare il regime degli ayatollah.
Washington, dopo aver fatto irritare pressoché tutti, ora ha ripreso l'iniziativa diplomatica. Il segretario di Stato Antony Blinken ha già convocato una riunione coi colleghi del G7 allargata a Turchia e Qatar. Col passare dei giorni l'emirato emerge come il migliore ponte coi taleban: non è un caso se l'inviato italiano per l'Afghanistan si è sistemato nell'ambasciata di Doha.
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