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Gianni Barbacetto per "il Fatto Quotidiano"
Non li ha voluti neanche la banca (africana), i soldi che la Lega voleva far fruttare in Tanzania. Li ha tenuti per circa un mese su un suo conto e poi li ha restituiti al mittente. Lo dichiara, interrogato dai magistrati, Paolo Scala, consulente finanziario con residenza a Cipro incaricato dell'operazione Tanzania.
La banca è la Fbme Bank Ltd, nata come succursale della Federal Bank of Lebanon Sal, con sede a Cipro fin dal 1982. Nel 1986 stabilisce la sua sede legale alle isole Cayman e la trasferisce in Tanzania nel 2003. Non proprio un istituto di chiaro prestigio internazionale, dunque, assente dalle piazze finanziarie più blasonate. Eppure anche la Fbme Bank, almeno a quanto racconta Scala, non se l'è sentita di investire i soldi che arrivavano dalla Lega.
La vicenda inizia nel 2011, quando il cassiere del Carroccio Francesco Belsito (indagato a Milano, Napoli e Reggio Calabria per appropriazione indebita, truffa aggravata e riciclaggio) preleva dal conto del Carroccio presso la Banca Aletti di Genova 5.700.000 euro. Per farlo - come conferma anche la segretaria amministrativa del partito Nadia Dagrada - trucca un verbale del Consiglio federale della Lega, che fissa a 150 mila euro il limite massimo per cui il tesoriere può operare con firma singola, senza l'avvallo del comitato amministrativo del partito (formato da Roberto Castelli e Piergiorgio Stiffoni).
Dopo l'abbondante prelievo, Belsito affida i soldi all'imprenditore veneto Stefano Bonet, detto "lo Sciampato", che a sua volta coinvolge il "tecnico" Paolo Scala (Bonet e Scala sono indagati insieme a Belsito nella medesima inchiesta). Dei denari arrivati da Banca Aletti, 1,2 milioni di euro vengono investiti in un fondo cipriota. Gli altri 4,5 sono versati sulla filiale di Cipro della Fbme Bank con sede in Tanzania.
Quando però, a gennaio 2012, l'operazione viene raccontata da un articolo del Secolo XIX, il meccanismo finanziario s'inceppa. Dal fondo cipriota vengono subito riportati in Italia 850 mila euro. E la banca africana, rilevando forse carenze nella trasparenza della transazione, o più probabilmente preoccupata per il clamore mediatico che l'operazione ha avuto in Italia, la blocca. I 4,5 milioni sono congelati a Cipro per qualche settimane e poi tornano in Italia, alla casella di partenza: la Banca Aletti di Genova.
Intanto l'inchiesta sugli usi impropri dei fondi della Lega prosegue. Non soltanto a Napoli, Milano e Reggio Calabria. Ora hanno aperto fascicoli d'indagine anche le procure di Genova e di Bologna.
A Milano, presso la caserma della Guardia di finanza di via Fabio Filzi è stato interrogato ieri dai magistrati Alessandro Marmello, l'autista di Renzo Bossi. Ha confermato quanto dichiarato al settimanale Oggi e cioè di aver fatto da "bancomat" del "Trota": di aver insomma gestito la cassa in contanti dei soldi di partito per le spese quotidiane di Renzo Bossi. In genere mille euro al mese, utilizzati dal figlio del leader del Carroccio anche per pranzi, cene, carburante e altre spese per l'auto, come il lavaggio.
Lo stesso comportamento avrebbero tenuto i suoi predecessori, ha spiegato Marmello, aggiungendo che per Renzo Bossi non era stato fissato un tetto massimo di spesa.
Il procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati ha comunque dichiarato che non ci sono, "allo stato degli atti", altri indagati. Le tre procure che hanno finora compiuto atti comuni d'indagine (Napoli, Reggio Calabria, Milano) come perquisizioni, sequestri e interrogatori, ora analizzeranno il materiale sequestrato, tra cui alcuni computer, e poi decideranno se iscrivere nel registro degli indagati altre persone, oltre alle tre (Belsito, Bonet, Scala) fin qui coinvolte. "Le iscrizioni si fanno quando sono dovute", ha detto Bruti. "Del resto, non parlerei mai di un'iscrizione secretata".
FRANCESCO BELSITO NADIA DAGRADA RESPONSABILE GADGET DELLA LEGA NORDSTEFANO BONETRENZO BOSSI CON LA MAGLIETTA DEL TROTAAlessandro Marmello ex autista Renzo Bossiedmondo_bruti_liberati
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