DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
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Ha ragione Michele Santoro: “Non credo che la maggioranza degli italiani abbia capito perché si è aperta questa crisi”. Del resto, nemmeno un Conte sotto Lsd, quando armeggiava armato di inceneritore e staccava la spina al governo sul decreto Aiuti, poteva immaginare l’uscita di Draghi da Palazzo Chigi.
Lo stesso Letta, il giorno prima della caduta, annunciava soddisfatto alla stampa, dopo un colloquio con l’avvocato appulo, “Domani sarà una bella giornata”. (A far cambiare idea a Conte di votare la fiducia a Draghi ci pensarono il giorno dopo i “tavernisti” con Travaglio e Casalino, complice la latitanza di Fico – e Grillo ieri si è vendicato e li ha fatti tutti fuori).
silvio berlusconi licia ronzulli marta fascina a napoli
Del resto, l’alzata di scudi della Pochette col ciuffo sul decreto Aiuti & inceneritore romano era soprattutto una plastica mossa muscolare rivolta a ricompattare un Movimento alla deriva, smanioso di avere alla guida un politico-combattente come Di Battista. Ma da Grillo alla Meloni, la sopravvivenza dell’esecutivo Draghi non era messa in discussione, visto che in autunno c’era da trovare la quadra alla rogna delle rogne, la legge di Bilancio, detta la Finanziaria.
silvio berlusconi bacia marta fascina
Quella che Padellaro, bontà sua, chiama “ingenuità di Conte”, anziché coglioneria politica, si è poi coniugata con l’insipienza politica di Draghi e dei suoi raffazzonati consigliori (dal trombonismo di Giavazzi ai magheggismo di Funiciello), col risultato di aprire nuovi orizzonti di futura gloria alla triade Salvini-Ronzulli-Fascina.
Al di là delle inesistenti pressioni russe sulla Lega per affondare Draghi, nei giorni cruciali del duello Conte-Draghi il Capitone viene trafitto da un’analisi politica di Licia Ronzulli, poi supportata dal “suocero”, Denis Verdini: ma sei così certo di rimanere a capo della Lega fino al maggio 2023, data ipotizzata da Mattarella per il voto politico?
GIUSEPPE CONTE E LA DEPOSIZIONE DI DRAGHI - BY EDOARDO BARALDI
Alla eterna fronda interna dei governatori Zaia-Fedriga-Fontana e di quell’anima pia di Giorgetti, occorre aggiungere l’insofferenza dei fedelissimi salviniani nei confronti dei governatori e infine l’alzata di testa di Letizia Moratti, cara alla Meloni, sulla corsa alla presidenza della Regione Lombardia.
E qui entra in campo il vocione di Verdini padre, che in sostanza conferma il pensiero della Ronzulli: “Vai al voto! Non ci arrivi a maggio 2023. Hai l’ultima possibilità di fare le liste elettorali candidando amici fidatissimi”.
Ok, messaggio ricevuto, bofonchia Salvini. Ora c’è però da convincere Silvio Berlusconi, quel pregiudicato di 86 anni che lo scorso settembre, intervistato da Massimo Giannini, aveva drigrignato la dentiera: “Senta, siamo sinceri: ma se Draghi va a fare il presidente della Repubblica poi a chi dà l’incarico di fare il nuovo governo? A Salvini? Alla Meloni? Ma dai, non scherziamo”.
NICCOLO GHEDINI LICIA RONZULLI MATTEO SALVINI
Quella sentenza si è poi trasformata in battuta grazie al tenace lavoro ai fianchi della triade Salvini-Ronzulli-Fascina che gli hanno fatto credere, nei suoi rari momenti di lucidità e controllandolo h24 affinché non cambiasse idea, che era la sua ultima chance, salirai sullo scranno più alto del Senato, diventerai seconda carica dello Stato! Silvio, dopo la cacciata dal parlamento con la legge Severino, l’umiliazione di processi a ripetizione e il disonore di finire ai servizi sociali, il ritorno sarà la tua vendetta, rivincita, rivalsa contro i comunisti! E poi giù a squadernare i sondaggi che incoronavano la Meloni: ora o mai più! (Anche qui entra in ballo la possibilità di candidare i fedelissimi cari alla Ronzulli-Fascina e al maggiordamo Tajani).
ANTONIO TAJANI - SILVIO BERLUSCONI - MARTA FASCINA
Il Banana assediato si convince, le telefonate della figlia Marina e i consigli di Gianni Letta rimangono lettera morta e Salvini spedisce il leghista Molinari in aula a tuonare “O il rimpasto o morte”. Un Draghi-bis che imponeva a SuperMario di far fuori gli odiatissimi Lamorgese e Speranza. Ovvio che un altro governo non si poteva fare a tre mesi dalla Finanziaria e a sei mesi dal voto.
Draghi gira i tacchi e la triade Salvini-Ronzulli-Fascina si mette in moto per dimostrare che sono i più antifascisti d’Italia, isole comprese: non c’è nessuno, nemmeno Berizzi e la Aspesi messi insieme, che detesta di più la Meloni, quella che il Capitone nomignola beffardamente “la Rita Pavone”.
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