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Annalena Benini per "Il Foglio"
A nessuno interessano le storie in cui va tutto bene, i protagonisti sono fortunati dall'inizio alla fine e vivono per sempre felici e contenti. Servono il dolore, l'inciampo, l'ostacolo, il vizio, l'ingiustizia. O tutte queste cose insieme. Serve il romanzo, e il romanzo di una vita raccontato in prima persona attraverso una confessione sofferta è quasi sempre irresistibile.
Martedì il New York Times aveva in apertura la confessione di Angelina Jolie sulla mastectomia bilaterale a cui si è sottoposta per non sviluppare il cancro al seno, e questo racconto, che ha sconvolto il mondo, ne ha oscurato un altro: come ha scritto Maureen Dowd, editorialista del Nyt, martedì scorso piovevano confessioni, e Christine Quinn, deputato democratico, portavoce del New York City Council e candidata sindaco nella successione a Michael Bloomberg, aveva deciso di raccontare la sua battaglia contro la bulimia e l'alcolismo.
Prima che gliela rinfacciassero gli avversari (ma se l'avversario nella corsa a sindaco di New York fosse, come è possibile, Anthony Weiner, famoso per quelle mutande grigie rigonfie di eccitazione mostrate ai follower su Twitter due anni fa, la campagna elettorale diventerebbe la grande guerra delle confessioni), e anche prima che qualcuno potesse annoiarsi per la vita perfetta di Christine Quinn, apertamente omosessuale, sposata dallo scorso maggio con la sua compagna, un'avvocatessa del New Jersey.
Ha detto che quel matrimonio è stato l'ultima tessera di un puzzle che da troppo tempo doveva ricomporre, ha scritto un libro di memorie che uscirà fra poco (il titolo è "Con pazienza e forza") e ha regalato il suo dolore a tutti, anche e soprattutto agli elettori, trasformandolo in un racconto edificante, qualcosa da cui prendere esempio e a cui appassionarsi. Ha raccontato che sua madre era malata di cancro al seno e lei, la figlia più piccola, la accudiva.
Lei si sentiva responsabile di quella malattia, che scoprì soltanto in terza media attraverso la gaffe di una suora, che a scuola disse a un compagno di essere più gentile con Christine, perché sua madre aveva il cancro. Christine era convinta che la lunga cicatrice che correva dal petto di sua madre e arrivava fino alla gola fosse, come le avevano detto i genitori, la conseguenza di un'infezione a un dente. Da quel momento si convinse, senza saperlo, che la colpa di quella malattia che stava divorando la mamma era sua, perché non era abbastanza bella, magra e brava a scuola.
Cominciò a nascondere i dolci in camera da letto, vaschette di gelato e muffin di mais, e a divorarli in un attimo, per poi vomitare tutto. "Per un breve momento, provi una specie di sollievo per avere buttato fuori di te le cose che ti fanno stare male". Poi cominciò a bere. La mattina svegliava la madre, la lavava, le preparava la colazione, le dava le medicine, si occupava della nonna e del padre, preparava la cena, aveva sedici anni e la notte si ubriacava. Così anche al college, dove era metà farfalla socievole e metà ragazza disperata, bulimica ubriaca, innamorata segretamente di una compagna.
A ventisei anni ha ammesso di stare male ed è entrata in un rehab, ha smesso di vomitare e di bere, e oggi si definisce, piangendo, "una ex bulimica e un'alcolizzata", e dice che questa rivelazione non ha niente di politico e che non avrà alcun effetto sulla sua corsa a sindaco. Perché confessare i propri dolorosi segreti al mondo non significa diventare, per sempre, sinceri su tutto
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