DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Davide Carlucci e Sandro De Riccardis per "la Repubblica"
Chiamarle cene o pranzi è riduttivo: il conto pagato alla fine da Pierangelo Daccò poteva arrivare a più di 15mila euro, come avviene il 26 agosto del 2008 al ristorante "Lo Squero" di Rimini. Intorno alle grandi tavolate organizzate in occasione dei meeting di Comunione e Liberazione, sedevano grand commis della sanità lombarda: manager, primari, dirigenti sanitari, baroni della Medicina, imprenditori del settore.
E al centro c'era il governatore lombardo Roberto Formigoni. Che secondo i pm impegnati nell'inchiesta sui 70 milioni di euro distratti dalle casse della clinica Maugeri, non era un invitato come gli altri. L'ipotesi, anzi, è che a fare gli inviti fosse proprio lui. E che in realtà quegli incontri conviviali non fossero altro che cene elettorali. E che quindi rappresentassero, in forma mascherata, una sorta di finanziamento alla corrente che sostiene il governatore.
Lo scenario prende forma dopo gli ultimi interrogatori davanti ai pm Francesco Greco, Antonio Pastore e Laura Pedio. Delle cene hanno parlato sia i due manager della Maugeri - il direttore amministrativo Costantino Passerino e il suo fedelissimo Gianfranco Mozzali - che lo stesso Daccò, interrogato per la terza volta sabato (l'ennesimo ricorso del suo avvocato, Gian Piero Biancolella, per farlo uscire dal carcere è stato respinto dalla Cassazione).
Tra i professionisti della sanità lombarda invitati, infatti, c'erano proprio Passerino e Mozzali, quest'ultimo in rappresentanza del primo. «Il rapporto tra Daccò e Mozzali non si esaurisce in un mero rapporto professionale - si legge nell'ultima informativa della
Guardia di finanza - Risulta che Daccò abbia pagato in almeno un'occasione il pernottamento di Mozzali a un meeting di Cl a Rimini».
Lo stesso Mozzali ha confermato: ogni anno, fino al 2009, era quasi costretto dal suo capo a presenziare a quei convivi. Perché - e a che titolo - il manager di un'azienda della sanità privata che ha il cuore dei suoi affari in Lombardia aveva un posto riservato alla festa di un movimento religioso? La domanda ha un suo peso soprattutto se si considerano i costi
di quelle serate.
Dall'analisi delle carte di credito depositate nell'inchiesta emerge che Daccò - a sua volta retribuito dalla Maugeri e dal San Raffaele - ha sborsato 60mila euro per le cene con i discepoli di don Giussani. Somme che si aggiungono a tutti gli altri costosissimi versamenti pagati per saldare i conti dei ristoranti milanesi dove Daccò riuniva intorno a sé, prima delle vacanze natalizie, i maggiorenti della sanità lombarda, dirigenti della Regione e lo stesso Formigoni.
«Cene che organizzo per le mie pubbliche relazioni», le ha definite Daccò. Contatti di importanza vitale per i vertici della Maugeri, a cominciare dal presidente Umberto, al quale un collaboratore dell'ex direttore generale della sanità , il ciellino Francesco Beretta, aveva spiegato quale fosse il percorso da seguire per ottenere i finanziamenti: bisognava passare da Antonio Simone, l'altro facilitatore insieme a Daccò, nonché socio di Antonio Intiglietta, presidente in Lombardia della Compagnia delle Opere.
A una delle cene, il 5 dicembre 2008, partecipa con Daccò anche Mario Cal, il vicepresidente del San Raffaele morto suicida a luglio. Il particolare emerge dalle agende del braccio destro di don Verzé. Gli incontri tra i due erano frequentissimi ed avvenivano anche in Regione o alla presenza di un altro fedelissimo di Formigoni, l'ex assessore regionale alla Cultura Massimo Buscemi, genero di Daccò. Relazioni che per gli investigatori proverebbero che il ruolo di Daccò andava ben oltre la semplice attività di lobby: il faccendiere era, in quest'ottica, il tramite con cui il San Raffaele e la fondazione Maugeri alimentavano il sistema di potere formigoniano.
IL POLLICE VERSO DI ROBERTO FORMIGONI LOGO FONDAZIONE MAUGERIROBERTO FORMIGONI FONDAZIONE MAUGERI bmpCUPOLA DELL'OSPEDALE SAN RAFFAELEDon Verze
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