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DAGOREPORT – QUANTO DURERA' LA STRATEGIA DEL SILENZIO DI GIORGIA MELONI? SI PRESENTERÀ IN AULA PER…
1.L’IRA DI SILVIO DOPO LA VALANGA: “MI VOGLIONO FARE FUORI”
Ilario Lombardo per “la Stampa”
Silvio Berlusconi osserva la valanga arrivare seduto nel quartier generale romano di Palazzo Grazioli. È lì, chiuso nel bunker che dà libero sfogo alla sua rabbia, circondato da legali, parenti e amici. Sono giorni funesti. Una dopo l’altra, le inchieste che lo assillano sono tornate sui giornali e in televisione. Prima i particolari, rivelati nei dettagli più intimi, del Bunga bunga secondo la versione dell’olgettina Iris Berardi. Poi la sentenza, attesa, da Napoli, sulla compravendita dei senatori. Infine, domani, la convocazione coatta a Bari, come testimone del processo sulle escort.
Berlusconi è «sdegnato», racconta chi è riuscito a sentirlo, ha accolto con «disgusto» la decisione dei giudici partenopei che lo condannano a tre anni. Il vocabolario della reazione è lo stesso di sempre. Un altro colpo, sostiene l’ex Cav in una nota, frutto della «persecuzione giudiziaria scatenata contro di me per cercare di ledere la mia immagine».
silvio berlusconi e il fumo dalla testa
Uno sfogo che era già contenuto nella memoria consegnata alla Giunta delle autorizzazioni della Camera che ieri avrebbe dovuto ascoltarlo per valutare l’istanza di insindacabilità con la quale l’ex premier chiedeva al Parlamento di dichiarare, ex art. 68, gli atti oggetto del processo coperti da immunità parlamentare. Istanza poi ritirata per la netta avversione di Pd e M5S che avrebbero sicuramente votato per respingerla.
Berlusconi ripiomba così in un senso di assedio, difeso dai parlamentari di Forza Italia che parlano di «sentenza scandalosa». «Mi vogliono fuori da tutto, perché sanno che potrei vincere ancora» attacca Berlusconi. In realtà, la prescrizione, prevista per novembre, annullerà, di fatto, gli effetti concreti della condanna. Nonostante questa prospettiva, l’avvocato Niccolò Ghedini comunica la volontà dell’ex Cavaliere di ricorrere in appello.
Ma al di là dello sfregio alla propria immagine, che sente di aver subito con una pesante condanna che non riguarda le sue aziende o la sua privacy, ma la sua azione politica, l’inchiesta che davvero preoccupa Berlusconi non arriva da Napoli, bensì da Milano, dalla procura che è tornata a insistere sulle «cene eleganti».
L’ipotesi alla base del cosiddetto Ruby-ter è la corruzione di testimoni. Milioni versati alle ragazze che lo tormentavano e lo avrebbero ricattato. Il leader di Forza Italia è convinto che i magistrati «faranno di tutto per non farsi sfuggire l’occasione di condannarmi questa volta», dopo non avercela fatta con il filone principale dell’inchiesta. Mentre le carte non risparmiano alla sua immagine le rivelazioni più intime, l’ex Cavaliere osserva le mosse dei pm e studia le prossime mosse per allontanare un’altra sentenza che decreterebbe una fine politica senza sconti.
2. PRODI: SAREI ANCORA PREMIER
Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
Romano Prodi risponde al telefono dopo pochi squilli. E naturalmente è già informato della sentenza del Tribunale di Napoli, che ha appena condannato Silvio Berlusconi a tre anni per corruzione nel processo per la compravendita dei senatori. «Sì, ho visto. Mi conceda questa battuta: se l’avessi saputo, forse sarei ancora premier». Il Professore, però, ha deciso di non costituirsi parte lesa. Per una sola ragione, che non nasconde: è stata lesa la democrazia, non la sua persona.
Finalmente una prima verità giudiziaria, presidente. Tornando con la memoria a quei mesi, è sorpreso?
«Senta, allora si sentivano solo delle gran voci. Continue. Il problema è che non c’era nulla di preciso».
Sarebbe cambiato qualcosa ?
«Forse che sarei ancora a Palazzo Chigi?».
Ma in quei giorni così convulsi, dopo i primi rumors sulla cosiddetta “Operazione liberà” portata avanti dall’allora leader dell’opposizione Berlusconi, voi non siete intervenuti. Perché non fu adottata nessuna contromisura?
«Ma le ripeto, si sentivano solo delle gran voci. Come fai a reagire? Sì, si dicevano cose, ma le ripeto quanto detto ai magistrati: quando uno non sa nulla di concreto, si può agire in qualche modo? Non si può».
Insomma, una situazione poco chiara.
«Nulla di indicativo sui nomi, solo un continuo bru-bru-bru (come a riportare un continuo e indistinto rumore di fondo, ndr)».
Resta un problema, Professore: il processo rischia di spegnersi prima di una sentenza definitiva. Per lei sarebbe la beffa, dopo il danno?
«Non so se è così, non sono un magistrato. Ho sentito che c’è il rischio della prescrizione. Se devo dirle la verità, non ho capito perché. E comunque…».
Dica.
(Ride di gusto, azzarda un accento campano) «E comunque non è il mio mestiere, dottò…».
Presidente, c’è anche da dire che alla fine quel suo governo cadde - era l’inizio del 2008 - a causa della scelta dell’Udeur di Clemente Mastella.
«Non commento questa cosa. Basta quello che ho già detto. E poi è roba passata…».
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