DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Carlo Bertini per la Stampa
«Orlando e Draghi stanno costruendo una soluzione equilibrata: un sistema che sanziona gli abusi è un sistema che gli investimenti li attira». Enrico Letta non l'ha presa bene, anzi si può dire che l'intemerata del leader di Confindustria contro il «suo» ministro del Lavoro, non gli sia andata proprio giù. E quando nei suoi conversari nomina Orlando e Draghi, il leader del Pd lascia intendere che chi attacca il ministro, attacca il governo e anche il premier, perché tra i due c'è piena sintonia.
Gli imbarazzi grillini Per carità, Letta sta ben attento a evitare un frontale con gli industriali, specie un ex premier come lui non se lo può proprio permettere. Ma nella sua veste di segretario del Pd, prende le distanze e lancia un appello all'unità: «Come nel momento più buio del lockdown, è il momento dell'unità. L'unica strada per la ripresa è sentirsi tutti dalla stessa parte, imprese, sindacato, politica e governo».
E se dal Nazareno si ribadisce dunque il pieno sostegno ad Orlando, ministri e dirigenti dem non hanno gradito il silenzio dei 5stelle, che non hanno fatto scudo neanche alla loro Alessandra Todde, viceministra del Mise, che segue il dossier con Orlando, presa di mira da Bonomi. I grillini tendono a spiegare questo silenzio nei confronti della viceministra, peraltro vicina a Conte, con il fatto che la nuova virata di un movimento attento al tessuto produttivo, che deve ripartire dal nord e dalle imprese, scoraggia prese di distanze da Confindustria.
Ma a quanto filtra, anche la Todde si sarebbe aspettata non certo una polemica, ma qualcosa di simile alle difese del Pd, una pacata smentita che vi sia intento punitivo da parte del governo nel mettere a punto questo provvedimento. Evitare che le imprese partano I due ministeri stanno lavorando in tandem su una misura che protegga i lavoratori dalle delocalizzazioni.
Ma senza mettere in campo operazioni punitive. «Vogliamo far sì che le imprese non se ne vadano, ovvero che ci sia un rapporto con i territori di maggiore fiducia e responsabilità sociale - spiega Letta - In tutti i grandi Paesi europei stanno facendo così, perché il rapporto dell'impresa con il territorio deve essere più forte e intenso soprattutto ora che arrivano tanti fondi del Pnrr».
Dal dicastero di Orlando fanno sapere che la limatura del "decreto delocalizzazioni" è in corso e lo scopo è «la responsabilità sociale d'impresa, nessuna logica punitiva, ma certo ci sarà un disincentivo a comportamenti lesivi della dignità del lavoratore, come i licenziamenti in un'ora via whatsapp». Insomma quello che Draghi e Orlando stanno cercando di impostare «è un lavoro per essere più attrattivi in modo che le imprese non se ne vadano dall'Italia».
Dubbi di renziani e azzurri Sul "come" essere più attrattivi certo ci sarà da discutere, già nelle forze di maggioranza si levano voci dissonanti. Come quella del presidente della commissione Finanze della Camera, Luigi Marattin, che vuole vederci chiaro. «Noi pensiamo che per evitare le delocalizzazioni occorra migliorare le condizioni di competitività dei territori: riducendo la pressione fiscale, migliorando i servizi alle imprese, fornendo capitale umano di qualità, favorendo la costruzione di filiere industriali». Anche Forza Italia è guardinga e tutto fa pensare che il percorso di questo provvedimento in Parlamento non sarà indolore.
«C'è bisogno di creare un complesso di regole che tutelino i lavoratori e non permettano che essi siano licenziati via WhatsApp», ammette l'altro viceministro allo Sviluppo economico, Giliberto Pichetto di Forza Itralia. «Sulle delocalizzazioni serve un piano complessivo: non possiamo permetterci norme punitive nei confronti delle aziende e l'obiettivo non è creare loro limiti col rischio di soffocarle. Forza Italia valuterà attentamente il testo predisposto dal Ministero del Lavoro per le successive ed eventuali richieste di miglioramento».
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