DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
Altre buste piene di contanti, altre «mazzette» ritrovate a casa degli indagati. E così dopo la decisione negativa per l’alto funzionario delle Infrastrutture Ercole Incalza, arriva il «no» del giudice di Firenze anche alla scarcerazione del manager Stefano Perotti, entrambi finiti in cella con l’accusa di corruzione, concussione e turbativa d’asta.
Al centro dell’inchiesta della procura di Firenze rimane la società «Green Field System» che proprio lui decise di fondare, pur affidandone la responsabilità a propri dipendenti. Cassaforte di un «sistema» di controllo degli appalti per le Grandi Opere che in 15 anni avrebbe consentito a lui e Incalza di gestire lavori per 25 miliardi di euro e, accusano i pubblici ministeri, prendere tangenti per almeno 250mila euro.
LE BANCONOTE DA 100
La busta trovata a casa di Perotti dai carabinieri del Ros conteneva 9.000 euro in contanti divisi in banconote da 100 euro. Secondo i magistrati sono parte dei soldi che il manager si spartiva con Incalza. Un’ altra busta con 7.000 euro è stata portata via dall’appartamento di Sandro Pacella, che di Incalza era uno dei «fedelissimi» e avrebbe percepito una parte delle tangenti versate attraverso la «Green Field».
In una libreria nella sede della società gli investigatori dell’Arma hanno trovato due buste con 2.110 euro e un foglietto con la «contabilità» occulta. La «prova» secondo il giudice dei versamenti a Incalza e Pacella: due dazioni da 13.000 euro e due da 9.000. Parte, questa è l’accusa, di compensi ben più ampi che sarebbero stati erogati dalle aziende assegnatarie delle gare che in cambio accettavano anche di nominare Perotti direttore dei lavori.
TI DO «I FASCICOLI»
Nell’ordinanza che lascia in cella Perotti il giudice individua una serie di telefonate avvenute nei primi mesi di quest’anno tra Pacella e il presidente della «Green Field» Angelantonio Pica ritenute «interessanti» ai fini investigativi. In un colloquio del 20 gennaio scorso quest’ultimo chiede: «Che ha detto Ercole, le vuole tutte insieme le carte... quei fascicoli?» e nelle conversazioni successive Pacella chiede di portare i «saluti finali» con Pica che sostiene di poterli «salutare in modo diverso». Il giudice ritiene che si tratti di un linguaggio in codice utilizzato in realtà per accordarsi sulla consegna dei soldi. E infatti nel provvedimento scrive: «A dirimere qualsiasi dubbio sulla vera natura dei “saluti finali” è la risposta di Pica. Egli infatti, sorpreso e infastidito, replica: «Siete voraci, siete come le lumache».
«SERVE PER PAGARE»
Nel provvedimento viene più volte evidenziata la funzione chiave della «Green Field» nel sistema di controllo e gestione degli appalti. Per questo si cita l’affermazione dell’amministratrice Lidia Cavina, indagata: «Per me la “Green Field” è tutto così, è un po’ di là, cioè serve solamente per pagare e per avere dei favori da ...».
Ma anche la risposta del suo collega Marco Fiorini che risponde: «Sì si ma ... è proprio nell’oggetto... almeno fino a un po’ di anni fa... da quanto so io di “Green Field” praticamente è, era una società di pubbliche relazioni con il mondo parlamentare». Questo, sottolinea il giudice «conferma la circostanza secondo cui Perotti ha, di fatto, finanziato la società che aveva come scopo quello di pagare personaggi istituzionali».
Quanto basta, dice il gip, per ritenere «che il quadro indiziario si sia ulteriormente aggravato, nessuna circostanza nuova è intervenuta a modificare o attenuare le esigenze di tutela della collettività già espresso nell’ordinanza che applica la custodia cautelare in carcere. Del resto solo il perdurare della misura può far venire meno l’immagine personale e professionale di Perotti che può aver indotto i suoi interlocutori a concorrere nelle sue azioni criminose e gli imprenditori a rivolgersi a lui per l’affidamento delle varie direzioni dei lavori».
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