DAGOREPORT – NEL NOME DEL FIGLIUOLO: MELONI IMPONE IL GENERALE ALLA VICEDIREZIONE DELL’AISE.…
Simone Canettieri per “il Messaggero”
Il bagno nelle viscere della Dc, tra i notabili di quella che fu la piccola Atene dello scudo crociato, è appena terminato. Sono le 14. Mancherebbe - per essere perfetti - l'ultimo tuffo: nel ragù all'antica, piatto forte irpino quando si sposa con gli ziti. «Presidente si fermi a pranzo, stiamo tutti insieme», è l'invocazione collettiva. «Grazie, ma non posso: ora vado a visitare alcune aziende, poi riparto per Roma», risponde garbato Giuseppe Conte, per nulla timido nel concedersi alla folla. «D'altronde si è capito: questa è la sua casa», dice compiaciuto Giuseppe Gargani, 84 anni, plurideputato con incarichi di governo e già segretario regionale della Democrazia cristiana in Campania.
Al teatro Gesualdo, la Prima Repubblica si vorrebbe perpetuare anche a pranzo. Ma poco importa. L'evento - organizzato per i 100 anni dalla nascita di Fiorentino Sullo con la regia di Gianfranco Rotondi - ha prodotto il suo effetto. E adesso è tutto un rincorrere i grandi vecchi della Balena bianca che, reduci da battaglie decennali l'uno contro l'altro, sono di nuovo qui, in questo fazzoletto di Sud, dove una volta, ricordano tutti, «si prendevano le decisioni più importanti del Paese».
Ciriaco De Mita, 91 anni di potere purissimo, con parole felpate si avvicina all'Avvocato del popolo: «Grazie per aver ricordato le parole di Sturzo sull'impegno dei cattolici in politica». Un atto dovuto. Conte, nella lectio magistralis sul ruolo dei cattolici nell'Assemblea costituente ricorda a più riprese Sullo, diccì atipico e più volte ministro delle Infrastrutture: qui lo ringraziano ancora per l'autostrada. E poi in chiusura manda in brodo di giuggiole la prima fila della platea: «Il mio nuovo umanesimo trae nutrimento dal cattolicesimo democratico».
E ancora: «Lo Stato deve avere l'uomo al centro». Ma lui cosa ha in testa? Si sente il nuovo Prodi? A domanda precisa, il presidente del Consiglio risponde: «Farò la mia parte per federare il nuovo centrosinistra. Non mi voglio prendere troppo sul serio, continuo a lavorare».
Quello che con Pd e M5S che hanno in mente Beppe Grillo e Nicola Zingaretti. Il clima d'altronde si presta, in questo continuo andirivieni nella storia. Gerardo Bianco, che agli albori della Seconda Repubblica tanto si spese per l'Ulivo con i Popolari e la Margherita, dal palco si rivolge a Conte sottolineando che «noi nutriamo speranza in lei perché bisogna avere equilibrio e senso del rinnovamento».
L'ABBRACCIO
L'abbraccio è forte quanto l'eco dello Scudo crociato che rimbomba prepotente: contati almeno tre vescovi e una decina di preti in sala. Ecco poi seduti in prima fila Nicola Mancino, ma anche Clemente Mastella. A riportare tutti con i piedi per terra nel 2019 c'è però l'avellinese Carlo Sibilia, sottosegretario grillino che ha fatto carriera proprio denunciando questo sistema di potere. E allora Conte prova a sfuggire all'abbraccio della mamma Dc: «Più che di una rinnovata democrazia cristiana ragionerei, come suggeriva Pietro Scoppola, di una rinnovata democrazia dei cristiani».
Qui le parole sono importanti. E anche De Mita rivendica, tra le sfumature, un'unicità difficile da replicare: «Se uno pensa e non fa pasticci o fa delle cose buone gli dicono subito che è democristiano, questo criterio non mi piace». Conte ha capito come girerà la giornata: «Adesso direte che voglio la tessera del partito popolare, che nemmeno esiste più, se vado da Leu mi dite che sono di sinistra. Ma io ho le mie idee».
Certo, ma il tour camaleontico nelle feste di partito - da Atreju di Giorgia Meloni e quella di sabato del M5S - va proprio nella direzione del grande abbraccio, del piacere a tutti per allargare il più possibile il proprio raggio d'azione. Concavo e convesso. «Ma non voglio fondare nessun partito, esistono già tanti soggetti politici», è il pensiero dell'inquilino di Palazzo Chigi (luogo magico che qui provoca brividi di estasi).
MODELLO MORO
«Adesso se vuoi verrò anche da te, se organizzi una festa di marxisti leninisti», scherza il premier con il governatore Vincenzo De Luca: «Conte? Ovvio: è meglio di Di Maio, ma io sono contro gli accordi con il M5S, non ho queste pulsioni, non voglio perdere voti».
Ma ormai Giuseppi è «uno di noi, vada avanti: la sosteniamo», si accalora il sindaco dem di Avellino Gianluca Festa. Rotondi, presidente del comitato scientifico della fondazione Sullo, svela com'è nato l'invito: «Durante la crisi di agosto, dopo aver letto che il presidente si rifaceva ad Aldo Moro, ho deciso di attivarmi». Postilla finale: «Caro presidente in quei giorni, anche noi le abbiamo dato una mano a formare il governo e ad andare avanti», conclude il deputato tecnicamente di opposizione. Categoria che con la Dc, ma forse anche con Conte ha confini molto labili.
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