COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Lisa Di Giuseppe per “Domani” – estratto
Il decreto Rilancio di questa primavera ha stanziato nuovo fondi per le terapie intensive. I posti in più previsti sono 5.612 in terapia intensiva e 4.225 in terapia subintensiva.
Le regioni hanno presentato le loro richieste entro luglio, ma il ministero della Salute ha tardato a dare risposta.
La pubblicazione del bando o l’affidamento diretto spettava poi al commissario Domenico Arcuri che ha fatto una gara lampo, di tre giorni, dal 9 al 12 ottobre.
I lavori dovranno partire a fine mese. Iniziare ora che la pandemia sta tornando significherebbe chiudere interi reparti oppure spostare i pazienti ricoverati in stanze recuperate in extremis.
QUEI PIANI REGIONALI BLOCCATI NELLE MANI DI ARCURI
Giovanna Faggionato per “Domani” – estratto
DOMENICO ARCURI GIUSEPPE CONTE
Per più di due mesi i piani delle regioni per riorganizzare gli ospedali sono rimasti a prendere polvere nelle mani della struttura del commissario all’emergenza Domenico Arcuri.
I documenti interni che abbiamo consultato provano che diciotto regioni hanno progettato la riorganizzazione degli ospedali nel giro di un mese e consegnato il programma al governo entro la scadenza.
Il manager riceve già il 3 luglio i piani di sei regioni e cioè di Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Marche e Umbria, del Veneto e delle due province di Trento e Bolzano.
COSÌ CONTE E ARCURI HANNO SPRECATO LA “TREGUA ESTIVA” - SONO SPERPERATI I SOLDI PER I BANCHI A ROTELLE, TROVATA DADAISTA DELL'ESECUTIVO CONTE, NON SI SONO INVESTITI DOVE SERVIVANO. L'APP IMMUNI È UN FLOP
stefano zurlo per Il Giornale
Il commissario Domenico Arcuri gonfia i muscoli: «Abbiamo distribuito 13 milioni di tamponi». Una cifra che dovrebbe spegnere l'inquietudine serpeggiante. Ma Arcuri parla dei tamponi rapidi che non risolvono ma anzi rischiano di aggravare il problema perché spesso fanno cilecca e certificano negativi che poi puntualmente si ammaleranno. La verità è che il commissario si impicca alle sue stesse parole: «Il tempo è una variabile fondamentale».
I BANCHI ANTI CORONAVIRUS CHE VUOLE COMPRARE LUCIA AZZOLINA
Peccato che i mesi della tregua estiva concessa dal Covid non siano stati sfruttati per riempire gli arsenali e irrobustire le prime linee. Oggi, alle prime spallate del nemico invisibile, si aprono crepe paurose nel sistema di difesa. Occorreva tagliare la strada al virus, anticiparlo e chiuderlo all'angolo appena scoperto. Per questo erano necessari due passaggi: la moltiplicazione dei tamponi tradizionali, fino alla quota trecentomila teorizzata da Andrea Crisanti. E poi erano state disegnate le Usca, ovvero le Unita speciali di continuità assistenziale.
«Alle Usca - spiega al Giornale Crisanti - era stato assegnato un ruolo cruciale, ovvero tenere i rapporti con i positivi, tracciare i loro contatti, accompagnarli passo passo fino al tampone liberatorio». Ma a quanto risulta su 1.200 Usca ne sono state create solo 600 e queste funzionano come possono. Molte persone continuano ad affollare i pronto soccorso, in barba a tutta la retorica sulla medicina territoriale, i risultati dei tamponi arrivano dopo giorni e giorni. Con ritardi abissali.
«Ma soprattutto - aggiunge Crisanti - non c'è nessuna organizzazione che sia in grado di tracciare centomila persone al giorno, calcolando 10 incontri per positivo».
Si procede a tentoni, anche perché le assunzioni promesse non sono arrivate. Non solo: i tamponi sono sempre quelli, la soglia dei trecentomila è lontanissima e dunque il virus scappa da tutte le parti. Si sono sperperati i soldi per i banchi a rotelle, trovata dadaista dell'esecutivo Conte, non si sono investiti dove servivano. L'app Immuni è un flop e le situazioni che affiorano hanno dell'incredibile pure su questo fronte: la Regione Veneto non ha mai attivato la piattaforma. Mancanza grave, ma pare altrettanto drammatico se non peggio che Roma non se ne sia accorta.
fila al drive in per il tampone
Si è discusso per settimane, come fossimo in un alato convegno con annesso coffee break, se fosse corretto accettare i 32 milioni del Mes, da buttare immediatamente nel pozzo dell'emergenza. Risultato: pochi soldi, idee confuse. Siamo indietro sul capitolo delicatissimo delle terapie intensive e qui Arcuri, che ci tiene a non fare il parafulmine, ha qualche ragione nel bacchettare le Regioni:
«Abbiamo inviato 3.059 ventilatori polmonari, abbiamo attivato fino a 9.463 posti di terapia intensiva, ma per ora ne risultano operativi 6.628. Dovevamo averne altri 1.600 che sono già nella disponibilità delle singole regioni ma sono ancora sulla carta, chiediamo alle regioni di procedere. Abbiamo altri 1.500 ventilatori disponibili - insiste il commissario - ma prima di distribuirli vorremmo vedere attivati i 1.600 posti di terapia intensiva per cui abbiamo mandato i ventilatori».
È l'eterno rimpallo delle competenze italiane che rende tutto pasticciato e sfuggente. Arcuri punta il dito contro le Regioni, ma il bando per il potenziamento delle terapie intensive, con uno stanziamento di 713 milioni datato maggio, è stato aperto solo il 2 ottobre.
Non si poteva fare prima? Insomma, il centro accusa la periferia che risponde per le rime, esattamente come era successo nelle settimane cupe della prima ondata, ad esempio per la mancata istituzione della zona rossa ad Alzano Lombardo. Oggetto di un'inchiesta della procura di Bergamo per dirimere le responsabilità. Infine, i mezzi pubblici: invece di potenziare il parco mezzi si punta sullo smart working per tenere a casa gli utenti. Poca o nulla programmazione, molta approssimazione e distanziamento a fisarmonica. Governo e Regioni litigano. Il virus, intanto, corre.
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