DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"
Appena diverrà leader dei grillini, a Conte spetterà avviare l'operazione verità nel Movimento, ponendo fine alla logica del doppio mandato e dicendo in pubblico ciò che sostiene già in privato. Più che un gesto di coraggio sarà un atto di generosità verso la forza che si appresta a guidare e che ha bisogno di liberarsi dell'ultimo totem per calarsi definitivamente nella realtà della politica. Peraltro l'ex premier è convinto che la modalità dei parlamentari «vota e getta» non funzioni, anche se ha un modo tutto suo di farlo capire agli interlocutori.
BEPPE GRILLO E GIUSEPPE #CONTE
Il ragionamento non è diretto, prende una strada tortuosa, parte da lontano, dai partiti della Prima Repubblica che «avevano una classe dirigente composta da personalità di valore, studiosi, intellettuali. Mentre oggi la dinamica dei social è fondata sui like. E anche questo incentiva a non approfondire i dossier, spinge all'approssimazione».
La rivalutazione del passato serve ad offrire una cruda rappresentazione del presente, ed è così che Conte arriva al punto, cioè ai «limiti del doppio mandato». Anche se vede l'altra faccia della medaglia, il fatto che «oggi in tutti i partiti non c'è un fisiologico ricambio». Ma il superamento del tetto di due legislature è un processo che ritiene necessario. Se ancora non esce allo scoperto è perché la scelta avrebbe ripercussioni politiche sul Movimento: si avvicina la corsa per il Colle e per mantenere un potere contrattuale nella trattativa sul prossimo capo dello Stato, serve tenere uniti quanto più possibile i gruppi. Perciò prova a temporeggiare. Solo che, a loro volta, i parlamentari chiedono un chiarimento prima di quell'appuntamento.
giuseppe conte beppe grillo luigi di maio
Il tempo della decisione si avvicina, ed è chiaro che Conte non può entrare in contraddizione con il suo progetto. Non avrebbe senso infatti far nascere la «scuola di formazione», di cui ha parlato nell'intervista concessa a Monica Guerzoni per il Corriere . Strutturare la futura classe dirigente del Movimento serve a evitare che le Camere diventino bivacco per un manipolo di inesperti, influenzabili se non addirittura permeabili. L'esperienza acquisita eviterebbe di rivedere certe scene, con ministri in balia della burocrazia che - grazie alla conoscenza delle norme - finiva per orientare le scelte sui dossier. È per aver vissuto certe cose se Conte dice che «dopo un anno a Palazzo Chigi ti sembra di aver governato un'intera legislatura».
BEPPE GRILLO GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO
Paradossalmente proprio l'avvento di Draghi - smaltito il Maalox e accantonato il travaglio - spinge a un definitivo cambio del precetto, figlio della stagione giacobina. Per il modo in cui in tv ha sottolineato «la necessità di non perdere le competenze», Azzolina potrebbe essere accusata di conflitto d'interessi. Ma al fondo l'ex ministro cinquestelle solleva un problema: al momento di tornare al voto, il Movimento come spiegherebbe all'elettorato che dal Parlamento esce Di Maio ed entra l'onorevole nessuno? L'opzione di mantenere la regola e decidere chi sono i «meritevoli» della ricandidatura, saprebbe di espediente. Come è già accaduto con il «mandato zero».
E il rischio per Conte sarebbe una risposta dell'opinione pubblica a saldo negativo. Anche perché l'idea di preservare il limite del doppio mandato non restituirebbe la verginità politica perduta, siccome i grillini - teorici del «governeremo da soli» - nel giro di mezza legislatura hanno stretto accordi prima con Salvini, poi con Renzi e adesso persino con Berlusconi. Evocare il ritorno alle origini, sarebbe inoltre controproducente: solitamente accade quando un partito si ritrova in un vicolo cieco.
Sono tutte questioni che Conte ha ben presente, perciò è atteso a una prova di generosità, che giustamente è un bagno di realtà. Abbandonare i vecchi lidi e i vecchi riti è l'unica strada per tentare di rigenerare un Movimento che l'ex premier sostiene di aver trovato abbandonato a se stesso. Altrimenti ieri non avrebbe detto che alle Amministrative di Torino «dovremo puntare al 15%». Quella era la città di Appendino.
giuseppe conte e rocco casalinogiuseppe contegiuseppe conte intervento su zoom assemblea m5s giuseppe conteconte di maio
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