L’AMBIZIOSA E INCONTROLLABILE BARBARA BERLUSCONI HA FATTO INCAZZARE MARINA E PIER SILVIO CON LA…
Tommaso Ciriaco e Carmelo Lopapa per “la Repubblica”
matteo salvini giancarlo giorgetti
Lo scenario da "fine mondo" Salvini e Giorgetti lo disegnano coi loro ministri nel pomeriggio, a porte chiuse, nelle stanze del gruppo Lega di Montecitorio: «Con quelli non si va avanti, ogni giorno una, adesso anche la riforma della giustizia...». Per la prima volta viene abbozzato il calendario del ritorno anticipato alle urne.
Nero su bianco compaiono le date chiave di un' escalation che pare ormai inevitabile. Crisi a giugno, dopo il voto delle Europee che consegnerà il primato al loro partito, scioglimento delle Camere a luglio, ritorno alle urne non più tardi di domenica 29 settembre. Questi i piani, sempre che coincidano con quelli del Colle.
Del resto, la situazione finanziaria sta precipitando. Ieri lo spread ha sfondato per qualche ora il muro dei 290 punti base, dopo che i due vicepremier hanno ricominciato a giocare sullo sforamento del tetto del 3% nel rapporto deficit Pil, facendo tremare le cancellerie di mezza Europa e i mercati. Palazzo Chigi viene preso in contropiede.
Giuseppe Conte tenta invano a metà mattinata di spegnere l' incendio, accennando al possibile aumento dell' Iva per tamponare le clausole da 23 miliardi che gravano già sulla futura manovra. Inaccettabile, per Luigi Di Maio, a undici giorni dalle Europee in cui il capo del Movimento si gioca il suo futuro politico. «Ma come ti è venuto in mente? Non avevamo detto che non se ne sarebbe parlato fino al 26 maggio?», sbotta al telefono il grillino con il suo premier. L' avvocato ascolta in silenzio, poi - raccontano - è glaciale nella sua professione di realismo.
Sente che il governo gli sta sfuggendo tra le dita. «Io a dicembre ho fatto il miracolo con l' Europa. Stavolta è diverso. Se continuate con la storia del 3 per cento - dice rivolto al suo azionista di maggioranza - in dieci giorni lo spread rischia di arrivare a 400. Pensate che il governo a quel punto possa reggere?». Per evitare altre fibrillazioni nella maggioranza, il presidente del Consiglio comunque si adegua e corregge subito il tiro.
Non è il solo a temere la tempesta. Il ministro del Tesoro Giovanni Tria in privato ricomincia a mettere in guardia il "triumvirato" di governo. Sa bene che all' orizzonte c' è una manovra "monstre" da circa 35 miliardi di euro, stando alle stime Ue di soli sette giorni fa. Spiega a Conte che al momento, salvo improbabili miracoli nella crescita, il governo ha di fronte tre scenari. Tutti foschi.
Il primo è l' aumento dell' Iva, almeno nella formula "selettiva", solo per alcuni prodotti. Se non si vorrà ricorrere all' odiata patrimoniale - il secondo scenario - allora non resterà che passare al terzo, sfidare l' Europa e sforare fino al 4% il rapporto deficit-Pil. Un suicidio al cospetto dei mercati e degli investitori che già sono in fuga dall' Italia al ritmo di un miliardo al mese. È il motivo per il quale i nostri conti pubblici restano a rischio bocciatura a Bruxelles. Ce n' è abbastanza per convincere Salvini che l' avventura gialloverde, al di là degli annunci, può finire qui.
Evitando così di caricarsi il peso di una manovra tutta lacrime e sangue. Il veto dei 5S sul decreto sicurezza bis, in vista del Consiglio dei ministri di lunedì prossimo, diventa l' ultimo pretesto, dopo quelli su flat tax e autonomia. Piuttosto meglio sedersi al tavolo con Silvio Berlusconi. Le telefonate e i contatti negli ultimi giorni non si contano.
Il Cavaliere sente ormai vicino il ritorno del figliol prodigo: «Penso che Salvini sia già quasi recuperato - annuncia in tv - può tornare a lavorare con noi nel centrodestra». L' emergenza però resta lo spread. Il Colle vigila, guardandosi bene dall' intervenire nell' ultimo miglio della campagna elettorale. Ma il Presidente Sergio Mattarella non ha cambiato idea rispetto al monito lanciato il primo maggio: «Serve un' attenzione particolare per rafforzare la fiducia degli investitori, tutelare i risparmi degli italiani, tenere in equilibrio programmi di spesa e finanziamenti realistici, considerando il peso obiettivo del debito pubblico». Un programma troppo gravoso, forse, per il fragile governo gialloverde.
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