vincenzo spadafora giovanni malago'

CONI GELATO – DI FRONTE ALLE DIMISSIONI MINACCIATE DA SPADAFORA, CONTE HA FATTO L’UNICA COSA CHE SA FARE: CHIAMARSI FUORI E RINVIARE TUTTO A DATA DA DESTINARSI – I GRILLINI SONO INVIPERITI CON IL MINISTRO DELLO SPORT PER ESSERSI FATTO INFINOCCHIARE DA MALAGÒ, DA ITALIA VIVA E DAL PD - LA CONVINZIONE DEL FRONTE “PROGRESSISTA” DEL MOVIMENTO È CHE LO SCONTRO SIA SOLO POLITICO, E CHE DIETRO CI SIA LA MANO DI DIBBA PER FARE ALTRA CACIARA - ORMAI NEL PARTITO È TUTTI CONTRO TUTTI

vincenzo spadafora ministro dello sport foto di bacco

1 – SPADAFORA VEDE BONAFEDE E RESTA MINISTRO DELLO SPORT IRRISOLTO IL NODO DEL CONI

Federico Capurso per “la Stampa”

 

Giuseppe Conte si terrà alla larga, fin quando sarà possibile, dallo scontro tra il Movimento 5 stelle e il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, deflagrato lunedì dopo lo stop imposto dai parlamentari grillini alla riforma del loro stesso ministro. Nessun incontro tra i due, nemmeno una telefonata, nonostante voci di un confronto si rincorrano fin dal mattino. La questione viene giudicata dal premier come un affare interno al Movimento.

 

spadafora malagò

Nelle stanze di palazzo Chigi non si esclude, però, un chiarimento nei prossimi giorni, se le cose dovessero precipitare. Perché, prima di ogni altra cosa, si vogliono evitare fibrillazioni pericolose. Il problema è stato preso in carico dal capodelegazione M5S Alfonso Bonafede.

 

E un primo risultato è già arrivato dopo il faccia a faccia con Spadafora ieri pomeriggio a palazzo Chigi, a margine della riunione dei ministri M5S sul decreto Agosto: la minaccia di rimettere la delega allo Sport, mantenendo quella alle Politiche giovanili, è evaporata in un «non penso di lasciare», confidato in serata dal ministro a chi gli è vicino. Avrebbe dovuto partecipare all'incontro il reggente Vito Crimi, ma «non lo vedo da tempo», ammette Spadafora a La Stampa.

Vincenzo Spadafora Pietro Dettori Alfonso Bonafede Riccardo Fraccaro

 

Il consiglio recapitato all'ex consigliere politico di Di Maio è di non cercare il muro contro muro con i parlamentari e di lasciare che agosto riporti un po' di serenità tra le file grilline. Gli stessi deputati e senatori M5S, membri della commissione Istruzione cultura e sport, assicurano in una nota che «nessuno vuole bloccare il provvedimento e c'è piena fiducia nel ministro Spadafora».

 

Subito dopo, però, rimarcano la posizione contraria alla riforma, chiedendo di tornare al disegno iniziale: «L'obiettivo originario era quello di dare ruoli e funzioni ben chiari al Dipartimento e alla società statale Sport e Salute. C'era invece la determinata volontà di rivedere il ruolo del Coni, diventato negli ultimi anni una sorta di potentato. Il M5S su questo rimane coerente».

 

ADRIANO PANATTA E ALESSANDRO DI BATTISTA GIOCANO A PADEL

La spaccatura tra il ministro e il suo gruppo parlamentare, dunque, è ancora viva. E c'è rammarico, intorno a Spadafora, per l'accusa di aver ascoltato più Italia viva e il Pd che non il suo partito: «I nostri alleati ci avevano chiesto di azzerare tutto e di far tornare centrale il Coni - ribatte chi segue il dossier -. Solo dopo una lunga mediazione siamo riusciti a ottenere il mantenimento dell'architettura originaria. Non siamo al governo da soli».

 

2 – M5S, SPADAFORA: DIMISSIONI MA IL PREMIER LE CONGELA DIFFIDA AI BIG SUI RIMBORSI

Emilio Pucci per “il Messaggero”

 

Polveriera M5S pronta ad esplodere. Ieri altro psicodramma in casa pentastellata, con la battaglia dei deputati per sfiduciare nell'assemblea alla Camera Crippa e Ricciardi e con i senatori che insistono per una resa dei conti anche a palazzo Madama dopo il ko sulle presidenze di commissioni.

 

luigi di maio vito crimi 1

Ma la miccia piazzata in pieno agosto sulla casa creata («e poi abbandonata», l'accusa sempre più insistente da parte anche dei big') da Beppe Grillo è il caso Spadafora. Il ministro ha rimesso a disposizione di Conte la delega dello Sport. Senza la fiducia del gruppo si farà da parte.

 

Pronto alle dimissioni, conserverebbe solo la delega alle politiche giovanili, amareggiato per i continui attacchi sulla sua riforma provenienti dall'interno che, a suo dire, non considerano come il Pd e Iv non avallerebbero mai una legge giallo-verde. Il premier Conte, a più interlocutori ieri ha ricordato che occorre una mediazione con gli alleati sulla riforma. Per la serie ora non si sta al governo con la Lega.

davide crippa

 

Il passo indietro è congelato, dunque, ma le tensioni restano. Un ampio fronte parlamentare M5S non ci sta: «Abbiamo ceduto su Tap, Tav, Aspi e tante altre battaglie. Questa volta no». Perché la linea Maginot' alzata dai nemici di Malagò che pensano che il Coni debba occuparsi solo dei cinque cerchi e non di altro è difficile da mandare giù.

 

«Le dimissioni si danno con un atto formale, non si minacciano. Lui è un ministro M5S non del Pd. Se non è capace di difendere il nostro schema troveremo un altro ministro», taglia corto uno degli esponenti che ha chiesto di ritardare il varo di una riforma la cui discussione a questo punto slitta a settembre. Al di là della moral suasion'del premier ad evitare polemiche e strappi, il Movimento 5Stelle appare sempre più spaccato.

 

Paragone Di Battista

Con la volontà di tutti big' di commissariare Crimi, costringendolo ma Grillo e Casaleggio frenano a condividere la guida in un organismo collegiale. E con il tema delle rendicontazioni che ha aperto un altro fronte. Minacce di diffida, sanzioni pronte per chi non ha ottemperato l'obbligo di versare in cassa. E nel mirino dei probiviri finiscono anche nomi eccellenti come la vice presidente del Senato, Taverna e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Fraccaro.

 

Per di più aumentano le voci di nuovi addii a palazzo Madama con la senatrice Drago con un piede fuori. M5S è sempre più una pentola in ebollizione al Senato dove è finito schiacciato tra le manovre di Leu e di Italia viva con ex come Paragone e Giarrusso che stanno cercando di attrarre altri malpancisti; e alla Camera dove si è tornati all'anarchia di qualche mese fa con gruppi e sottogruppi che non riconoscono una guida.

 

malagò giorgetti valente

 

In un gioco di veti incrociati la minaccia di dimissioni di Spadafora, frenata dal premier, è quindi solo un segnale del malcontento. Anzi la convinzione del fronte progressista', ovvero di chi mira ad un asse con il Pd è che lo scontro sia solo politico e che, per esempio, dietro ci sia la mano di Di Battista.

 

In verità i distinguo sono pure nel merito perché l'atto di fiducia da parte dei membri della commissione Istruzione, Cultura e sport del Senato è un alt al disegno del ministro: ridare peso alla struttura Sport e Salute', ritornare insomma all'impianto varato dal duo Valente-Giorgetti. «Hanno nostalgia della Lega», la reazione di chi è a favore. E' vero che il parere sulla riforma dello Sport della Commissione non è vincolante ma si punta ad evitare il muro contro muro.

vincenzo spadafora con la mascherina foto di bacco

 

DIVISIONE STRUTTURALE

La divisione è strutturale ormai. C'è una parte che per esempio ieri c'è stata una riunione alla Camera vorrebbe che il premier Conte alle parole facesse seguire i fatti sul tema dell'immigrazione, «perché non possiamo farci attaccare da Salvini a poco più di un mese dalle elezioni».

 

E c'è sempre un'ala che difende sui dl sicurezza così sulla riforma dello Sport il lavoro fatto durante il governo con la Lega anche su altri provvedimenti. In questo contesto rischia di rimanere impallinata anche la riforma del Csm portata avanti dal ministro della Giustizia Bonafede. Il punto di caduta saranno le Regionali. L'appello di chi teme ripercussioni sull'esecutivo è caduto nel vuoto.

 

vincenzo spadafora ministro dello sport foto di bacco

La lettera del direttivo spedita due giorni fa al ministro dello Sport ha provocato uno scossone tale che in molti ora hanno paura: «Così si manda in crisi il governo ad agosto», il timore. Ma è tutto rinviato, al momento anche l'ipotesi direttivo allargato' resta in stand by. La bomba ad orologeria che potrebbe far deflagrare tutto è il Mes.

 

 L'ala dura del Movimento è ormai convinta che solo alzando steccati si possa stoppare la manovra del ministro Gualtieri e del Pd di utilizzare il fondo Salva-Stati. «Se cediamo anche sulla riforma dello sport sarà la fine», il messaggio di buona parte dei gruppi parlamentari arrivato anche a palazzo Chigi.