DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Carlo Bonini per “la Repubblica”
La parziale ricostruzione di Giuseppe Conte del Russiagate è sufficiente, in un mattino, a far dichiarare il caso politicamente archiviato dal Pd e da Matteo Renzi. Prima ancora che il premier si presenti - come si è impegnato a fare - al Copasir, il Comitato parlamentare di controllo dei Servizi. E, tuttavia, la faccenda lascia aperte questioni non esattamente di dettaglio, da cui Conte si è sin qui tenuto alla larga. Che riguardano il merito della vicenda e i suoi effetti. Non ultimo - lo vedremo - la resa dei conti in cui sono stati precipitati gli apparati.
gennaro vecchione flavia giacobbe
E dunque. Resta ad oggi ignota la natura delle informazioni che, tra il 15 agosto e il 27 settembre scorsi, il direttore del Dis Gennaro Vecchione, su espressa indicazione del premier, chiese di raccogliere alle nostre due agenzie di Intelligence - Aise e Aisi - perché venissero condivise con il ministro di giustizia William Barr e il Procuratore speciale John Durham. Quale ne era esattamente l' oggetto?
giuseppe conte gennaro vecchione
Forse le mosse del professore maltese Joseph Mifsud, uomo chiave del Russiagate? Il luogo in cui oggi si nasconde? O ancora: la Link University, cui il professore era legato nel 2016, quando il dossier Russiagate prese forma e fu veicolato alla campagna elettorale di Trump? I rapporti di uomini dei nostri Servizi con l' uno (Mifsud) e con l' altra (la Link)? Le eventuali indicazioni arrivate ad Aise e Aisi dall' allora Presidenza del Consiglio?
mifsud vincenzo scotti gennaro migliore
Allo stato, è certo che del merito di quel lavoro di raccolta di informazioni, avviato da Aise e Aisi pochi giorni dopo la prima visita di Barr a Roma (il 15 agosto), Conte venne messo al corrente. Ed ebbe modo di discuterne a Palazzo Chigi con Vecchione e i direttori di Aise (Luciano Carta) e Aisi (Mario Parente) almeno in un paio di riunioni. Della seconda, viene ora indicata una data: il 26 settembre. Vale a dire ventiquattro ore prima dell' ultimo incontro del ministro di giustizia americano con i nostri Servizi.
JOSEPH MIFSUD E GIANNI PITTELLA ALLA FESTA DEI GIOVANI DEMOCRATICI DI ROMA NEL 2017
Ed è certo - per quello che sin qui Palazzo Chigi ha lasciato informalmente filtrare - che proprio quell' ultima riunione preparatoria tra Conte e i vertici dei nostri Servizi servì a concordare quanto era opportuno condividere con gli americani. Il che conferma due circostanze. La prima: che il semaforo verde dato all' inizio di agosto da Conte alla collaborazione con gli americani era stata una decisione presa al buio e per pura convenienza politica.
La seconda: che la messa a disposizione all' amministrazione Trump del lavoro delle nostre agenzie di intelligence nulla aveva a che fare con la sicurezza nazionale. Fu, dall' inizio alla fine, una partita di pura convenienza politica con i Servizi vennero mobilitati come moschettieri del Re. E ora Palazzo Chigi cerca una giustificazione che la renda digeribile al Copasir.
Non sarà in ogni caso né facile, né rapido liberarsi dei detriti del Russiagate. Il premier, infatti, non solo ha promesso che, a valle di questa storia, terrà per se la delega sull' Intelligence. Ma, soprattutto, che il direttore del Dis e suo amico personale Gennaro Vecchione, che appena la scorsa settimana molti volevano già con un piede fuori dalla porta, resterà al suo posto. Almeno per un po'. E che la vendetta che insieme consumeranno a fari spenti negli apparati - accusati in questo frangente di non aver tenuto la bocca chiusa sul pasticcio "Russiagate" - non si chiuderà senza un qualche spargimento di sangue.
È nel carattere sospettoso e incline al risentimento di Vecchione, nel tratto narcisista e presenzialista di questo ex generale della Finanza arrivato a fine carriera con uno stato di avanzamento inferiore ai suoi colleghi di corso, che più d' uno, negli apparati, legge il tipo di minaccia arrivata nelle ultime 48 ore. E lasciata scivolare da Palazzo Chigi come un "pizzino" destinato ai vertici di Aise e Aisi.
Vecchione - ha fatto sapere il premier - sarebbe vittima di una «intollerabile aggressione personale» per l' impegno che avrebbe messo al Dis nel mettere il naso e «imporre ordine» nei bilanci del comparto dell' Intelligence. Parliamo - come documentato ufficialmente nel bilancio dello Stato - di 740 milioni e 252 mila euro annui per Dis, Aise e Aisi. Da qui al 2021.
giuseppe conte gennaro vecchione 1
Circostanza non esatta - per quanto risulta a Repubblica - non avendo il direttore del Dis alcun potere di sindacato sulle voci di spesa delle Agenzie di Intelligence. E, tuttavia, agitata nella tempesta, sapendo che se c' è un modo per far impazzire le strutture dei Servizi è lasciare anche solo immaginare che qualcuno potrebbe mettere il naso nei loro conti. Il solo precedente repubblicano (lo scandalo dei fondi riservati dell' allora servizio civile Sisde, anno 1993, che investì la presidenza della Repubblica di Oscar Luigi Scalfaro) provocò una crisi istituzionale e una storica purga nell' Intelligence.
È un fatto che Vecchione venga raccontato in queste ore fuori dalla grazia di Dio. E che abbia individuato in Luciano Carta, direttore dell' Aise, l' uomo che dovrà pagare il conto. Trovando nei suoi sfoghi sponda e comprensione proprio in Conte, che sa come, nell' estate dello scorso anno, da presidente del Consiglio del governo giallo-verde, per la nomina di Carta fu decisivo l' endorsement di Matteo Salvini.
Un pretesto che Vecchione ritiene potrebbe tornare utile nel convincere Conte, oggi a capo di una maggioranza politica capovolta, a sbarazzarsi di un uomo che ha sofferto dal suo primo giorno al Dis dove fu accolto come il Carneade dell' Intelligence che era.
Come Vecchione, anche Carta proviene dalla Guardia di Finanza. Ma al contrario di lui in quel Corpo ha conosciuto nel tempo ben altra carriera (generale di divisione Vecchione, generale di Corpo d' armata Carta) e considerazione. Mentre Vecchione passava da un incarico di seconda fila a un altro, perseguitato dal nomignolo con cui lo avevano marchiato in Accademia, Fracchione, come Fracchia la belva umana dell' indimenticabile Paolo Villaggio, Carta ricopriva infatti comandi operativi cruciali, diventava Capo di Stato Maggiore e arrivava all' Aise da vicedirettore nella stagione del centro-sinistra con il sincero apprezzamento del Quirinale.
Insomma, sentiremo parlare ancora del "Russiagate". E di Gennaro Vecchione.
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