tria di maio

CROLLA TUTTO? - SUL CONTROLLO DI CASSA DEPOSITI E PRESTITI, FORZIERE DELLO STATO, SI GIOCA IL FUTURO DEL GOVERNO LEGA-M5S - TRIA E’ PRONTO ALLE DIMISSIONI: NON VUOLE CEDERE SULLA NOMINA DI SCANNAPIECO COME AD - CDP È SOLO L'ULTIMO EPISODIO DI UN LUNGO SCONTRO TRA IL MINISTRO, PROTETTO DA MATTARELLA E DRAGHI, E DI MAIO-SALVINI: LE LORO PROMESSE ELETTORALI DIPENDONO DA CDP - E CONTE, CHE DOVREBBE MEDIARE, SI RITROVA COME DON FALCUCCIO - E SULLE NOMINE RAI, DI MAIO IN PEGGIO...

1 - SALVINI E DI MAIO ATTACCANO IL MINISTRO "ACCETTI IL CAMBIAMENTO O SI DIMETTA"

Ilario Lombardo e Carlo Bertini per “la Stampa”

 

GIOVANNI TRIA

A questo punto ci sono solo due possibili scenari: o il ministro dell' Economia Giovanni Tria e i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini firmano una tregua a breve, o già la prossima settimana il governo potrebbe perdere il suo pezzo più pregiato aprendo di fatto una crisi che nessuno sa dove può portare. Per la prima volta si parla di dimissioni. È Di Maio ad evocarle, ma Salvini, costantemente informato dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti, è d' accordo: «Se Luigi le chiede, noi ci stiamo».

 

Basta registrare gli umori a Palazzo Chigi alle otto di sera per capire che la situazione è seria. Molto seria. Il premier Giuseppe Conte fa sfoggio di ottimismo ma con i suoi collaboratori non riesce a nascondere le preoccupazioni. Per tutto il pomeriggio veste i panni del mediatore, ritorna avvocato, esperto di arbitrati. Sente Di Maio, sente Salvini, vede Giorgetti, poi per due ore si chiude in una stanza con Tria, raccoglie i suoi sfoghi, studia assieme a lui una via d'uscita.

LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE

 

IL NODO NOMINE

Il nodo delle nomine sembra impossibile da sciogliere, uno scoglio su cui potrebbe infrangersi la fragile armonia dell' esecutivo gialloverde. Passi per la Rai, su cui Tria, che pure ha il compito di scegliere l'amministratore delegato, ha poco interesse e lascia fare a grillini e leghisti. Ma su Cassa depositi e prestiti non vuole mollare. È la sua trincea personale.

 

Il candidato che sostiene, Dario Scannapieco, apprezzato dal Quirinale e dal presidente della Bce, è stato impallinato dai veti di M5S e Lega. Di Maio vuole Fabio Palermo, direttore finanziario di Cdp, nome su cui ha l'ok della Lega. Non di Tria che ancora ieri insisteva su Scannapieco, considerato troppo in continuità con l'establishment da Salvini e Di Maio, il più inferocito con il titolare del Tesoro. E non da ieri.

LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE

 

Cdp è solo l'ultimo episodio di un lungo e neanche tanto sotterraneo scontro tra il ministro del Lavoro, leader del primo partito della maggioranza, e l'economista, un tecnico scelto come ripiego dalla Lega dopo la bocciatura di Paolo Savona da parte del Colle. «O capisce che fa parte del governo del cambiamento oppure è meglio che si dimetta» si sfoga Di Maio con alcuni parlamentari tra il corridoio della Camera riservato al governo e l'aula. «Se pensa di terrorizzarci con lo spread non ha capito con chi ha a che fare. Non abbiamo paura di tornare al voto» spiega un deputato altrettanto spazientito: «Il problema con lui ormai è politico».

Dario Scannapieco

 

Il leader grillino dice di essere «stufo»: prima le dichiarazioni troppo prudenti sulle coperture del reddito di cittadinanza, poi i continui riferimenti al debito, le rassicurazioni all' Europa. «Parla il linguaggio del passato, del sistema contro cui noi abbiamo vinto»: Di Maio sa poi che Tria non era tanto d'accordo ad approvare così rapidamente il decreto Dignità, avrebbe voluto aspettare, calcolare meglio gli effetti sull' occupazione.

 

Il caso della «manina» sulla relazione tecnica, le accuse lanciate alla Ragioneria prima dello scontro con il presidente dell' Inps , è stato l' ultimo round, prima di Cdp: i sospetti di Di Maio si sono concentrati subito su Tria, visto come troppo accomodante con i funzionari considerati vicini al suo predecessore Pier Carlo Padoan.

giuseppe conte giovanni tria

 

Poi c'è il caso delle deleghe non ancora assegnate ai suoi sottosegretari, con i grillini Laura Castelli e Alessio Villarosa, i più infuriati di tutti. Ieri girava voce tra i 5 Stelle che Di Maio volesse a costringere Tria a dare le deleghe durante un vertice tra i ministri. Ed è proprio il ruolo del premier in queste ore a rivelarsi cruciale.

 

L'intervento del premier Nel lungo faccia a faccia con Conte, Tria ha spiegato le sue ragioni su Cdp: «La nomina dell' ad è una mia prerogativa, ne va della mia autonomia». Il premier è d' accordo, e sa bene che ormai si è arrivati a un punto tale che se passasse il candidato di Di Maio, Palermo, il ministro del Tesoro ne uscirebbe indebolito politicamente. Non è escluso che Conte possa pescare il nome tra gli altri due offerti dal M5S come alternativa: «Troviamone uno che vada bene a tutti» ha proposto a Tria, dopo aver condiviso con lui i timori per le possibili reazioni dei mercati: «Con lo spread non si scherza».

 

MARIO DRAGHI

Lo pensa Conte e lo pensa Tria, che sente di avere le spalle coperte dal Quirinale. Conte sarebbe intenzionato a prendere tempo, anche a costo di un ennesimo rinvio: il quarto. Dopo le prime tre andate a vuoto, martedì 24 è stata fissata la nuova assemblea per il rinnovo dei vertici. Lunedì Tria tornerà dall' Argentina. Per quella data Di Maio e Salvini vorrebbero una soluzione.

 

Quasi impossibile che si nomineranno i vertici della Rai, attesi per l' inizio della prossima settimana. I 5 Stelle non hanno un' alternativa valida a mr Google, Fabio Vaccarono. Stanno ricevendo tanti no. Troppo basso per manager che guadagnano milioni, il tetto dei 240 mila euro fissato per la Pubblica amministrazione. La Lega ha proposto di derogare alla regola, ma i 5 Stelle non possono permetterselo. Anche se qualche grillino ha proposto che quantomeno si potrebbe calcolare come netto e non come lordo...

 

2 - L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEL POTERE

Estratto dell’articolo di Stefano Folli per “la Repubblica”

 

mattarella

La singolare vicenda del vertice convocato a Palazzo Chigi per decidere sulle nomine alla Cassa depositi e prestiti, ma poi scomparso come un fiume carsico, dice molto sullo stato della maggioranza e del governo. Uno stato di confusione figlio di un vizio d'origine: la mancanza di vera coesione tra i soggetti politici, Lega e Cinque Stelle, e i protagonisti istituzionali, come in questo caso il ministro dell' Economia, Tria. Il premier Conte dovrebbe essere il mastice, il fattore di sintesi che individua e afferma di volta in volta, attraverso la sua mediazione, un punto di convergenza.

 

mattarella - conte 3

Ma le cose non vanno così. Quel bizzarro vertice chiamato dal presidente del Consiglio e poi andato deserto - tranne Tria, che si è presentato all'ora stabilita - segnala un malessere profondo e anche una perfetta noncuranza verso le prerogative di chi guida o dovrebbe guidare il governo.

 

Quale sia la procedura in caso di nomine importanti, lo aveva spiegato lo stesso Conte in un'intervista (al Fatto): il ministro dell' Economia propone un nome, il premier lo valuta e poi cerca l'assenso politico dei due vicepremier che sono anche i capi politici della maggioranza. Se l' accordo non c'è, si rinvia "e si cerca un nome migliore". Si suppone tuttavia che, prima di convocare il vertice, il presidente del Consiglio abbia ottenuto l'assenso di Di Maio e Salvini sul metodo ma non solo.

 

GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI

Viceversa il ministro dell' Interno ha sostenuto di «non saperne nulla», chiamandosi astutamente fuori («non mi occupo io di nomine»). Quanto a Di Maio, aveva altri impegni. Risultato: la credibilità di Conte come primo ministro non ha guadagnato punti. E il ministro Tria, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe addirittura meditato le dimissioni. […]