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Stefano Feltri per il "Fatto quotidiano"
Ormai è materia per gli storici, ma forse la Fiat di oggi sarebbe diversa se i tribunali avessero stabilito da subito quello che oggi la Cassazione sancisce nelle motivazioni appena pubblicate di una sentenza di giugno: nel 2005 la famiglia Agnelli mentì al mercato sulle difese che aveva adottato per non perdere il controllo della Fiat. Nell'estate 2005 scade il prestito convertendo con le banche creditrici che rischiano di diventare azioniste di riferimento della Fiat.
L'Ifil, la finanziaria che custodiva la partecipazione della famiglia Agnelli, stipula un accordo con la banca d'affari Merrill Lynch: un equity swap con cui Merrill si impegna a comprare per conto della Fiat 90 milioni di euro di azioni da rivendere poi alla famiglia (con un margine di profitto) che così è sicura di rimanere al 30 per cento invece che scendere al 22 rischiando scalate.
Il 24 agosto 2005, sollecitata dalla Consob, l'Ifil guidata da Gianluigi Gabetti (che in quei giorni era all'estero) risponde di non aver in atto "alcuna iniziativa in relazione alla scadenza del prestito convertendo". Ã una balla e questo lo hanno riconosciuto sia la Consob che i tribunali, inclusa la Corte d'Appello di Torino che ha comunque assolto Gabetti e lo storico legale del gruppo, Franzo Grande Stevens nel 2010.
La Corte d'Appello aveva assolto gli imputati sostenendo che non si poteva dimostrare che il falso comunicato avesse alterato il prezzo delle azioni Fiat in Borsa. Ma questo, spiega la Cassazione nelle motivazioni pubblicate il 15 ottobre, è un errore giuridico: per commettere il reato di manipolazione del mercato basta la "mera condotta", mentre la Corte d'Appello di Torino aveva sostenuto un contorto ragionamento secondo cui bisogna confrontare l'andamento reale del mercato con un uno ipotetico, elaborato a tavolino, che si sarebbe verificato in caso di comunicazioni corrette.
Quello che conta, insomma, è che le società finanziarie degli Agnelli abbiano mentito al mercato. Non che il mercato abbia reagito poco alla menzogna. Di conseguenza l'assoluzione di Gabetti e Grande Stevens, "costituendo la risultante di molteplici inosservanze delle regole di diritto che presiedono alla materia trattata, non resiste al controllo di legittimità e deve essere annullata".
L'unico che si salva, per la Cassazione, è Virgillio Marrone, assistente di Gabetti, che secondo i giudici non ha partecipato alla stesura del falso comunicato. La sentenza l'ha pubblicata sul suo sito Marco Bava ( marcobava.it ), un piccolo azionista Fiat molto attivo che nel processo Ifi-Ifil si è costituito parte civile, ma le sue istanze sono state giudicate inammissibili e la Cassazione lo ha anche condannato a pagare le spese processuali e un'ammenda di 1000 euro.
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