DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
Marco Imarisio per il "Corriere della Sera"
Davanti al portone del Centro incontri c'era un ambulante che suonava a ripetizione le note di Titanic. La verifica popolare invocata da Roberto Cota poteva andare meglio. A Cuneo si giocava in casa. La Provincia, presieduta da Gianna Gancia, compagna di Roberto Calderoli, è terra amica, con i suoi voti nell'ormai lontano 2010 ha consegnato la vittoria all'allora candidato outsider.
Il governatore del Piemonte l'aveva scelta per la sua prima apparizione pubblica dopo la chiusura dell'inchiesta sui rimborsi e spese pazze dei consiglieri regionali, che lo vede indagato insieme ad altri 42 colleghi, quasi tutti ascrivibili all'area di centrodestra.
In cartellone c'era il nome di Matteo Salvini, candidato alla segreteria nazionale, ma l'adunata non è stata oceanica. Quasi un posto vuoto su due, in una sala che al massimo può tenere 250 persone. «Viviamo un momento terribile» ha detto la sconsolata Gancia.
L'atmosfera era mesta, non certo riscaldata dalla gaffe del segretario della Lega cuneese, che nel presentare Cota ha tenuto a dire che non esiste cena o appuntamento alla quale il governatore non risponda presente. Corda in casa dell'impiccato, per chi è accusato anche di aver chiesto il rimborso di cinque cene consumate nella stessa sera. Vatti a fidare degli amici.
La giunta regionale piemontese sta come d'autunno sugli alberi le foglie. Un soffio e vola via. La sindrome da assedio, con la quale Cota sta reagendo, complotto; colpa di comunisti, magistratura e stampa, non necessariamente in ordine alfabetico, rischia di produrre ulteriori crisi di rigetto in una base leghista già freddina, a dir poco. In casa Pdl, alleati litigiosi ora uniti dalla comune disgrazia, sono molti i dirigenti che si chiedendo se valga la pena continuare.
Ogni giorno ha la sua pena. L'ultima in ordine di tempo riguarda il consigliere Roberto Boniperti, che ha chiesto il rimborso di una fattura da 9.360 euro giustificata come «gadjet - scritto proprio così, nda - natalizi personalizzati», emessa da un negozio di Predappio che vende esclusivamente gadget del Duce, dai bavaglini per bimbo con la scritta «Me ne frego» ai busti del duce, croci celtiche, calendari, eccetera.
Le pagine dell'inchiesta sono oltre ventimila. Lo stillicidio potrebbe risultare lungo e doloroso. E all'orizzonte dell'anno nuovo si profila il verdetto del Tar, che il 9 gennaio dovrà decidere sulla legittimità del governo regionale dopo la condanna passata in giudicato di Michele Giovine, titolare unico di quei Pensionati per Cota decisivi per la vittoria del 2010.
Il Partito democratico piemontese si prepara alla sua maniera. Non c'è accordo neppure sul tentativo di porre fina all'agonia della Giunta. La scorsa settimana durante la riunione del gruppo i consiglieri regionali hanno inventato l'istituto delle dimissioni differite, annunciate in diretta ma effettive dal 28 febbraio, che potrebbero essere la spallata definitiva. La stragrande maggioranza del partito, cuperliani e renziani di nuovo conio, è convinta della necessità di una azione straordinaria. Non è mai accaduto che una assemblea legislativa restasse senza opposizione. «Lasciamoli soli da subito» si legge nel loro documento.
«Non è in discussione il se, ma solo il quando, che dipende da noi» dice il torinese Giorgio Merlo, cinque volte parlamentare, autore di «Ricambio», libro che parla proprio del travaglio interno al suo partito. Il tempo non è un dettaglio irrilevante in questa storia. Su questo si innesta la proverbiale litigiosità del Pd locale, sempre ammantata da pubbliche dichiarazioni d'amore.
In caso di fine repentina della giunta, l'unico nome spendibile è quello di Sergio Chiamparino, ex sindaco, attuale presidente della Compagnia di San Paolo, molto gradito a Matteo Renzi. Con tempi più lunghi, potrebbe invece avanzare un'altra candidatura pesante, come quella di Oscar Farinetti, il fondatore di Eataly, grande sostenitore anche economico del sindaco di Firenze, che ha fatto capire di essere interessato, ma avrebbe bisogno di qualche mese per liberarsi da un eventuale conflitto di interessi.
Troppa grazia, san Matteo. Addirittura due candidati del nuovo che avanza, in una regione un tempo ostile che da poco è stata annessa alla sua causa. La spiegazione di questo possibile paradosso è di natura locale, forse personale. L'apporto di Piero Fassino, divenuto renziano, è risultato fondamentale per la vittoria del segretario in pectore del Pd al congresso regionale. Il rapporto tra il sindaco di Torino e l'antico sodale Chiamparino vive da sempre sul filo della stima reciproca e di una certa competitività . Laddove c'è uno, difficile che ci possa essere anche l'altro.
L'unico a chiamare le cose più o meno con il loro nome è il solito Stefano Esposito, senatore con vocazione da pasdaran, per altro cuperliano ma sostenitore dell'ipotesi Chiamparino. «Non c'è di meglio per rivincere il Piemonte, questo lo sanno tutti. Chi pensa che non vada bene esca allo scoperto, senza ipocrisie, piccoli trucchi e velate minacce».
L'ultima frase è riferita a un episodio di pochi giorni fa. Alcuni dirigenti locali sarebbero stati aggrediti verbalmente da Giancarlo Quagliotti, ex pci migliorista, oggi considerato uno dei principali consiglieri di Fassino, in quanto «colpevoli» di aver firmato un appello, per altro corposo, 170 adesioni, a favore della candidatura di Chiamparino. «Vedo un'ansia diffusa di normalizzare chi ancora ci tiene a usare la sua testa» conclude Esposito con una frase che non profuma di armonia interna. Come complicarsi la vita avendo in mano carte che più favorevoli non si può. E per il Pd piemontese non sarebbe neppure una novità .
COTA ALLA MESSA PER AGNELLI jpegROBERTO COTA PARLA AL CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTEUMBERTO BOSSI E ROBERTO COTA Guglielmo Epifani Walter Veltroni Laura Boldrini Eugenio Scalfari e Sergio Chiamparino CHIAMPARINO ALLA MESSA IN RICORDO DI AGNELLI jpegRENZI E FARINETTI ALLA LEOPOLDA piero fassino silvio berlusconi
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