IL CREMLINO NON È CRETINO - PUTIN MICA SI OPPONE ALLA GUERRA CONTRO LA SIRIA PER “NON PERDERE L’INFLUENZA” - DOPO GHEDDAFI E MUBARAK, NON VUOLE AVALLARE L’ENNESIMO, ILLEGITTIMO, “REGIME CHANGE”, FINANZIATO DAI NEMICI DELL’IRAN - UN’ALTRA FINTA ‘PRIMAVERA ARABA’ PORTEREBBE VANTAGGI SOLO PER I SUNNITI CHE SMANIANO DI PRENDERE IL POTERE, E L’ANNIENTAMENTO DELLE (MOLTE) MINORANZE SIRIANE…

Mark Franchetti* per "la Stampa"
*Corrispondente da Mosca del "Sunday Times" di Londra - Traduzione di Carla Reschia

Ancora una volta la Russia ha posto il veto a una risoluzione dell'Onu che chiede sanzioni più severe contro il regime di Assad. Ancora una volta il Cremlino è stato stigmatizzato in Occidente, ma soprattutto negli Usa, come senza scrupoli, insensibile e cinico. A dispetto della comunità internazionale, la Russia si ostina a sostenere il regime assassino di Assad a causa dei suoi interessi in Siria, in primo luogo la redditizia vendita di armi: questa è l'analisi generalmente accettata.

Nessun massacro indiscriminato di civili, inclusi donne e bambini indifesi, smuove Mosca. Perché? Fondamentalmente perché Putin è un despota dal cuore di ghiaccio, la cui priorità è vendere armi: questa è l'opinione generalmente accettata a Washington.

Ma la posizione apparentemente insostenibile e scioccante della Russia è molto più complessa. Vero, vende armi alla Siria. I funzionari russi dicono che i contratti ammontano a circa 150 milioni di dollari l'anno. Altri esperti ritengono che la cifra sia molto più alta. Somme tutt'altro che astronomiche e, come ha recentemente rilevato «Newsweek», lo scorso anno le forniture russe alla Siria sono state un decimo di quelle all'India, un quarto di quelle al Vietnam, meno di un terzo di quelle alla Cina e meno di due quinti di quelle all'Algeria. Mosca esporta più armi in Egitto che in Siria.

Inoltre, il Cremlino è tutto meno che ingenuo. Putin è consapevole che qualsiasi influenza la Russia abbia ancora in Siria, così come i suoi contratti, termineranno se, come sembra sempre più probabile, prima o poi Assad verrà rovesciato dai ribelli. Mantenere una posizione più neutrale fino a quando non cominci a delinearsi un chiaro vincitore potrebbe servire meglio gli interessi russi negli anni a venire.

La Russia sosterrà il sanguinario regime di Assad fino all'ultimo perché non vuole perdere la sua influenza in Siria. E' un altro argomento popolare negli Stati Uniti. Anche questo è fallace. Mosca e Damasco sono state molto vicine ai tempi del comunismo, ma quella relazione così intima si è indebolita notevolmente con il crollo dell'Urss. Assad ha visitato Mosca solo dopo cinque anni di presidenza. Chiaramente non era una priorità. Il suo primo viaggio fuori dal Medio Oriente è stato a Parigi, poi Londra. I volumi degli scambi della Siria con l'Arabia Saudita sono tre volte maggiori di quelli con la Russia.

Mosca è molto più preoccupata per il caos e l'instabilità della Siria post-Assad che dei suoi contratti. Il 40% del Paese è costituito da minoranze e la minaccia di una prolungata guerra civile come quella del Libano nel 1980 è reale, e potrebbe aumentare il potere dei jihadisti nella regione. A differenza dell'America, i russi non vedono i ribelli siriani come paladini della libertà e sono sinceramente convinti che una Siria senza il totalitarismo di Assad sarà meno stabile e più pericolosa.

Il Cremlino si oppone con veemenza anche al concetto di cambiamento di regime, in particolare se, almeno ai suoi occhi, è sostenuto o, peggio, orchestrato dagli Usa. Fondamentale qui è il fatto che la Russia aveva acconsentito un anno fa alla risoluzione Onu sulla Libia. A torto o a ragione sente di essere stata imbrogliata. I russi dicono di averlo fatto per proteggere i civili: «Invece la risoluzione è stata usata per rovesciare Gheddafi, cambiare regime era il vero obiettivo fin dall'inizio». Putin è stato autenticamente scioccato dall'uccisione di Gheddafi, che ha definito «barbara».

Anche il rovesciamento di Mubarak, abbandonato dai suoi generali e dagli ex alleati americani, l'ha profondamente impressionato. Il Cremlino è particolarmente sensibile all'idea di un cambiamento di regime appoggiato dagli Usa, soprattutto dopo le maggiori proteste da 15 anni, manifestazioni che, sostiene Putin, sono in parte finanziate dal Dipartimento di Stato americano.

Come su molti altri contenziosi che la espongono in una luce nefasta, la Russia è il peggior nemico di se stessa, dato che non tenta veramente di spiegare le sue idee all'opinione pubblica al di là dei suoi confini. Gli Usa, a loro volta, hanno scelto di denigrare pubblicamente la Russia, tattica inutile che sta innescando una tensione senza precedenti.

Non solo Putin non reagisce bene alle pressioni, ma le forti critiche stanno mettendo a rischio i tanto pubblicizzati sforzi di Obama per il «reset» con Mosca dopo anni di tensione con Bush. A giugno Hillary Clinton ha accusato il governo russo di aver inviato alla Siria elicotteri d'attacco che «aumenteranno in modo drammatico il livello del conflitto». In realtà i russi stavano mandando indietro tre elicotteri acquistati dalla Siria 20 anni fa e rimessi a posto in Russia. Mosca a sua volta ha accusato l'Occidente di usare il «ricatto». Sembra quasi che la guerra fredda non sia ancora finita.

 

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