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Le ultime ore hanno dato l'immagine (anche all'estero) di un governo in ordine sparso. L'apparizione ieri sera di Paolo Savona a ''Porta a Porta'' ha fatto saltare i nervi a più di un grillino e sicuramente pure ai leghisti. L'uomo non è manovrabile, dice quello che pensa, e ieri quello che pensava era ''se lo spread supera una certa soglia, la manovra va rivista''.
Oggi Salvini dopo aver smentito Tria sullo stanziamento per la Flat Tax si è messo a smentire pure il ministro per gli Affari Europei: ''Spread a 400? Noi tiriamo dritti'', aggiungendo però di non credere a un differenziale che arrivi così in alto (non si sa su che basi). Le dichiarazioni del Prof. Savona ovviamente non erano concordate, ma quasi nulla è concordato: nel governo manca una strategia comune e soprattutto una regia.
Né i leghisti né i grillini vogliono affidare all'altro la linea da adottare, e ognuno va per conto suo: ci sono i due leader, le seconde linee, i ministri tecnici, il premier, e pure uno come Roberto Fico che va a Bruxelles e smentisce la posizione feroce del governo.
PAOLO SAVONA GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI
I due dioscuri erano stati convinti dagli economisti più influenti nel mondo gialloverde che aumentare il deficit dall'1,6% (che poi era un 2% con la sterilizzazione dell'Iva) al 2,4% non avrebbe creato sfracelli, visto che molti in Europa e in Italia si aspettavano pure lo sforamento del 3%. E invece sono stati investiti da tutta la forza (residua) delle istituzioni nostrane – Corte dei Conti, Upb, Bankitalia – e internazionali – Fondo Monetario, commissari europei vari e variopinti, sordi a ogni rassicurazione governativa.
Di Maio sperava di giocare al poliziotto buono/poliziotto cattivo con Bruxelles, con Salvini che ringhia e lui che cerca la mediazione. In realtà ha capito di non avere alcun margine.
Il premier Conte si è detto rassicurato dal silenzio della Germania sulla manovra italiana, non capendo (o fingendo di non capire) che la Merkel e i suoi ministri resteranno muti fino al 14 ottobre, giorno delle elezioni in Baviera. Fino ad allora, si concentrerà solo sul voto nel Land e sul risultato del suo alleato/nemico Seehofer.
Salvini come detto più volte non può mollare i 5 Stelle, e lo conferma oggi la 'Stampa': il Quirinale non manderebbe il Paese al voto prima delle elezioni europee ma cercherebbe una maggioranza di qualunque colore in Parlamento. Mattarella, via Zampetti, si è sempre mostrato favorevole a un eventuale accordo tra i 5 Stelle e il Pd.
L'unica paura vera dei due, al momento, si chiama rating: nei pour parler con chi bazzica il mondo della finanza, pare che ci siano poche speranze di evitare il downgrade. Questo ha fatto scattare l'allarme rosso: se finora lo spread non ha avuto nessun effetto duraturo sull'economia italiana, finire a un gradino dal junk metterebbe le banche italiane sull'orlo del precipizio. Un altro notch, un'altra tacca, e non potrebbero più usare i Btp come collaterale per ottenere liquidità dalla Bce, mandando il Paese in una spirale che ha come punto di atterraggio il default.
Come uscire dal vicolo cieco? Non potendo davvero mettere le promesse del DEF in stand-by fino alle elezioni europee, la strategia dell'ultim'ora è di spalmarle non più su 3 anni, ma su 5. Basterà per placare gli investitori? Oggi la Borsa di Milano, che stava riprendendo fiato con lo spread in calo a 290, ha chiuso poi in netto ribasso (-1,7%) per le cattive prospettive del settore del lusso e dell'automotive.
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