DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Zatterin per “la Stampa”
SALVINI - BERLUSCONI - MELONI - VIGNETTA BY BENNY
Silvio Berlusconi sa sempre regalare un buon titolo. «Pensione minima a mille euro», ha promesso in caso di vittoria a chi voterà Forza Italia e non si porrà tutta una serie di domande, come «ma davvero?», «lordi o netti?», «a tutti, o solo a chi ne ha bisogno?» e, alla fine, «quanti miliardi costa e chi paga?». Un esperto di cose Inps taglia corto e risponde che «occorre un botto di soldi che non ci sono», ma poi si arrende alla consolidata legge della campagna elettorale: l'impegno di spesa prevale sulla copertura. La lotta per il consenso già in queste prime ore di propaganda feroce pare destinata a creare un pericoloso fronte #ForzaDebito. Non che se ne preoccupino molto, soprattutto alcuni. Si vuole il governo e poi si vedrà.
Nell'attesa, annotiamo che la pensione a mille euro - spannometricamente, per carità - riguarda il 32% degli ex lavoratori, ovvero 5-6 milioni di uomini e donne. Il che, in numeri, equivale a una spesa previdenziale aggiuntiva tra i 20 e i 27 miliardi l'anno. Cioè 100 miliardi per un'intera legislatura se il cavaliere si afferma e mantiene la parola.
Non che sia tempo di ampliare la voragine del passivo repubblicano che veleggia oltre il 150% del pil. La congiuntura è sfavorevole, ci sono la guerra e la pandemia, l'inflazione rovente e il gas ristretto, i tassi stanno crescendo e, nonostante il lavoro del Tesoro nell'allungare le scadenze, il servizio del debito è destinato a salire rapidamente e presto.
Oltretutto, qualora finissimo in una tempesta da alto spread, la pur mite linea della Bce per aiutarci richiederebbe il rispetto dello status quo, dunque conti aggiogati e rispetto degli impegni del Pnrr.
Scostamento zero, insomma.
La strada consigliata è questa.
Da Calenda a Salvini Ce l'ha in testa Carlo Calenda quando scrive nel Patto repubblicano che «nessun taglio di tasse può essere fatto ricorrendo a deficit aggiuntivo» e che il bilancio «va tenuto sotto controllo». È un piccolo conforto per chi teme le deviazioni dei conti pubblici e ne immagina gli effetti, una sensibilità che porta il leader di Azione in sintonia con il Pd di Enrico Letta, per il quale la stella polare resta l'agenda virtuosa di Draghi. I dem vogliono il taglio del cuneo fiscale (6,4 miliardi il costo che stimano nel 2023) e lavorano a un salario minimo che combini l'estensione del Tec (Trattamento economico complessivo) e la definizione di soglie minime per le fasce più povere e deboli. A sentire loro, l'equilibrio di cassa è garantito.
Non è la stessa cosa se si scorre il taccuino di Matteo Salvini. Lo sbarbato leghista, che due settimane fa auspicava 50 miliardi di extradeficit da distribuire agli italiani, si vincola a un azzeramento delle cartelle fiscali. Un condono, a dirla col suo nome. Quanti soldi? Il signore del Carroccio si riferisce almeno ai 34 milioni pratiche congelate causa pandemia che, poco alla volta, hanno ripreso a partire da marzo.
matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 8
Si tratta di atti che, se cancellati, comporterebbero minori entrate per lo Stato e le amministrazioni locali (cioè noi) pari a 75 miliardi l'anno, con un totale che supera i 110 miliardi visto che la prospettiva è di 18 mesi. Denari svaniti e un segnale preciso per chi le cartelle deve onorarle: ora potrà anche valutare di non farlo e aspettare la sospensione dell'onere.
Salvini promette poi la riduzione dell'età pensionabile, ponendo "quota 41" per gli anni di contribuzione e caricando un ulteriore fardello sulle spalle dell'Inps. «Costosissimo», assicura l'esperto dell'Ente. Come il vitalizio alle mamme immaginato da Berlusconi. Per poterselo permettere occorrerebbero maggiori entrate, montagne di entrate. Invece il capitano leghista insegue la leadership da sondaggio di Giorgia Meloni rintavolando la Flat Tax, i cui effetti sul bilancio sono noti. Secondo la stima dell'economista Carlo Cottarelli una vera e propria imposta piatta «costerebbe circa 57 miliardi allo Stato di cui 46 andrebbero a favore del Centro-Nord e solo 11 al Sud». Senza contare che i benefici sarebbero percentualmente più ricchi per i redditi alti. Più Sceriffo di Nottingham che Robin Hood, in breve. E Tesoro coi forzieri più leggeri.
matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 5
I programmi Giorgia Meloni sta scrivendo un programma di migliori intenzioni. Sul sito c'è il vecchio che andrebbe considerato "ufficiale"; eppure, si capisce che non lo è più così tanto. Quello era per l'opposizione, ora si pensa al governo. «Vogliamo concentrarci sulle cose che si possono fare», ha detto alla Stampa, precisando di voler mantenere gli impegni del Pnrr, salvo provare a convogliare risorse dove l'Italia è più competitiva degli altri, cosa che non le pare stia succedendo. Centrali, per FdI, gli aiuti a chi assume, il taglio del cuneo, l'azzeramento del reddito di cittadinanza, una flat tax incrementale oltre i 100 mila euro di reddito. Si ritroverà con Salvini e azzurri nel garantire tassisti e balneari, il che porta voti, ma costa in benefici allo Stato e ai cittadini. Da vedere sarà l'effetto dell'europeismo sovranista. Una tensione con Bruxelles potrebbe colpire il debito. La grammatica dell'euro non è stata chiarita.
C'è voglia di spesa pure al centro e a sinistra. Inevitabile.
Il Pd si batte fra l'altro per «rafforzare il potere d'acquisto dei salari» con l'estensione dei bonus per le categorie escluse ( 600 milioni annui). Calenda vuole detassare l'assunzione dei giovani sino a 25 anni e cercare gettito nelle transazioni digitali, per alleggerire il fisco da lavoro e produzione: «Ogni euro recuperato dall'evasione deve essere minor tassazione l'anno successivo».
Sul cuneo fiscale converge Giuseppe Conte, guida dei grillini, che però non esclude l'ipotesi di uno scostamento di bilancio. «Valuteremo ogni opzione», ha ammesso "l'avvocato degli Italiani" alla Stampa. Per il resto, i discepoli di Grillo partono dai nove punti proposti a Draghi per restare al governo, collana di auspici tutti piuttosto esosi, come il reddito di cittadinanza, gli aiuti straordinari per famiglie e imprese, il proseguimento del superbonus al 110 per cento e il cashback anche come strumento di lotta all'evasione. Benefici da valutare; spese sicure. In linea con chi lamentava che le promesse elettorali sono come una vendita all'incanto di merce rubata. Non è sempre così, a ben vedere. Ma questa corsa italiana al voto nell'anno rovente del signore 2022, sinora, sembra offrire più conferme che eccezioni alla nefasta regola.
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