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DAGOANALISI
Dalle ultime tornate elettorali amministrative non emerge un vincitore sicuro, ma soltanto un Grande Sconfitto: il piccolo Ceasescu di Rignano sull’Arno che dalle urne esce pesantemente (e soprattutto politicamente) bastonato e ridimensionato. Per il cazzone Matteo Renzi che, abusivamente, continua a occupare sia la poltrona di premier sia la segreteria del Pd si è trattato poi di un doppio schiaffone. Una vera e propria bocciatura da parte di chi per protesta (o vendetta) non è andato a votare (astensionismo ai massimi storici nelle ex roccaforti rosse) e di chi, nell’urna, gli ha voltato le spalle e, in pratica, ha inteso sfiduciare pure l’esecutivo in carica a Roma.
matteo renzi maria elena boschi
E comprensibile allora il disagio dei pastonisti politici in servizio sulle pagine del giornaloni dei Poteri marciti, nel prendere atto – sia pure in ritardo -, che il “loro” Renzi non riesce più a intercettare quei vasti consensi che erano alla base del futuro Partito della Nazione.
“Il Pd e il Partito di Renzi (PdR) non sembrano aver trovato integrazione reciproca, al momento del voto (…) Le tensioni interne alla base elettorale di Centro-sinistra si sono tradotte in fratture. Difficili da riassumere e tanto più da saldare”, ha osservato acutamente Ilvo Diamanti.
Il politologo e collaboratore de “la Repubblica”, però, è assai poco ascoltato nel quotidiano di Ezio Mauro e Sorgenio De Benedetti, che invece stravedono, con l’eccezione del sommo Eugenio Scalfari, per il piccolo Ceasescu di Rignano sull’Arno.
Quello che ben presto si sta trasformando nell’ennesimo abbraccio mortale tra l’anziano Ingegnere e il suo ultimo giovane protégé rouge.
“Pd, nuova frenata”, titola benevolente a tre colonne il giornale diretto da Mauro. “Il Pd perde anche Venezia”, gli fa eco indulgente il Corrierone di Luciano Fontan-amara. La filosofia ingannevole dei titoli rivela appieno la malafede di una stampa codina che addebita al Pd e non al suo leader la batosta elettorale. Mentre sbandiera sempre il suo nome del quando il suo partito vince. Anche se oramai capita raramente.
Eppure sia alle ultime regionali sia alle comunali di domenica, la sconfitta del Centro sinistra porta un solo il nome. Il nome a caratteri cubitali di Matteo, “sbianchettato” in tutti i titoli del Corrierone e de “la Repubblica”.
Ma non era un uomo solo al comando al Nazareno e nel Bel Paese?
Tant’è.
Nel giro di appena un anno, la nuova Opera nazionale ballista - figlia della Grande Rottamazione renziana -, ora deve fare i conti con una realtà ben diversa dalle trionfali europee 2014 che i media avevano consegnato alla storia trionfale del futuro Ceasescu di Rignao sull’Arno.
Mai analisi del voto, ahimè, sembra prestarsi stavolta ad interpretazioni ambigue.
- Renzi Stanlio&Olio (Segretario&Premier) e il partito delle “anime morte”, il Pd spaccato in correnti, che l’ha mollato al suo destino nelle “zone rosse”, escono con le ossa rotte dalla contesa elettorale sia pure parziale.
- Il Re degli Impresentabili, sì proprio lui Silvio Berlusconi, incassa alcuni risultati (Liguria e Venezia in primis) che rianimano le speranze di Forza Italia e del Centro destra, che erano già dati per morti. Il che significa che con un Cavaliere tornato provvisoriamente in sella tutti i parlamentari fuoriusciti dalle fila azzurre (Ncd di Alfano&Casini) a breve torneranno a guardare al loro ex capataz di Arcore come il solo approdo sicuro per essere rieletti in caso di voto anticipato. Certo, non sarà Renzi a farsi eventualmente carico degli “scaricabili”.
Brunetta Salvini foto Lapresse
- Il governo del cazzone Matteo, di fatto, è stato “sfiduciato” dal suo partito (di maggioranza relativa) e dagli elettori del Pd che, turandosi il naso, sono andati a votarlo “nonostante Renzi”. Ma non ha attratto, come sperato, gli elettori moderati (e in uscita dal Centro destra) richiamati dalla sirena del PdR (Partito di Renzi) “nonostante il Pd”. Spiega ancora Ilvo Diamanti: “Da qualche tempo - questa convergenza di elettorati - sempre più lontani, fra loro - non funziona più”.
- Al Senato, l’esecutivo imposto dall’ex presidente Giorgio Napolitano facendo strame della Costituzione, oramai si regge su una fragile (e impropria) maggioranza politica Pd-Ncd, cioè gli “impresentabili” di Angelino Alfano, dal destino a dir poco incerto.
napolitano mattarella gasparri
Infine, al Quirinale il piccolo Ceasescu di Rigano sull’Arno non potrà più contare sull’appoggio di Bellanapoli, il principale responsabile del “papocchio” istituzionale del siluramento di Enrico Letta per far posto a Renzi, senza alcun passaggio parlamentare (sfiducia). E Sergio Mattarella non vede nelle elezioni anticipate l’unica alternativa nell’ipotesi – non improbabile -, che la maggioranza di governo dovesse andare a pezzi a palazzo Madama. Per il Capo dello Stato il dopo Renzi è già cominciato.
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