BONGIORNO? MICA TANTO - DALLA “NON ASSOLUZIONE” PER ANDREOTTI ALLA BATOSTA PER SOLLECITO E TIZIANO FERRO, TUTTE LE SCONFITTE DELL’AVVOCATESSA CARA A GIANFRANCO FINI

Andrea Scanzi per il "Fatto quotidiano"

Come sono lontani quei tempi spensierati e lieti, in cui era possibile perfino esultare a favore di telecamera per una vittoria che non era tale. Giulia Bongiorno, dopo la lettura della sentenza sul suo assistito, il Divo Giulio Andreotti, uscì dall'Aula e si esibì in un salto plastico gridando "Vaiiii!!!". Balzò oltre la scalinata come quasi una Carl Lewis tardiva, poi prese tutti i cellulari che trovava in giro nella speranza di chiamare il "Presidente".

Ogni tanto, stravolta dalla gioia, farfugliava parole a caso mentre spippolava sui tasti: "Mettilo qui...", "Un posto dove c'è ggghhh", "Fatemi mettere!", "Non c'è campo". Chinata su se stessa, esibiva fiera un'acconciatura figlia di bigodini molto incazzosi. Presto, nonostante la congiura del campo assente, la Bongiorno potè condividere cotanta letizia con Andreotti per quella che troppi chiamarono "assoluzione" e pochi battezzarono per quello che era: "Reato di partecipazione concretamente ravvisabile all'associazione per delinquere (mafia) commesso fino al 1980".

Però "prescritto". Tale gaudio, rigorosamente immotivato, le comportò la caricatura di Dario Ballantini a Striscia la notizia e le ispirò un libro-agiografia sul Divo, così intenso da sciogliere il cuore a Enrico Letta: "(Andreotti) è un modello, un'icona mitica nella casa di mio zio".

Ora quei tempi sono lontani. E Giulia Bongiorno, 48 anni, si trova non meno sbigottita del suo assistito Raffale Sollecito, condannato a 25 anni per omicidio. Pochi mesi fa, con consueta aria sicura, la Bongiorno parlava di "prove che si sgretolano" e si diceva "sicura della estraneità". La Bongiorno è spesso presa a esempio di donna vincente. Mica tanto. Tanti si sono affidati a lei. Da Piero Angela a Sergio Cragnotti, da Vittorio Emanuele di Savoia a Gianfranco Fini. Instancabile, ha lavorato anche per Clementina Forleo. Ha fondato un'associazione con Michelle Hunziker che assiste donne vittime di discriminazioni e abusi. È stata tra i fondatori di VeDrò (sempre Enrico Letta).

È supervisore dell'area legale del Cda della Juventus ed è stata deputata. Già qui, nella sua carriera politica, si intuisce quella sua tendenza a giocare molto,e vincere qualche volta, ma anche (e soprattutto?) a perdere. Soprattutto quando tutti la guardano. Deputata con An nel 2006 e due anni dopo con il Pdl, nel 2013 era uno degli assi teorici di Mario Monti. Macché: niente scranno da senatrice.

E niente elezione in Regione Lazio con la rutilante lista civica "Per Bongiorno Presidente" (Fli più Udc). È, però, nell'attività forense che la Bongiorno suole dare il meglio di sé, assurgendo orgogliosamente a una sorta di Taormina in gonnella. Negli ultimi giorni, in particolare, è stato un trionfo continuo.

Non solo la stangata a Sollecito, ma pure la mazzata per evasione fiscale a Tiziano Ferro (sì, difendeva pure lui). Eccezioni in un palmares inattaccabile? Non esattamente. La Bongiorno suole cimentarsi con la giustizia sportiva. Europei di calcio 2004. Totti sputa al danese Poulsen. Rischia quattro giornate.

Chiamano lei, che promette miracoli e poggia la tesi difensiva sul fatto che la telecamera era birba e fissa su Totti, certa che qualcosa sarebbe successo e dunque prevenuta (la telecamera, mica Poulsen). Non va benissimo e Totti si becca tre giornate (invece di quattro). Scoppia il calcioscommesse e molti la vogliono. Tipo Stefano Bettarini. Lei, di nuovo, cerca di prendere in contropiede la logica: Bettarini non ha colpe perché è un maniaco degli sms e le sue previsioni sono da ritenersi null'altro che chiacchiere da bar smentite dai fatti.

Stranamente i giudici non ne restano ammaliati e, zac, cinque mesi a Bettarini. Anche Antonio Conte, dopo la sentenza di primo grado, si affida a lei: condanna confermata. Recentemente il diversamente sex symbol Niccolò Ghedini l'ha scelta come avvocato difensore nel Ruby Ter. Forse per inseguire l'assoluzione, o forse per espiare definitivamente le proprie colpe.

 

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