RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Fabio Galvano per La Stampa
È destino dei grandi, sovente, essere dissacrati. Ora tocca a Charles Dickens, grande tra i grandi e secondo solo a Shakespeare nell' ammirazione d' Oltremanica. Che fosse un tipo un po' bizzarro già si sapeva: non è raro che i geni giochino con la follia. Ma la biografia che gli regala un noto scrittore inglese, a 150 anni dalla morte (9 giugno 1870), va ben oltre.
Già il titolo - The Mystery of Charles Dickens (ed. Atlantic) - suggerisce una rilettura con molti punti interrogativi del personaggio celebre in tutto il mondo per romanzi come David Copperfield e Oliver Twist. Ma Andrew Norman Wilson, che si firma semplicemente A. N. Wilson, è andato a scavare nell' intimo dello scrittore, per scoprirne o semplicemente metterne in risalto alcune debolezze. La misoginia, per esempio.
Sigmund Freud avrebbe avuto una giornata campale per spiegarla con il suo odio per la madre Elizabeth, la quale appena dodicenne lo tolse da scuola e lo mandò in fabbrica a incollare etichette sui vasetti di lucido per scarpe quando il padre finì per tre mesi nel carcere dei debitori. «In seguito non ho mai dimenticato. Non dimenticherò mai. Non posso mai dimenticare», scrisse Dickens all' amico John Forster.
Quell' odio, che secondo Wilson permea molti personaggi femminili dei suoi romanzi, lo portò - lui cantore della famiglia e dei valori familiari - ad atteggiamenti persino crudeli nei confronti della moglie Catherine, a violenze verbali (e forse non solo), a continui tradimenti, a un malsano rapporto con un' attricetta che fu a lungo sua amante, a una consumante ossessione per l' omicidio di Nancy (la prostituta di Oliver Twist) che amava replicare recitando la scena anche in pubblico con tale veemenza da uscirne visibilmente provato. Amava scherzare a proposito dei propri «istinti omicidi» e diceva di avere «la vaga sensazione di essere un ricercato».
Povera Catherine. La sposò che lui aveva 24 anni e lei 19, figlia del suo capufficio al Morning Chronicle, il giornale londinese per cui lavorava. Già alla fine della luna di miele, afferma Wilson, la signora Dickens aveva capito che con il marito avrebbe spartito il letto e poco più: la ricetta per una vita miseranda. Fu una storia di continue umiliazioni: dall' accompagnarla al mercato e nei negozi, convinto che lei non ci sapesse fare, alle scenate perché magari una sedia era fuori posto e lui - amante fanatico dell' ordine - non poteva sopportarlo.
Nei primi anni viaggiarono anche insieme: Stati Uniti, Italia, Francia. Poi il muro contro muro. Ma quando lei arrivò sulla quarantina, non più carina ma matronale e petulante, le insolenze divennero all' ordine del giorno. Tanto che Frederick Evans, amico ed ex editore di Dickens, cessò di frequentare la loro casa: «Non posso sopportare la sua crudeltà verso la moglie. La insulta alla presenza di ospiti, bambini e servi, bestemmiando sovente e ferocemente».
Dickens arrivò anche a creare una barriera fisica in casa.
Un matrimonio a rotoli, fino alla separazione da quella donna «con le più miserevoli debolezze e gelosie», come scrisse a un' amica; separazione umiliante, annunciata come fu con inserzioni su vari giornali. Chiunque avesse sposato, suggerì qualche anno dopo la figlia Katey, sarebbe stato un disastro: «Non capiva le donne».
Dimostrò i suoi limiti anche con le numerose amanti, che pretendeva di controllare a bacchetta. E se da una parte sapeva offrire un volto bonario e generoso, come quando nel 1847 propose e poi organizzò un rifugio per le «donne cadute», quasi tutte prostitute recuperate dai bassifondi di Londra, la sua misoginia avrebbe trovato sfogo come elemento di controllo sessuale su tutte le donne che ebbero la ventura - o sventura - di incrociare la sua strada.
Persino quando prese a praticare l' arte dell' ipnosi fu soprattutto su una schiera di avvenenti signore che si esercitò, come spinto dal desiderio di averle in suo potere. D' altra parte Dickens, padre di dieci figli, non poteva portare ai propri appetiti sessuali un' energia meno esuberante di quella che aveva accompagnato la sua carriera di giornalista, scrittore, attore, viaggiatore.
Il caso più lampante del difficile rapporto con l' altro sesso fu quello di Nelly Ternan, pizzicata appena diciottenne da un palcoscenico del West End. Fu la sua amante per tredici anni.
La sua schiava, si direbbe con linguaggio moderno, controllata e manipolata come Dickens cercava di fare con tutte le sue amanti. Metteva becco su tutto: sull' arredamento della casa che aveva affittato per lei a Peckham, sul suo abbigliamento, sulla sua cucina. Tutto davvero come conseguenza del suo odio per la madre, come suggerisce Wilson? Certo è che a Nelly andava bene così.
Fu in quella casa di Peckham che lui si sentì male, durante la sua ultima visita settimanale. Lei riuscì a farlo arrivare a casa con una carrozza, per evitare lo scandalo. Il mattino dopo, lasciandosi alle spalle ogni complicazione e contraddizione, Dickens morì. Era il 9 giugno 1870, aveva appena 58 anni.
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