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Roberto Giovannini per ‘La Stampa’
I gufi si stanno estinguendo, chiamate il Wwf. Anzi, non ci sono proprio mai stati. Parliamo di «gufi» politici, quelli che a volte Matteo Renzi ha chiamato «rosiconi» o «sciacalli»: chi, neanche troppo di nascosto, sperava che le elezioni europee assestassero una bella botta all’ego strabordante del premier. La sorpresa - ma neanche poi tanto - è che all’indomani del trionfo elettorale nessuno ammette di essersi seduto sul trespolo. Non solo non gufava nessuno; ma appunto, tutti, sono felicissimi del successo del Pd e del presidente del Consiglio.
Renzi a dire il vero i «gufi» non li ha mai indicati per nome e cognome. Ma a Palazzo Chigi si sa bene di chi stiamo parlando: i sindacalisti di Cgil-Cisl-Uil, a cominciare da Susanna Camusso e Raffaele Bonanni. La sinistra del Pd che ha addirittura accarezzato l’idea della scissione e ha definito «scellerate» le progettate riforme istituzionali.
La Confindustria di Giorgio Squinzi, che specie all’inizio ha sparato a zero. I grandi e piccoli poteri colpiti dalle riforme o dall’effetto rottamazione: le Camere di Commercio, i grandi dirigenti della pubblica amministrazione considerati ferrivecchi, i boiardi delle partecipate pubbliche segati impietosamente, le banche castigate per finanziare gli 80 euro.
Nel day after però di gufi (se a questo punto ce n’erano) davvero non c’è traccia. «È un risultato strabiliante, siamo contenti e soddisfatti», dice Massimo Gibelli, uno dei più stretti collaboratori di Susanna Camusso. «Ma vi pare - afferma - che noi potessimo tifare per Grillo, Forza Italia o Sacconi? Ha vinto una sinistra riformista, che fa riferimento al socialismo europeo, che ha fatto una politica redistributiva che condividiamo e abbozzato riforme importanti».
D Alema regala a Renzi la maglietta di Totti
E la scelta di fare assemblee contro la riforma del pubblico impiego proprio venerdì scorso? «Un caso». E Renzi che distorce la democrazia? «Su alcune cose c’è dissenso - è la replica - così come sulla necessità di ascoltare le parti sociali». Nessun problema anche dalla Cisl, a sentire lo staff di Raffaele Bonanni: «quello è un problema della Cgil - dice il suo uomo comunicazione Salvo Guglielmino - noi siamo stati come al solito alla finestra. Gli iscritti al sindacato avranno votato in massa Pd, magari turandosi il naso: ma si poteva far finta di niente di fronte al rischio Grillo?».
Nel Pd fa un po’ impressione il silenzio dei potenti d’antan, da Massimo D’Alema a Rosy Bindi a Franco Marini. Pierluigi Bersani e Gianni Cuperlo plaudono alla vittoria con entusiasmo. «Non ho mai fatto parte della categoria dei gufi - dice Cesare Damiano, un autorevole esponente della sinistra - non condivido alcune delle scelte e delle proposte di Renzi, ma noi appoggiamo lui e il governo in modo leale e critico quando serve». Per Damiano nel Pd nessuno ha remato contro: «sarebbe stato folle».
Ma non troviamo «gufi» neanche nel mondo dell’impresa. Le banche furiose per la tassazione extra? «A nessuno fa piacere pagare più tasse - dicono i collaboratori del presidente Abi Antonio Patuelli - specie in un anno difficile. Detto questo, le banche per definizione sono per la stabilità e contro le avventure».
E la Confindustria di Giorgio Squinzi, che specie all’inizio dell’avventura di Renzi non lesinò mazzate e critiche? «Nessuna freddezza - dice Fabio Minoli, il portavoce del presidente e patron Mapei - e alcune storie iniziali sono state esagerate dai giornali. Abbiamo accolto molto positivamente il decreto lavoro e constatiamo che importanti processi di riforma si sono messi in moto. Il fatto è che dopo il voto il governo Renzi ha una forte legittimazione. E che noi non stavamo nella lista dei gufi».
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