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LA MOSSA DEL PREFETTO CON IL PLACET DEL PREMIER DOPO 3 GIORNI DI SILENZIO
Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"
La valutazione sull'opportunità di intervenire pubblicamente era cominciata venerdì, il giorno dopo la sentenza di condanna dei poliziotti che il 21 luglio 2001 fecero irruzione nella scuola Diaz a Genova. Gianni De Gennaro, all'epoca capo della polizia, aveva affrontato la questione con il presidente del Consiglio Mario Monti, consapevoli entrambi che l'attuale ruolo del prefetto avrebbe potuto coinvolgere nelle polemiche l'intero governo. Da più parti veniva infatti invocata una sua richiesta di scuse, i rappresentanti dei movimenti di contestazione al G8 di Genova avevano sollecitato le sue dimissioni.
E il silenzio, da parte di chi ricopre adesso un incarico delicato come quello di sottosegretario con delega ai servizi segreti, poteva suonare come un'ammissione di colpa. La linea dell'Esecutivo era stata resa pubblica dal ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri, quando aveva espresso giudizi molto critici sulla perquisizione all'interno della Diaz, definendola «un'operazione sbagliata» e - pur precisando di non voler esprimere giudizi sulla gestione passata - aveva evidenziato la necessità che «chi ha sbagliato subisca le conseguenze e soprattutto si assuma le proprie responsabilità ».
Una posizione condivisa dall'attuale capo della polizia Antonio Manganelli che proprio venerdì, dopo aver sostituito i vertici dell'Anticrimine, aveva deciso di chiedere pubblicamente scusa. Pur non entrando nel merito di quanto accaduto nel corso della perquisizione di undici anni fa, la sua nota ufficiale aveva come obiettivo la «pacificazione». A quel punto De Gennaro non ha più potuto continuare a tacere. Ha scelto di attendere un giorno, per misurare eventuali nuove polemiche che potevano seguire la sortita di Manganelli, e poi ha diramato il suo comunicato.
Non chiede scusa De Gennaro, si limita a esprimere «profondo dolore per le persone che a Genova hanno subito torti e violenza». Poi esprime solidarietà ai funzionari condannati, a quegli uomini che proprio lui scelse di inviare al G8 e hanno pagato il prezzo più alto visto che oltre alla condanna da scontare ai domiciliari o con l'affidamento in prova ai servizi sociali, sono stati anche interdetti dai pubblici uffici e dunque estromessi dalla polizia. Il prefetto non è mai stato coinvolto nell'inchiesta su quanto accadde quella notte.
Processato per un aspetto collaterale, sospettato di aver istigato l'allora questore di Genova Francesco Colucci a rendere falsa testimonianza, è stato assolto definitivamente dalla Cassazione. E proprio a questo sembra riferirsi quando sottolinea che «le sentenze della magistratura devono essere rispettate ed eseguite, sia quando condannano, sia quando assolvono».
Quattro giorni dopo l'irruzione che si era trasformata in un massacro, rilasciò un'intervista al Tg5 di Enrico Mentana e affermò che il blitz alla Diaz «era una normale perquisizione trasformata in un'operazione di ordine pubblico dal comportamento violento degli occupanti», come risultava dai verbali che invece - lo certifica la sentenza della Cassazione - erano falsi. Ora spiega di aver «sempre ispirato la mia condotta e le mie decisioni ai principi della Costituzione e dello Stato di diritto» e sgombra il campo da possibili dimissioni quando dichiara: «Continuerò a farlo con la stessa convinzione, nell'assolvimento delle responsabilità che mi sono state affidate in questa fase».
à un passaggio evidentemente concordato con il premier Monti che gli ha rinnovato la propria fiducia dopo aver avuto la certezza che nessuna conseguenza giudiziaria nei suoi confronti avrebbe potuto avere la sentenza di giovedì. Un'affermazione necessaria per chi è delegato a rappresentare il governo in Parlamento e sulla scena internazionale quando si tratta di rendere conto dell'operato degli apparati di intelligence e dunque deve muoversi avendo un mandato pieno.
Una dichiarazione che non basterà a chi continua a invocare una pubblica ammissione di colpa dopo le condanne gravi inflitte a funzionari e agenti riconosciuti colpevoli di aver usato violenza contro i manifestanti che dormivano nella scuola e di aver poi falsificato le prove.
Gianni De Gennaromario monti dubbio scontri G8 scontri scuola diazDOCUMENTARIO BELLA CIAO SUL G OTTO DI GENOVA Antonio Manganelli e Gianni De GennaroFrancesco Colucci
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