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Paolo Baroni per "la Stampa"
debito pubblico in percentuale del pil
A gennaio il debito pubblico italiano ha messo a segno un altro record storico toccando quota 2.603 miliardi di euro, 33,9 in più di fine 2020. In media sono ben 43.646 euro per abitante neonati compresi, o «quasi 100 mila euro a famiglia» come segnala l' Unione nazionale dei Consumatori. È l' effetto del Covid che fa volare il deficit e affonda le entrate, anche per effetto dei molti pagamenti che sono stati ridotti o fatti slittare.
L' emergenza spiega tante cose, se non tutto, ma è evidente che alla fine dell' emergenza - come ci ha ricordato di nuovo ieri l' Eurogruppo - la questione del debito andrà affrontata. Magari con gradualità, ma occorrerà intervenire.
Il «buco» del 2020 Secondo le stime del Centro studi di Unimpresa il «buco» prodotto l' anno passato dalla pandemia ammonta a oltre 101 miliardi di euro: 28 di minori entrate e 73 di maggiori spese. A causa delle restrizioni decise dal governo per far fronte all' emergenza sanitaria il gettito fiscale è calato del 6%, passando da 460 a 432 miliardi; mentre le uscite sono passate da 552 a 626 miliardi (+13,3%). Rispetto al 2019 lo sbilancio dei conti è praticamente raddoppiato passando da 92 a 193 miliardi.
A fine 2020 il debito pubblico italiano ha toccato quota 2.569 miliardi, crescendo in media di 13, 2 miliardi al mese, con un ritmo 5 volte maggiore rispetto all' anno prima (quando l' incremento era stato pari a 2, 4 miliardi al mese).
Lo stock complessivo è salito di 159,3 miliardi (+6, 61%) rispetto ai 2.409,9 miliardi del 2019, quando il debito era cresciuto di «soli» 29,5 miliardi (+1, 24%) rispetto ai 2.380,3 miliardi del 2018, anno in cui lo stock era cresciuto di «appena» 51,6 miliardi (+2, 22%).
Gennaio «nero» A gennaio, in base ai dati comunicati ieri da Bankitalia, l' asticella del debito è salita ancora, soprattutto per effetto dell' aumento da 32,6 a 75,1 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro.
Sul fronte delle entrate per Bankitalia nel primo mese dell' anno c' è stato un aumento del 2% a quota 36,7 miliardi, ma solo grazie a partite straordinarie perché altrimenti il saldo sarebbe stato negativo. Il Tesoro, che utilizza altri criteri contabili rispetto a via Nazionale, segnala invece un calo del gettito pari a 3,7 miliardi (-5,8%), mentre nell' intero 2020 le entrate fiscali e contributive sono scese del 6,4% ovvero di 46,65 miliardi (tasse -32,5, contributi -14,15).
Analizzando gli andamenti del 2020, secondo Unimpresa, i mesi di aprile, maggio e giugno sono stati i mesi più duri per quanto riguarda le entrate tributarie, con riduzioni rispettivamente del 20%, del 27% e del 19% su base annua, mentre i maggiori esborsi si sono registrati a giugno, settembre e novembre con incrementi che rispetto al 2019 erano pari al 100%, al 57% e al 41%.
È vero che per tutto il 2022 il patto di stabilità resterà ancora sospeso e che la Bce continuerà ad acquistare i titoli di Stato, ma è altrettanto evidente che l' Italia farà sempre più fatica a gestire un debito che viaggia attorno al 160% del Pil. E ieri l' Eurogruppo, oltre a suggerire di «continuate a sostenere l' economia fino a fine emergenza» e «a prendere nota dell' orientamento della Commissione sulla sospensione delle clausole di salvaguardia», è tornato a ricordare «che una volta che la ripresa economica sarà saldamente in corso i paesi dell' area euro dovranno affrontare gli accresciuti livelli di debito attuando strategie di bilancio sostenibili di medio termine», migliorando la qualità dei conti e aumentando gli investimenti.
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Una pesante eredità «Sui dati occorre riflettere in maniera lungimirante, con preoccupazione e responsabilità - commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora -. Anzitutto, chiediamoci chi pagherà questo enorme indebitamento aggiuntivo che, creato nel 2020, dispiegherà i suoi effetti nei prossimi decenni».
Per questo, a suo parere, «la ripresa economica non dovrà solo colmare la perdita sul fronte del prodotto interno lordo, drammatica e storicamente spaventosa, ma dovrà contestualmente gettare le basi per un rapido riavvicinamento all' equilibrio delle finanze pubbliche. Grava sulle future generazioni un fardello pesantissimo che è stato creato da un momento eccezionale - conclude Spadafora - perciò va subito avviata un' inversione di tendenza, anche ricorrendo definitivamente a una lotta agli sprechi, aggredendo le sacche di spesa pubblica improduttiva».
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