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Andrea Nicastro per www.corriere.it
settimana lavorativa di quattro giorni
Nel 1997 il presidente francese Jacques Chirac mise a punto un programma per ridurre la settimana lavorativa da 39 a 35 ore. Lo Stato proponeva di assorbire la gran parte degli oneri fiscali e contributivi per regalare ai lavoratori più tempo libero, più qualità della vita e più possibilità di spendere.
L’idea era che lavorando meno si sarebbe consumato di più con la conseguenza di aumentare il Pil e quindi, indirettamente, il fatturato degli stessi imprenditori. Le aziende fecero opposizione. Il dibattito divenne subito ideologico dividendo destra e sinistra fino a che, nel 2002, le 35 ore diventarono un obbligo di legge. Le discussioni finirono e oggi nessuno in Francia pensa seriamente di tornare indietro. Cinque anni passarono dall’annuncio alla realtà.
La settimana «corta» in Spagna
Il 2021 è forse destinato a diventare l’anno zero per l’introduzione in Spagna delle 32 ore di lavoro su 4 giorni. Gli ostacoli saranno tanti, ma l’obbiettivo è lo stesso, più qualità della vita e più Pil.
Il processo è in moto. A proporre i 4 giorni di lavoro settimanali per l’intera Spagna è Más País, il piccolo partito di Iñigo Errejón, transfuga dell’Unidas Podemos del vicepresidente del governo Pablo Iglesias. I due erano amici fraterni, politologi appassionati e anime gemelle della sinistra antisistema. Poi il successo nelle urne e la gestione del potere li ha divisi.
I 4 giorni di lavoro e le prossime sfide elettorali potrebbero tornare ad unirli. Il “dì qualcosa di sinistra” di Nanni Moretti vale anche per Más País e Unidas Podemos che da partiti di opposizione sono ormai entrati nelle stanze del potere, uno a livello regionale l’altro a livello nazionale.
I vantaggi: meno inquinamento, più formazione e produttività
Il progetto dei 4 giorni di lavoro potrebbe diventare un cavallo di battaglia ideale su cui concentrare l’elettorato. Su Twitter, Errejón sottolinea l’aspetto storico del suo progetto. «Con la settimana di 4 giorni di lavoro, ci stiamo lanciando nel vero dibattito della nostra era. Il tempo per realizzare l’idea è arrivato».
Nelle intenzioni della sinistra spagnola, le 32 ore iberiche avrebbero ulteriori virtù rispetto alle 35 francesi. Primo, aiuterebbero a ridurre l’inquinamento e quindi ridurrebbero il cambiamento climatico. Secondo, permetterebbero la riqualificazione della forza lavoro che nel tempo libero potrebbe aggiornarsi meglio sull’uso delle nuove tecnologie.
Terzo, risponderebbe al dilagare dell’Intelligenza artificiale nelle mansioni più ripetitive senza affossare il potere d’acquisto e quindi la domanda interna. Quarto, nelle parole dello stesso Errejón, «il maggior benessere e la miglior organizzazione della vita permetterebbe un aumento della produttività oraria che è la vera zavorra del lavoro in Spagna».
La sperimentazione
Il provvedimento a cui pensa il governo di Madrid è limitato a un esperimento triennale su un numero ridotto di imprese. A disposizione dovrebbero esserci 50 milioni per aiutare le aziende desiderose di mettersi alla prova. I maggiori costi per le società sarebbero coperti al 100% il primo anno, al 50% il secondo e al 33% il terzo. A quel punto la ditta potrà valutare l’effettivo aumento della produttività individuale e la convenienza delle 32 ore settimanali sul proprio bilancio.
alla Software Delsol si lavora quattro giorni
La contrarietà della Confindustria spagnola
La Confindustria spagnola (Ceoe) non è per niente entusiasta dell’idea. Il presidente della sezione aragonese, Ricardo Mur, sembra il più duro. «È una follia – ha detto -. Nel pieno della peggior crisi spagnola dai tempi della guerra civile, dobbiamo lavorare di più, non di meno. Altrimenti non ne verremo mai fuori».
Nel centro della Spagna, a Jaen, già da un anno c’è un’azienda che ha adottato spontaneamente e senza incentivi le 32 ore settimanali e sia impiegati sia proprietà sono soddisfatti. Nella Software Delsol, 193 lavoratori e 56 mila clienti, la produttività è aumentata del 6% mentre l’assenteismo, già sotto la media nazionale, è calato del 30%.
Sempre in Spagna, la Comunidad Valenciana ha anticipato il governo di Madrid e ha varato per il 2021 un suo mini piano di sostegno alla sperimentazione dal valore di 4 milioni.
Sindacati e imprese non hanno ancora raggiunto intese per chiedere il finanziamento, ma stanno discutendo. Non a caso, nel governo regionale di Valencia ci sono formazioni affini a Más País e Unidas Podemos.
Chi è già partito: da Microsoft a Unilever
La Spagna non è l’unico Paese a pensare ai 4 giorni di lavoro settimanali, nel mondo sono in corso altre sperimentazioni. In Giappone, Microsoft ha sperimentato le 32 ore nell’estate del 2019 con risultati eccellenti: la produttività è salita del 40% e la produzione di CO2 scesa del 20%. In Nuova Zelanda ci sta provando la Unilever locale per i suoi 80 dipendenti e il test di un anno finirà a dicembre 2021.
Il governo spagnolo ha in agenda la discussione e l’elaborazione della proposta entro la fine del mese, con l’obbiettivo di mettere i fondi a disposizione in autunno. Secondo i promotori potrebbero aderire circa 200 imprese medie e piccole e, se tutto andasse come previsto, la Spagna diventerebbe il più grande laboratorio di sperimentazione al mondo per la settimana di 4 giorni di lavoro. Forse il futuro, forse no.
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