DAGOREPORT - MARIA ROSARIA BOCCIA COLPISCE ANCORA: L'EX AMANTE DI SANGIULIANO INFIERISCE SU "GENNY…
1. M5S, PIZZAROTTI SEMPRE PIÃ NEL MIRINO
Francesca Schianchi per âLa Stampa'
Amministrare è «affrontare problemi reali e, a volte, vuol dire anche non vincere alcune battaglie. Vero. Ma questo non vuol dire tradire un ideale». Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti sceglie Facebook per raccontare il suo lavoro di amministratore. E così, senza mai citarlo, risponde a Gianroberto Casaleggio, cofondatore del M5S di cui lui è uno dei più noti rappresentanti, che domenica, dalle pagine del «Fatto quotidiano», lo ha bruscamente invitato a lasciare l'incarico o quantomeno a sottoporsi a un nuovo giudizio degli elettori: «Se io prendo l'impegno di chiudere un inceneritore o lo chiudo o vado a casa», fa riferimento al contestato inceneritore contro cui Pizzarotti si schierò senza riuscire però a impedirne l'apertura.
Così, si arricchisce di un nuovo capitolo il tormentato rapporto tra il primo sindaco di città capoluogo del Movimento, eletto nel 2012, e i vertici con sede a Genova e Milano. Lui ha eccepito su alcune scelte, come la selezione dei candidati alle Europee, mentre ai vertici non è piaciuto un certo suo attivismo nell'incontrare candidati sindaci; ancora nei giorni scorsi c'è stato uno scambio di dediche di canzoni via Internet e l'evidente fastidio del comico genovese per una figura sempre più autonoma (uno «che ha bisogno di visibilità », lo ha definito) vista forse come un potenziale punto di riferimento per altre voci critiche nel movimento. Poi però sembrava tornato il sereno.
Per poco, però, fino all'intervista di Casaleggio, e alla risposta di ieri di Pizzarotti. «Amministrare non è solo proporre la propria idea di politica: è attuare quell'idea. Un'idea che deve essere il più possibile compatibile con la realtà », spiega via Facebook il sindaco parmigiano, e sembra una risposta diretta a Casaleggio quando aggiunge che «fintanto che non si governa tutte queste cose non si possono capire, senza viverle ogni giorno sulla propria pelle non si capiranno mai».
Poi, al Corriere.it aggiunge poche, chiare parole: «Continuo il mio lavoro di amministratore, parlano i risultati della mia amministrazione».
Dal Movimento, pochissimi parlano. Lo fa timidamente via Twitter la deputata Mara Mucci, «Pizzarotti tanto di cappello. Continuate così», ma, chiarisce, nessun riferimento alla polemica con Casaleggio, solo un plauso all'attività svolta a Parma di cui il sindaco rende conto su Facebook.
Mentre Tommaso Currò, deputato considerato «dissidente», definisce «inopportuno e ingrato che il cofondatore chieda le dimissioni del sindaco: Pizzarotti è una persona molto stimata per come sta lavorando. Concordo con lui quando dice che bisogna amministrare, entrare nei problemi per capire come ci si sente: se l'inceneritore è stato aperto evidentemente ci sono stati problemi, non è colpa sua».
A tentare una mediazione è l'ex capogruppo al Senato Vito Crimi, che assicura «nessuna contrapposizione con Casaleggio» e suggerisce al sindaco di «chiedere la verifica degli attivisti», senza alcuna paura visto che «ha fatto un buon lavoro».
2. LA STRATEGIA PIGLIATUTTO DI GRILLO
Massimiliano Panarari per âLa Stampa'
Ed è giunta l'ora (anche) di Federico Pizzarotti. Il sindaco di Parma, dopo settimane in cui si vociferava di scontri e sospetti, è stato ufficialmente scaricato da Gianroberto Casaleggio. L'ideologo che, insieme a Beppe Grillo, compone il duo di «uomini soli al comando» del Movimento 5 stelle, ha decretato una sorta di scomunica nei riguardi di una delle figure più in vista (ed evidentemente non abbastanza allineate) del «partito-non partito».
Il primo cittadino parmigiano finisce nelle «liste di proscrizione» per non essere riuscito a chiudere l'inceneritore, come era stato promesso dal Movimento nel corso della campagna elettorale per le amministrative, e per non avere raccolto il brusco invito a dimettersi. Risulta piuttosto difficile stabilire, nel gioco delle parti tra Grillo e Casaleggio, chi interpreti il «poliziotto buono» e chi quello «cattivo».
Visto che il primo dei due ruoli, del «poliziotto buono», compare assai di rado sul palcoscenico della politica-spettacolo pentastellata. Di sicuro il fondatore della Casaleggio Associati si è particolarmente distinto nel corso di questi mesi in quanto ad anatemi ed espulsioni, che non costituiscono nulla di inedito per la storia della politica ma si infittiscono come non mai dalle parti del Movimento.
Il Pizzarotti sfiduciato - che aveva già subito sul blog di Grillo, all'insegna dell'abituale strategia di «linciaggio linguistico» (e semiotico), la storpiatura del proprio nome in «Capitan Pizza» - si aggiunge così a un nutrito elenco di parlamentari scacciati o fuoriusciti di propria volontà (arrivati a 19), e a numerosi transfughi a livello locale.
Tra i capi di imputazione contestati al sindaco parmigiano, insieme all'«intelligenza col nemico» (sotto forma di suoi contatti con alcuni esponenti del Pd), viene dunque annoverato anche il rischio - da stroncare sul nascere - che potesse diventare un punto di riferimento per i dissenzienti e gli estromessi. Di qui, il diktat. Ma, soprattutto, nascosta dietro il rimprovero per uno stile di governo municipale troppo «democristiano» e «doroteo», e non abbastanza alternativo al «sistema» e alla «casta», si intravede la (vera) questione di fondo.
A ben guardare, infatti, non è tanto la Parma di Pizzarotti a essere troppo poco «laboratorio» per i gusti del Movimento, quanto il fatto che il partito di Grillo (per usare l'espressione di Elisabetta Gualmini e Piergiorgio Corbetta), in maniera programmatica, non intende essere né (men che meno) presentarsi come forza di governo. E, in quest'ottica, per l'appunto, l'«alleggerimento» delle proprie pattuglie parlamentari e la diaspora dei dissidenti non impensieriscono affatto il comico capo politico e il suo sodale guru della Rete; anzi, si rivelano utili a dare vita a una falange compatta e «credente» di deputati e senatori.
Una delle mitologie politiche essenziali del grillismo - con la finalità principale di galvanizzare i militanti - è quella dell'arrivare primi: dalla «vittoria mutilata» (e scippata) delle ultime elezioni politiche all'invocazione del traguardo della «maggioranza assoluta», fino al «Saremo il primo partito» alle europee (come il leader urla nei suoi comizi-show).
Propaganda per i seguaci e gli elettori, va da sé, ma anche retorica basata su un lucido ragionamento analitico (confermato da vari sondaggisti): il postideologico M5S appare, di fatto, come il primo partito effettivamente in grado di abbattere la barriera - non esclusivamente italiana, ma da noi fortissima - che impedisce travasi di voti da sinistra a destra, e viceversa (e che trova un altro fattore di scardinamento nella popolarità , politicamente alquanto trasversale, di Matteo Renzi, anche per questo, appunto, il nemico pubblico n. 1 di Grillo).
La massimizzazione del consenso passa necessariamente per una nuova tipologia di «partito pigliatutto» che possa contemporaneamente prendere voti a destra e a sinistra, e la «versione di Beppe» punta a questo risultato rifiutando di misurarsi con l'amministrazione (la controaccusa che gli muove difatti il quasi defenestrato Pizzarotti) e con le stesse istituzioni.
Ecco allora che la comunicazione del Movimento - che, specialmente in questo caso, è un tutt'uno con la politica - si impernia sul rigetto assoluto della «compromissione con il governo» (dal palazzo del Comune di Parma sino al palais Berlaymont della Commissione a Bruxelles). E, dopo il sistema dei partiti nazionale, anche il Parlamento europeo si troverà a dover fare massicciamente i conti con l'«antigovernismo a prescindere» dei 5 stelle.
3. L'ECONOMIST FA BUON BRODO. GAFFE M5S E FI
Da âIl Fatto Quotidiano'
Sicuramente ci sono molte ragioni per criticare Matteo Renzi o dubitare dell'esito dei suoi annunci, ma l'opposizione al momento non sembra trovarle e s'affida a pezzi stagionati provenienti da Londra. Beppe Grillo, sul suo blog, qualche giorno fa s'è buttato su "Le proposte di Renzi smontate dall'Economist". Un duro pezzo del settimanale inglese che critica la vaghezza del programma di Renzi.
Curioso che Il Mattinale di Forza Italia - scritto dall'ex deputato Renato Farina, già Betulla, assunto allo scopo dal capogruppo alla Camera Renato Brunetta - ieri decida di copiare il blog di Grillo citando lo stesso pezzo dell'Economist. Ancor più bizzarro, però, è che M5S e berlusconiani debbano ricorrere a un articolo ormai datato visto che uscì addirittura a marzo e si riferiva al programma illustrato da Matteo Renzi al suo primo discorso in Parlamento, giudicato dagli editorialisti londinesi troppo vago. La faccenda assume toni grotteschi se si tiene conto, come facevano notare ieri molti commentatori, che l'Economist ha definito tanto Grillo quanto Berlusconi due "clown".
Altrettanto controproducenti, infine, rischiano di essere le polemiche - arrivate soprattutto in zona destra e centrodestra - sulle coperture individuate dal governo per il famoso bonus fiscale da 80 euro: "Renzi approva misure senza copertura solo per monetizzarle in campagna elettorale", scolpisce il fratello d'Italia Guido Crosetto. Difficile per un ex sottosegretario - e altrettanti ex ministri come Carfagna, Brunetta eccetera - perché le coperture corrette non le trovarono loro all'epoca in cui governavano.
GRILLO E CASALEGGIO ARRIVANO A ROMA GRILLO E CASALEGGIO esizer index GIANROBERTO CASALEGGIO E BEPPE GRILLO FOTO LAPRESSE grillo e pizzarotti c b d ef bc ad c d BEPPE GRILLO E PIZZAROTTI MASSIMILIANO PANARARIinceneritoreMATTEO RENZI IN CONFERENZA STAMPA A PALAZZO CHIGI FOTO LAPRESSE Renato Brunetta
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